
Il commissario Thierry Breton, sponsor del Dsa: «Il nostro obiettivo è scovare i criminali».Lo aveva promesso e ci è riuscito: il commissario europeo al mercato interno Thierry Breton, ideatore del Digital Services Act (Dsa), è riuscito a portare all’ordine del giorno del consiglio dei ministri dell’istruzione dell’Unione europea, che si è concluso ieri a Bruxelles, la sua proposta di istituire un «referente Dsa in tutte le scuole». Si tratta di una delle campagne più imponenti mai intraprese dall’Ue: la proposta, sulla carta, intende aiutare i più giovani a selezionare le notizie online per non incorrere in contenuti pedo-pornografici e pericolosi. Il progetto prevede di reclutare su tutto il territorio dell’Unione un esercito di «guardiani del cortile della scuola» (schoolyard guardians) che sensibilizzeranno i 24 milioni di studenti europei della scuola primaria e i 36 milioni della scuola secondaria (dati Eurostat) affinché imparino a difendersi dagli abusi sessuali online ma anche dai contenuti che istigano al suicidio o ai disturbi alimentari. Le intenzioni del commissario sono apparse più ambigue quando Breton ha spiegato che andrà a colpire anche la cosiddetta «disinformazione». Breton ha infatti dichiarato che attraverso il Dsa (la nuova legge europea in base alla quale le piattaforme online dovranno prevenire e rimuovere i contenuti considerati illegali, ndr), l’Ue «inseguirà i criminali» che si nascondono non soltanto dietro i reati sessuali, ma anche quelli che diffondono «materiale che interferisce con le elezioni». «L’Ue», ha spiegato il commissario europeo, «si affiderà alle aziende ma anche agli utenti per segnalare qualsiasi disinformazione o fake news». I primi test sono stati avviati in occasione delle elezioni in Slovacchia e Polonia che si sono tenute rispettivamente il 30 settembre e il 15 ottobre. Proprio in quei giorni, gli uffici di Breton hanno inviato un pesante monito a diverse piattaforme tra cui X di Elon Musk che nella lettera inviata il 12 ottobre è stata accusata di «diffondere notizie false». Bruxelles ha recapitato l’11 ottobre avvertimenti preliminari anche al gruppo americano Meta (Facebook e Instagram) e, lo scorso 12 ottobre, al social network cinese TikTok. Nel suo avvertimento a Zuckerberg, Breton ha citato la disinformazione riguardo alle «elezioni nei paesi europei», soffermandosi sulle elezioni legislative in Polonia e soprattutto su quelle che potenzialmente potrebbero ribaltare gli equilibri politici del vecchio continente, le Europee previste a giugno 2024. È qui che vuole arrivare il commissario, senza neanche farne troppo mistero: l’indottrinamento degli studenti europei dell’ultimo anno, aventi diritto al voto, partirà dalle scuole, dove i cosiddetti «guardiani» potranno verosimilmente indicare come censurabile qualsiasi informazione politica non allineata a Bruxelles. «L’obiettivo è proteggere i nostri cittadini e le nostre democrazie, garantendo agli utenti un ambiente sicuro e fonti d’informazione affidabili», si è giustificato Breton che già a fine agosto, subito dopo l’entrata in vigore della nuova legge europea, non aveva nascosto che «la priorità dell’Ue è la lotta alla disinformazione, in particolare ora che ci avviciniamo alle elezioni europee».Nel progetto del commissario Ue, che ambisce a succedere a Ursula von der Leyen come presidente della Commissione europea, il referente Dsa nelle scuole dovrà spiegare come inoltrare denunce e segnalazioni, «perché abbiamo bisogno di queste denunce per poter agire più rapidamente e condannare chi ha bisogno di essere condannato». «Lo dico chiaramente», ha dichiarato, «non ci saranno più spazi al di fuori della legge. Se mai qualcuno commettesse un’inciviltà “grave o anche no”, sarà sempre raggiungibile». Con quale criterio un contenuto sarà indicato come fake agli studenti? Poco importa, «la libertà di espressione è assolutamente fondamentale ma dobbiamo rispettare la legge in rete, così come la rispettiamo a scuola». Piccoli delatori crescono.
Ranieri Guerra (Imagoeconomica). Nel riquadro, Cristiana Salvi
Nelle carte di Zambon alla Procura gli scambi di opinioni tra i funzionari Cristiana Salvi e Ranieri Guerra: «Mitighiamo le critiche, Roma deve rifinanziare il nostro centro a Venezia e non vogliamo contrattacchi».
Un rapporto tecnico, destinato a spiegare al mondo come l’Italia aveva reagito alla pandemia da Covid 19, si è trasformato in un dossier da riscrivere per «mitigare le parti più problematiche». Le correzioni da apportare misurano la distanza tra ciò che l’Organizzazione mondiale della sanità dovrebbe essere e ciò che era diventata: un organismo che, di fronte a una crisi globale, ha scelto la prudenza diplomatica invece della verità. A leggere i documenti depositati alla Procura di Bergamo da Francesco Zambon, funzionario senior per le emergenze sanitarie dell’Ufficio regionale per l’Europa dell’Oms, il confine tra verità scientifica e volontà politica è stato superato.
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L’annuncio per un’abitazione a Roma. La padrona di casa: «Non dovete polemizzare».
La teoria di origine statunitense della «discriminazione positiva» ha almeno questo di buono: è chiara e limpida nei suoi intenti non egualitari, un po’ come le quote rosa o il bagno (solo) per trans. Ma se non si fa attenzione, ci vuole un attimo affinché la presunta e buonista «inclusione» si trasformi in una clava che esclude e mortifica qualcuno di «meno gradito».
Su Facebook, la piattaforma di Mark Zuckerberg che ha fatto dell’inclusività uno dei principali «valori della community», è appena apparso un post che rappresenta al meglio l’ipocrisia in salsa arcobaleno.
In Svizzera vengono tolti i «pissoir». L’obiettivo dei progressisti è quello di creare dei bagni gender free nelle scuole pubbliche. Nella provincia autonoma di Bolzano, pubblicato un vademecum inclusivo: non si potrà più dire cuoco, ma solamente chef.
La mozione non poteva che arrivare dai Verdi, sempre meno occupati a difendere l’ambiente (e quest’ultimo ringrazia) e sempre più impegnati in battaglie superflue. Sono stati loro a proporre al comune svizzero di Burgdorf, nel Canton Berna, di eliminare gli orinatoi dalle scuole. Per questioni igieniche, ovviamente, anche se i bidelli hanno spiegato che questo tipo di servizi richiede minor manutenzione e lavoro di pulizia. Ma anche perché giudicati troppo «maschilisti». Quella porcellana appesa al muro, con quei ragazzi a gambe aperte per i propri bisogni, faceva davvero rabbrividire la sinistra svizzera. Secondo la rappresentante dei Verdi, Vicky Müller, i bagni senza orinatoi sarebbero più puliti, anche se un’indagine (sì il Comune svizzero ha fatto anche questo) diceva il contrario.






