
L'esecutivo celebra il summit sull'immigrazione di Malta come un trionfo. In realtà l'Italia resta sola e alle Ong si stende il tappeto rosso. Luigi Di Maio fiuta la fregatura e frena: «Piano con gli entusiasmi».Il nulla, ben confezionato. Il vertice sull'immigrazione dei ministri dell'Interno di Italia (Luciana Lamorgese), Malta (Michael Farrugia), Francia (Christophe Castaner) e Germania (Horst Seehofer), che si è svolto ieri a La Valletta, si è concluso con la solita sparata propagandistica, sotto forma di una bozza di documento che richiama a un successivo documento e così via, ma senza alcun reale passo in avanti per l'Italia, che resta in perfetta solitudine a sobbarcarsi il peso del flusso di barche e barchini che si dirigono, a centinaia, verso le nostre coste. Al summit hanno partecipato anche il ministro finlandese Maria Ohisalo in rappresentanza del Consiglio Ue, in quanto detentore della presidenza europea di turno, e il commissario europeo uscente agli Affari interni e immigrazione, Dimitris Avramopoulos.Al termine del vertice, come era prevedibile, sono fioccate le dichiarazioni entusiastiche, per dar modo ai trombettieri del governo giallorosso di poter esultare al grido «l'Italia non è più sola». In realtà, l'Italia è sola esattamente come prima, mentre la corsia privilegiata verso Francia e Germania offerta a chi viene raccolto in mare dalle navi delle Ong scatenerà una prevedibile corsa ad essere soccorsi dalle varie imbarcazioni «umanitarie». Il documento con bozza dell'accordo (o presunto tale) raggiunto al termine del summit, verrà poi sottoposto al vertice dei ministri dell'Interno dell'Unione Europea il 7 e l'8 ottobre in Lussemburgo.I punti chiave del documento di Malta sono: un meccanismo di redistribuzione in tempi rapidi, al massimo un mese, dei richiedenti asilo che sbarcano in Italia o in un altro paese costiero; l'assistenza nei confronti di chi sbarca non sarà più a carico del Paese di approdo, ma di quello di accoglienza, comprese le spese per rimpatriare chi non ha diritto all'asilo; si parla di meccanismo di rotazione dei porti di sbarco, però solo su base volontaria, quindi siamo di fronte al nulla; in prospettiva, l'obiettivo è l'estensione dell'intesa al maggior numero possibile di paesi della Ue. Non sono state stabilite quote, quindi non c'è uno straccio di novità. Anzi, una c'è. L'accordo riguarda solo e soltanto i migranti soccorsi dalle navi delle Ong e da quelle militari. Per quelli che sbarcano autonomamente in Italia, che sono la stragrande maggioranza, non c'è nessuna intesa, nessuna bozza, niente di niente. Si mette in pratica una vera e propria discriminazione (e meno male che questo sarebbe il governo di sinistra) tra chi ha la buona sorte di essere soccorso dalle Ong o dalla Guardia costiera, che potrà essere accompagnato in Francia e in Germania, e chi invece arriva a bordo della propria bagnarola fino in Italia, che invece resterà totalmente a carico del nostro Paese.Il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, che doveva essere «un tecnico», si è subito calato nei panni del politico, con dichiarazioni all'insegna del più sfrenato propagandismo: «Da oggi», ha detto la Lamorgese, «Italia e Malta non sono più sole, c'è la consapevolezza che i due paesi rappresentano la porta d'Europa. Il testo predisposto va nella giusta direzione, ci sono contenuti concreti e abbiamo sciolto dei nodi politici complicati». Il cambio di direzione tra il governo Lega-M5s e il nuovo esecutivo giallorosso è tutto in quella frase: «Italia e Malta sono la porta d'Europa». Porta, non frontiera. Porta, non confine. Veghino, signori venghino, soprattutto a bordo delle Ong: è questo il senso del «non accordo» strombazzato dalla Lamorgese. Per non parlare del premier, Giuseppe Conte, che pure, nei mesi scorsi, aveva