2020-03-10
L’Ue mette in agenda la fregatura. Lunedì è fissato l’accordo sul Mes
L’Eurogruppo tira dritto sul Meccanismo di stabilità: è più importante del virus. Fico contingenta le presenze alla Camera: deputati quasi dimezzati. E c’è chi pensa a un aiuto per i giallorossi che sostengono il pacco...Quatta quatta, nel momento forse più difficile e delicato dell’intera storia repubblicana, torna a fare capolino nel dibattito politico italiano la riforma del Meccanismo europeo di stabilità. Quei geniacci dell’Eurogruppo, vale a dire i ministri dell’Economia della zona euro, hanno pensato bene di inserire nel programma delle riunione di lunedì 16 marzo la - riportiamo testuali parole - «approvazione politica del trattato». E così, proprio quando il Paese è diviso in due per colpa del coronavirus, il sistema sanitario sull’orlo del collasso, l’economia a un passo dalla crisi, e con il Parlamento a mezzo servizio, l’Unione europea si accinge a rifilarci un bel «cetriolo».La notizia aveva preso a circolare già nel fine settimana, ma ieri si è avuta la conferma a seguito della pubblicazione dell’ordine del giorno ufficiale. Ora l’Eurogruppo dovrà esprimersi all’unanimità sull’approvazione del trattato oppure, in alternativa, sull’opportunità di un ulteriore rinvio. Ma il fatto stesso di aver inserito questo punto nella tabella di marcia suggerisce che i presupposti affinché le contestate modifiche al funzionamento del Fondo salvastati vengano accolte dagli Stati membri ci siano tutti. Un’accelerazione tanto improvvisa quanto inaspettata: le ultime voci di corridoio, risalenti ai primi di febbraio, parlavano infatti di una possibile approvazione, ma solo nel prossimo mese di aprile. Tanto che, in risposta alle proteste della Lega, sia Giuseppe Conte sia Roberto Gualtieri avevano minimizzato. «La firma del trattato non è stata calendarizzata», rassicurava il titolare di Via XX Settembre, con il premier a fargli eco: «Non ci sono novità, nessuna firma». Oggi arriva dunque l’ennesima smentita nei confronti del nostro esecutivo. Il motivo di questa repentina svolta è sconosciuto. Ma già a fine gennaio il presidente dell’Eurogruppo Mário Centeno spiegava che «siamo molto vicini alla risoluzione di alcuni problemi legali in merito alle clausole di azione collettiva (Cacs) presentata al Consiglio di Stato francese». Nelle ultime settimane La Verità si è messa in contatto sia con l’organo transalpino chiamato a pronunciarsi sulla costituzionalità di questo strumento, sia con il ministero dell’Economia francese. Purtroppo la corrispondenza tra il governo e il Consiglio di Stato è riservata, e la nostra richiesta di accesso agli atti risulta ancora in attesa di risposta. Giova ricordare che l’eventuale introduzione delle Cacs a maggioranza faciliterebbe la ristrutturazione del debito pubblico in caso di default, e ciò le rende uno dei punti più contestati dell’intero negoziato. Risulta plausibile, perciò, che Centeno e compagni abbiano deciso di mettere il turbo proprio a seguito di un disco verde da parte dei togati d’oltralpe. Sembra archiviata una volta per tutte, a quanto sembra, la storiella della «logica di pacchetto» a lungo sbandierata da Conte, in virtù della quale la riforma del Mes avrebbe dovuto affiancarsi ad altri due pilastri: lo strumento di bilancio comune della zona euro (Bicc) e il completamento dell’Unione bancaria con l’introduzione del Sistema europeo di assicurazione dei depositi (Edis). Complice anche il marasma relativo alla gestione dell’emergenza coronavirus, comprendere l’attuale posizione dell’esecutivo giallorosso è impresa ardua. Non bisogna dimenticare, tuttavia, che sull’argomento il Parlamento si è pronunciato già due volte. Nella prima risoluzione, approvata a giugno del 2019 (era ancora in carica il Conte uno), le Camere impegnavano il governo «a render note alle Camere le proposte di modifica al trattato Mes, elaborate in sede europea, al fine di consentire al Parlamento di esprimersi con un atto di indirizzo e, conseguentemente, a sospendere ogni determinazione definitiva finché il Parlamento non si sia pronunciato». Concetto ribadito anche nella seconda risoluzione approvata a dicembre 2019, e con la quale si chiedeva «il pieno coinvolgimento del Parlamento in tutti i passaggi del negoziato sul futuro dell’unione economica e monetaria e sulla conclusione della riforma del Mes».Visto il punto al quale siamo arrivati, risulta evidente che le raccomandazioni espresse dalla Camere sono state totalmente disattese. E all’orizzonte si intravede un altro pericolo. Nella giornata di ieri, infatti, i gruppi di Montecitorio hanno raggiunto un accordo sulla proposta presentata dal presidente Roberto Fico per la riduzione dei deputati presenti al momento del voto, in modo da garantire il rispetto delle prescrizioni delle autorità sanitarie e al contempo la presenza della maggioranza dei componenti necessari per l’approvazione allo scostamento di bilancio. Una formula eccezionale che, assicura Fico, conserverà la proporzionalità tra i gruppi. Ma se l’emergenza dovesse protrarsi e fosse necessario pronunciarsi anche sul Mes con questo sistema? Vista la posizione ambivalente sulla questione da parte del M5s, chi assicura che i deputati scelti per partecipare al voto non siano casualmente pescati in mezzo a quelli più condiscendenti sull’argomento? È anche per questo motivo che alcuni deputati della Lega ieri hanno chiesto al governo una moratoria sulla firma del trattato. «Non è giustificata da alcuna reale urgenza», si legge nella nota, «va scongiurato, nell’interesse stesso dell’Europa, il sospetto che qualcuno intenda approfittare dello stato di emergenza per prendere a proprio vantaggio decisioni di per sé non urgenti in un momento in cui le priorità sono di ben altra natura».