2019-02-08
L’Ue ha abbaiato, ma su Brexit non morde
L'Unione era stata durissima, arrivando a parlare di «posto all'inferno» per i britannici. Ieri a Bruxelles Theresa May ha incontrato Donald Tusk e Jean Claude Juncker in un clima tutt'altro che ostile: l'obiettivo di Londra è rimettere mano all'intesa bocciata in gennaio e concludere. Sette settimane prima dell'uscita del Regno Unito dall'Unione europea e ancora l'accordo per la Brexit sembra lontano. Ma ieri, dopo il no di facciata del presidente della Commissione europea, Jean Claude Juncker, alla riapertura delle trattative e l'affondo del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk (che martedì aveva auspicato «un posto all'inferno» per i sostenitori della Brexit), qualcosa potrebbe essere cambiato. Fonti del governo britannico raccontano alla Verità che il premier Theresa May è piuttosto ottimista dopo gli incontri di ieri a Bruxelles con i due leader dell'Ue: se pubblicamente il capo dell'esecutivo di Londra ha parlato di colloqui «duri ma costruttivi» dicendosi certo del desiderio degli interlocutori di arrivare a una Brexit «con un accordo», privatamente confida sulla disponibilità di Juncker e Tusk a mettere mano all'intesa raggiunta a novembre ma poi bocciata a metà gennaio dalla Camera dei comuni di Londra. All'apparenza ieri è andato in scena uno scontro tra Londra e Bruxelles. Dietro le apparenze, il Regno Unito ha incassato l'apertura dell'Unione europea a nuove trattative formali. Il premier May ha insistito sulla necessità di apportare all'intesa cambiamenti legalmente vincolanti per superare l'impasse del backstop, il sistema di garanzia sul confine aperto fra Irlanda e Irlanda del Nord imposto dall'Unione europea nell'accordo di divorzio sulla Brexit e all'interno del quale Londra non vuole rimanere intrappolata a tempo indeterminato. E mettere un paletto temporale al backstop potrebbe garantire al governo May il sostegno necessario nel prossimo voto alla Camera dei comuni sull'accordo previsto entro fine mese. L'obiettivo del premier è ricompattare il suo Partito conservatore, visto che la pesante sconfitta di metà gennaio è stata figlia di una ribellione di massa del gruppo parlamentare di maggioranza, con molti deputati tory che hanno affossato l'accordo a causa della clausola del backstop, che definivano un carcere con fine pena mai. Il governo di Londra continua quindi a lavorare a una Brexit con accordo, respingendo lo scenario «no deal», temuto dall'Unione europea almeno quanto dal Regno Unito, e l'ipotesi di un rinvio. Infatti, a conclusione dei colloqui con Donald Tusk e Jean Claude Juncker, Theresa May ha spiegato che vuole realizzare la Brexit «nei tempi previsti», entro cioè il 29 marzo prossimo. Dopo l'incontro di ieri il presidente del Consiglio europeo ha spiegato via Twitter che «ancora non c'è una svolta in vista» ma che «i negoziati continueranno». Il governo di Londra, spiega la fonte alla Verità, è convinto che alla fine i due leader europei si convincano a trasformare la lettera di tre pagine firmata a gennaio per rassicurare il Parlamento britannico sulla provvisorietà del backstop in un protocollo legalmente vincolante allegato all'accordo o alla dichiarazione politica.Intanto, dopo essere rimasto estraneo alla questione Brexit durante la campagna referendaria del 2016 e per tutti questi mesi di negoziati tra Londra e Bruxelles, ieri è intervenuto il leader del Partito laburista, Jeremy Corbyn. Il capo dell'opposizione ai Comuni ha inviato al premier May una lettera aperta dicendosi pronto a sostenere un accordo sulla Brexit a patto che comprenda cinque punti, fra cui la permanenza di tutto il Regno Unito nell'unione doganale. Il tentativo di Corbyn sembra destinato a fallire ma in Gran Bretagna c'è chi vede un progetto più a lungo termine per riscrivere l'accordo. Infatti, il leader laburista potrebbe essere alla ricerca di un'intesa trasversale, coinvolgendo anche i ribelli conservatori pro Ue, per una Brexit più morbida che comprenda, oltre all'unione doganale «globale per il Regno Unito», un parziale «allineamento» al mercato unico, un «allineamento dinamico» all'Unione europea sui diritti dei lavoratori, la partecipazione britannica ad alcune agenzie europee e garanzie sul mantenimento del mandato d'arresto europeo. Ma c'è chi guarda oltre il contenuto della proposta di Corbyn e vede, al contrario, un'occasione per i deputati laburisti di sostenere l'accordo negoziato dal premier May viste le difficoltà che potrebbe incontrare una proposta come quella del leader laburista, l'avvicinarsi della scadenza del 29 marzo e il conseguente aumento delle probabilità del «no deal». Uno scenario che, come ha avvertito il governo britannico, potrebbe significare anche la fine del roaming gratuito. Infatti, in caso di uscita del Regno Unito senza un accordo, i turisti britannici in Europa perderanno l'accesso gratuito alla navigazione, sancito nel 2017 dall'Ue con l'abolizione del roaming. Le associazioni dei consumatori britannici stanno facendo pressioni per una nuova legge che possa continuare a vietare le tariffe di roaming dopo la Brexit, senza la quale gli operatori potrebbero a tornare ai termini precedenti. Ciò significherebbe bollette più care al rientro da una vacanza - o viaggio di lavoro - fuori dal Regno Unito.