sostenuto tutte, ma proprio tutte, le azioni di contrasto all'immigrazione selvaggia messe in campo dal suo ex ministro dell'Interno, Matteo Salvini. «Macron», ha detto Conte, in evidente imbarazzo per il flop del summit di Malta, «mi ha dato grandi aperture, e c'è grande disponibilità da parte di partner europei, ma anche in passato, in casi emergenziali, Francia e Germania ci hanno risolto problemi partecipando alla redistribuzione. Ora quello che c'è di nuovo è la disponibilità a valutare un meccanismo solidaristico, anche temporaneo, che ci sollevi dai fine settimana passati al telefono». Chi sa cosa penserà la Lamorgese, quando leggerà le parole del suo premier che riduce il «successo» del vertice di La Valletta alla possibilità di risparmiare qualche euro sulla bolletta telefonica di Palazzo Chigi. Non a caso il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che di questi problemi qualcosa ha imparato, minimizza: «Non cadiamo», ha detto Di Maio, «in facili entusiasmi sulla redistribuzione dei migranti», in quanto «le soluzioni sono il blocco delle partenze, per questo dobbiamo stabilizzare la Libia, e i rimpatri». Durissimo anche il responsabile immigrazione dell'Arci, Filippo Miraglia, che ha definito il vertice «un buco nell'acqua». Ieri sera, Matteo Salvini ha pesantemente criticato il suo successore al Viminale: «Ministro Lamorgese, non si faccia prendere in giro, non venda agli italiani fumo. Noi vogliamo l'arrosto. L'accordo per l'Italia è una solenne fregatura, i porti rimangono quelli italiani e al massimo quelli maltesi. Ennesimo esempio di sola, direbbero a Roma, fregatura, presa in giro. Gli sbarchi sono aumentati in cambio di un pernacchione».
Alessia Pifferi (Ansa)
Cancellata l’aggravante dei futili motivi e concesse le attenuanti generiche ad Alessia Pifferi: condanna ridotta a soli 24 anni.
L’ergastolo? È passato di moda. Anche se una madre lascia morire di stenti la sua bambina di un anno e mezzo per andare a divertirsi. Lo ha gridato alla lettura della sentenza d’appello Viviana Pifferi, la prima accusatrice della sorella, Alessia Pifferi, che ieri ha schivato il carcere a vita. Di certo l’afflizione più grave, e che non l’abbandonerà finché campa, per Alessia Pifferi è se si è resa conto di quello che ha fatto: ha abbandonato la figlia di 18 mesi - a vederla nelle foto pare una bambola e il pensiero di ciò che le ha fatto la madre diventa insostenibile - lasciandola morire di fame e di sete straziata dalle piaghe del pannolino. Nel corso dei due processi - in quello di primo grado che si è svolto un anno fa la donna era stata condannata al carcere a vita - si è appurato che la bambina ha cercato di mangiare il pannolino prima di spirare.
Roberto Crepaldi
La toga progressista: «Voterò no, ma sono in disaccordo con il Comitato e i suoi slogan. Separare le carriere non mi scandalizza. Il rischio sono i pubblici ministeri fuori controllo. Serviva un Csm diviso in due sezioni».
È un giudice, lo anticipiamo ai lettori, contrario alla riforma della giustizia approvata definitivamente dal Parlamento e voluta dal governo, ma lo è per motivi diametralmente opposti rispetto ai numerosi pm che in questo periodo stanno gridando al golpe. Roberto Crepaldi ritiene, infatti, che l’unico rischio della legge sia quello di dare troppo potere ai pubblici ministeri.
Magistrato dal 2014 (è nato nel 1985), è giudice per le indagini preliminari a Milano dal 2019. Professore a contratto all’Università degli studi di Milano e docente in numerosi master, è stato componente della Giunta di Milano dell’Associazione nazionale magistrati dal 2023 al 2025, dove è stato eletto come indipendente nella lista delle toghe progressiste di Area.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».
Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.






