
Luca Baravalle, amministratore delegato dell’azienda dolciaria Dario’s Italia, si sente lasciato più solo dalle istituzioni oggi che quando eravamo nel mezzo della pandemia. Alla Verità spiega che l’unico modo per uscire da questa crisi è lavorare sul cuneo fiscale e tagliare Iva e accise sui carburanti.
Che difficoltà state vivendo come imprenditori?
«Noi stiamo vivendo un momento di rabbia perché non ci sentiamo compresi. Io faccio l’imprenditore da tre generazioni e mia madre dice sempre che oggi aprire un’attività per noi sarebbe impossibile. Solo a causa della politica e della burocrazia. Io mi auguro che questo nuovo governo faccia qualcosa. L’unico modo per far ripartire i consumi è mettere i soldi in mano ai consumatori. Da imprenditore mi converrebbe chiedere di spendere meno ma, per fare un ragionamento di buon senso per il Paese, sono disposto a spendere la stessa cifra e dare più soldi ai miei dipendenti. Non ha senso che un mio collaboratore che percepisce 1.300 euro al mese me ne costi circa 2.800. A questo aggiungiamo i problemi legati all’energia. Chi fa impresa era a conoscenza dei problemi legati ai costi dell’energia già da mesi. Non capisco perché il governo non abbia fatto nulla. Inoltre, non c’è nulla di più sbagliato che risolvere i problemi economici delle famiglie facendo altro debito. Lo Stato dovrebbe intervenire chiedendo a società pubbliche di ridurre un po’ gli utili a favore dei più bisognosi. Sarebbe molto meglio che chiedere soldi alle banche».
I problemi che lei indica riguardano molti imprenditori di diversi settori. Come professionisti del comparto alimentare che problemi avete?
«Noi abbiamo avuto degli aumenti folli dell’energia da aprile di quest’anno. Per noi il costo dell’energia è aumentato almeno di quattro volte quest’anno. Al momento, avendo noi le spalle larghe, ci abbiamo messo altri soldi e siamo andati avanti con la produzione. Abbiamo dovuto difenderci da soli o affidarci alle associazioni di categoria che fanno sempre poco e sempre meno. Noi, sempre in autonomia, dobbiamo agire per mantenere la qualità dei nostri prodotti ed evitare che ci vengano clonati, poi dobbiamo produrli con un sistema di approvvigionamento energetico che è già tra i più cari d’Europa. Infine, ora dobbiamo pagare anche gli interessi sui finanziamenti per le bollette».
Che materie prime avete difficoltà a reperire?
«Noi abbiamo subito rialzo per tutto quello che viene trasportato. La carta è salita in media del 15% e lo stesso vale per latte, uova e farine. Solo per il confezionamento del latte abbiamo subito rincari da 30.000 a 120.000 euro mensili. Noi, poi, facciamo prodotti da forno e ci servono le uova. Ma le aziende che le producono in alcuni casi sono fallite e abbiamo difficoltà a trovarle. Mi preme sottolineare che noi ci rivolgiamo a grandi gruppi come Aia, non a piccoli produttori. Eppure, le uova mancano. Anche le farine siamo costretti a comprarle in anticipo. Prima si acquistavano con ordini settimanali, ora siamo a oltre due mesi prima. E non abbiamo nemmeno agevolazioni sulla cassa integrazione per il personale».
Quindi non vi sentite supportati dallo Stato?
«Abbiamo avuto molto poco. Anche grazie all’intervento di Confindustria, per cui mi sono lamentato, 2.500 euro di aiuto ogni 100.000 euro persi. Non serviva a nulla. Noi l’anno scorso abbiamo perso il 29%, quindi non siamo rientrati negli aiuti statali perché il minimo era il 30%. In un momento così ci troviamo ad avere dipendenti che ci chiedono un anticipo del Tfr. A uno che lavora con te da 15 anni e che è in difficoltà, faccio un esempio, non puoi dire di no».
Cosa si potrebbe fare per risolvere il problema?
«Ridurre il cuneo fiscale dando quindi più soldi ai lavoratori e tagliare l’Iva. È al 22%, quando per noi dovrebbe scendere al 15%. Poi bisogna ridurre le accise sul carburante. Inoltre, spero anche che questo governo tolga il reddito di cittadinanza. Noi abbiamo problemi a reperire personale, perché molti preferiscono stare a casa invece di venire a lavorare».
Quest’anno come chiuderete il bilancio?
«Noi siamo in crescita. Recuperiamo quanto abbiamo perso nel 2020 e cresceremo ancora. Il problema, però, non lo fa il fatturato, ma i profitti. Noi abbiamo ricavi in crescita, ma abbiamo dovuto ridurre i profitti del 10%. Stiamo crescendo più di quando eravamo nel pieno della pandemia. Quindi la richiesta c’è, ma dobbiamo combattere con un mercato che ci ostacola. Così abbiamo comprato zucchero per un anno per il timore che potesse finire. In parole povere, per comprare le materie prime e averle con certezza, dobbiamo pagare in modo anticipato tutta la merce. Io ho già saldato il magazzino per dicembre. Così gli imprenditori si suicidano e nessuno ne parla. Inoltre, con tutti questi acquisti in anticipo, siamo più esposti verso le banche e quindi dobbiamo pagare più oneri bancari. Poi c’è da dire che le agevolazioni sul credito di imposta io le vedo l’anno successivo. Ma intanto ho dovuto pagare e per mesi non rivedo un euro».





