2021-03-08
Luca Ricolfi: «Esiste un’alternativa al lockdown»
Il sociologo: «Le zone colorate sono inutili: per salvare l'economia servono chiusure tempestive ma brevissime. Da Conte solo disastri, di cui poi ha scaricato la colpa sugli italiani. Però con Draghi non vedo discontinuità».C'è un'alternativa ai lockdown intermittenti, che torturano l'economia e la psicologia degli italiani? Sì. La descrive - demolendo la gestione del governo Conte bis - il sociologo Luca Ricolfi, presidente e responsabile scientifico della Fondazione David Hume, nel suo ultimo libro, La notte delle ninfee. Come si malgoverna un'epidemia (La nave di Teseo).Professore, il suo saggio analizza la seconda ondata. Intanto, è arrivata la terza?«Se per ondata intendiamo un picco di nuovi contagi di altezza apprezzabile (almeno 1/5 del nostro picco di marzo-aprile 2020), separato da avvallamenti più o meno profondi, allora noi abbiamo avuto finora solo due ondate, con la seconda ancora in corso».Ah sì?«Ma se per ondata intendiamo invece un impulso, che improvvisamente devia verso l'alto la curva epidemica, allora dobbiamo prendere atto che, dopo la prima ondata, l'Italia ha avuto una seconda ondata a novembre, poi una terza ondata a gennaio, e ora - fra la fine di febbraio e l'inizio di marzo - sta subendo l'impatto di una quarta ondata».Lei contesta la strategia del governo Conte: più poteri, attesa e rassicurazione, terrorismo, lockdown, riapertura. Ci chiarisce questa formula?«Più che una formula è una successione di fasi seguita durante la prima ondata e, in gran parte, nella seconda. Può sembrare una strategia di controllo dell'epidemia, ma in realtà è una strategia di consolidamento del consenso e del potere». In che senso?«Prima si rassicura, perché non ci si vuole assumere la responsabilità decisioni impopolari, poi - quando ci si rende conto che quelle decisioni sono diventate inevitabili - si terrorizza la gente per giustificarle». Lei sostiene che, per prevenire l'aumento esponenziale di contagi e morti, bisogna optare per i lockdown duri quando la curva epidemiologica sembra ancora sotto controllo. «Veramente io sono contrario alle chiusure, che considero un certificato di fallimento della politica sanitaria». E allora?«L'idea di chiudere fa capolino quando, non avendo fatto quasi nulla per contenere l'epidemia, il governo non vede altra possibilità per frenare la corsa del virus, e però le cose sono andate così avanti che il lockdown è diventato onerosissimo. Io sostengo che si dovrebbero anticipare le misure restrittive, perché prima intervieni meno danni fai all'economia e alla salute».Non è disturbante che il precedente governo - e qualche suo esponente confluito nell'attuale - affibbiassero agli italiani le colpe dei propri fallimenti?«Ho più volte denunciato (e previsto fin da aprile) il tentativo di Conte, purtroppo abbastanza riuscito, di scaricare tutte le colpe sugli italiani. Però bisognerebbe rendersi conto di due fatti».Quali fatti? «Primo, non occorre essere marxisti per capire che le differenze fra prudenti e imprudenti non sono culturali, politiche o ideologiche, ma affondano le radici in interessi materiali precisi». Che intende?«Prudenti sono i garantiti e i vecchi, imprudenti sono i non garantiti e i giovani. E questo per ragioni oggettive: un vecchio rischia la vita 100 volte più di un giovane, e il danno economico di un non garantito (lavoratore autonomo, professionista, dipendente di piccola impresa, occupato precario) è incomparabilmente superiore a quello di un garantito (pensionato, dipendente pubblico, occupato in una grande impresa)».E secondo?«In barba a tanti discorsi su solidarietà, coesione sociale, responsabilità, viviamo in una delle società più individualiste del mondo, e con il più basso rispetto dell'autorità e delle istituzioni. Tale circostanza, da sola, depotenzia tutte le misure di contrasto del virus fondate sui comportamenti individuali».Siamo egoisti e indisciplinati?«Ma ciò non sarebbe stato gravissimo, se avessimo avuto un governo all'altezza, capace di adottare politiche adeguate (dal trasposto pubblico al controllo delle frontiere, dai tamponi di massa al tracciamento e alla sorveglianza attiva). Lo è diventato nel momento in cui il governo ci ha lasciati a combattere il virus “a mani nude", ossia con la sola forza del rispetto delle regole di distanziamento».Nel libro, lei individua un'alternativa alla strategia occidentale del «lockdown, stop and go». È quella asiatica: azzeramento del virus grazie al tracciamento. E scrive che, per attuarla, dovremmo essere disposti a rinunciare alle nostre preoccupazioni sulla privacy. Ma da liberale, non la preoccuperebbe concedere, ai nostri governi, un precedente di esercizio così pervasivo del potere?«Certo». Quindi?«Le faccio due domande».Sentiamo.«È meglio essere tracciati da Google a scopi di lucro, o dallo Stato, con lo scopo di difendere la nostra incolumità? E, seconda domanda: è meglio non essere tracciati e vivere agli arresti domiciliari per quasi un anno, o essere tracciati e vivere quasi normalmente, come in Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud, Giappone?».Ci rimettiamo al giudizio dei lettori. Che aspettative riporre nei vaccini. Bisogna puntare a eradicare il virus o, più modestamente, a evitare che la gente finisca in ospedale e muoia?«Certo che l'obiettivo minimo dovrebbe essere non avere gli ospedali pieni di pazienti Covid, con conseguente abbandono di tanti altri tipi di pazienti. Ma il punto è che, finora, chi si è mosso con la filosofia della convivenza con il virus (quasi tutti i Paesi europei) non è riuscito a mantenere il numero di ricoveri ospedalieri per Covid a un livello accettabile».Pertanto, non dobbiamo aspettarci il «liberi tutti» nemmeno con la vaccinazione di massa? «È possibile che la vaccinazione di massa, quando sarà completata, permetta di limitare il numero dei morti e degli ospedalizzati, e che a quel punto si instauri un periodo di convivenza con il virus. Ma questo ragionamento dimentica due punti».Ovvero? «La vaccinazione di massa non sarà completata prima di un anno, e nel frattempo, proprio il fatto di accettare la convivenza aumenta enormemente le probabilità che emergano varianti catastrofiche. Forse il più grave errore del governo Conte è stato di non usare il periodo ottobre-novembre per tentare una eradicazione del virus».Che effetti avrà sulla credibilità dell'Ue il clamoroso fallimento sui vaccini, specie a confronto con la Gran Bretagna post Brexit?«La credibilità dell'Unione europea è al minimo. Si può sperare che l'europeismo smetta di essere agitato come una discriminante politica. E magari persino che qualcuno si renda conto che, in molti ambiti, abbiamo bisogno di “meno Europa" (che Emma Bonino mi perdoni!)». Per molti - non solo la Bonino - questa è un'eresia…«È curioso: sull'approvvigionamento dei vaccini i media europeisti (cioè quasi tutti) stanno scoprendo le virtù del comportarsi come nazione, o addirittura subnazione (Regioni che fanno da sé)».Insomma, la vera alternativa ai lockdown non è imparare a convivere con il virus? La scorsa estate non potevamo assumere sanitari, moltiplicare le terapie intensive, riorganizzare medicina territoriale e trasporto pubblico, insomma, attuare misure per limitare le possibilità d'infezione e l'impatto dei contagi sul sistema sanitario?«In realtà, se avessimo fatto tutte le cose che dovevamo fare (fra le quali io includo anche controllo delle frontiere e tamponi di massa) la circolazione del virus sarebbe di entità molto modesta (anche se maggiore di zero) e non avremmo alcun bisogno di aumentare i posti letto». Appunto.«Però, io non parlerei mai di convivenza con il virus, un concetto che implicitamente accetta un tributo di malati e di morti eccessivo. L'alternativa al disastro Conte non può essere moltiplicare le terapie intensive per accogliere tutti, ma è avere un sistema di sorveglianza attiva che fa scattare misure di contenimento (dure e brevissime) appena si superano soglie di casi e di morti piuttosto basse. La via di mezzo percorsa fin qui, basata sui colori, è disastrosa perché non protegge né la salute né l'economia».Perché non si misura anche l'efficacia delle singole misure? Ad esempio: esiste uno studio che stabilisca quanti contagi ha aiutato a prevenire il coprifuoco, così che si possa decidere se confermarlo o meno in base a criteri scientifici? «Una valutazione su base scientifica dell'impatto delle varie misure è stata tentata (io stesso ho ottenuto delle stime), ma sfortunatamente siamo ancora lontanissimi da stime accurate». Quali sono i luoghi più a rischio, secondo le stime che ha lei?«Purtroppo le evidenze più solide sono contro l'apertura delle scuole».Domenico Arcuri è stato rimosso. Rimane Roberto Speranza, l'uomo che, la scorsa estate, anziché preparare il Paese alla seconda ondata, era impegnato a scrivere un libro per celebrare i propri successi. Ma allora, che chance ha, Draghi, di arrivare a una svolta, soprattutto di metodo, nella lotta al Covid? «Il metodo Draghi non potrà che essere più accettabile di quello di Conte. Ma io vedo molta continuità: finora, nulla fa pensare che le 10-12 cose che Conte non ha fatto Draghi le farà. Secondo me il nuovo governo punta tutte le sue carte sui vaccini, dimenticando quasi interamente il resto».In definitiva, professore, perché, nonostante le sue analisi, continuano a non azzeccarne una?«Forse non hanno letto il mio libro».
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