2019-06-13
Lotti brigò per far fuori il pm che indagò i Renzi
Dall'inchiesta che scuote il Csm emergono intercettazioni nelle quali l'ex ministro parlava con Luca Palamara e alcuni consiglieri di come allontanare da Firenze Giuseppe Creazzo, la toga che coordina le indagini su babbo Tiziano e mamma Laura. È come Chernobyl. Le radiazioni che arrivano dall'inchiesta di Perugia contaminano e rendono inabitabili le ovattate sale del Csm dove ieri, nel giro di un pomeriggio, è andata in scena la prima parte della grande resa dei conti. Il togato Gianluigi Morlini (ex Unicost) si è dimesso dall'incarico, pur non essendo indagato. Ha ammesso di aver incrociato il deputato renziano Luca Lotti a un dopocena con altri colleghi il 9 maggio 2019 («so di avere compiuto un errore dovuto a leggerezza») ma «senza che io lo sapessi o lo potessi prevedere». È però finito comunque sotto inchiesta disciplinare su decisione del procuratore generale della Cassazione Riccardo Fuzio così come gli altri tre consiglieri che, nei giorni scorsi, insieme a lui si erano autosospesi: Corrado Cartoni, Antonio Lepre e Paolo Criscuoli (che nel frattempo ha lasciato la commissione disciplinare). L'atto di incolpazione riguarda tanto gli incontri, ritenuti «non casuali», con Lotti e il deputato del Pd Cosimo Ferri («estranei alle funzioni consiliari», si legge nelle carte) quanto il presunto dossier preparato per azzoppare candidati scomodi nella corsa per la Procura di Roma, come il procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo (che coordina le indagini sulla famiglia Renzi, inchieste che hanno portato all'arresto dei genitori dell'ex premier), che emerge come il vero obiettivo delle manovre dell'ex ministro Lotti. L'atto contiene anche stralci di intercettazioni, raccolte col virus spia incolpato nel cellulare dell'ex segertario dell'Anm Luca Palamara (indagato per corruzione), che catturano le voci dei partecipanti (tra cui due uomini non identificati, uno dall'accento meridionale e un altro dall'accento settentrionale). Lotti appare impegnato a dare il timing della nomina del procuratore di Roma che dovrà reggere la pubblica accusa contro lo stesso Lotti nel processo Consip («Io strategicamente vi darei il suggerimento di chiudere tra il 27, 28 e 29») e a coordinare le attività («si vira su Viola, sì ragazzi», afferma in tono familiare, notano gli inquirenti). Di rilievo anche la conversazione di Palamara in cui dice che ha un «collega» (omissis) «che ha raccolto tutte queste cose in un dossier... tutte le cose che non andavano su questa inchiesta (concorsi in sanità, ndr) e su Creazzo, e su... (inc) e ha fatto l'esposto». E prosegue: «Quindi non è proprio... non una cazzata, voglio dì... non è passata come una cazzata». Il mattatore degli incontri - si legge nell'atto di incolpazione - è sempre Lotti. Che in un altro brano sembra molto preoccupato del destino di Creazzo: «Poi però a Torino chi ci va? Scusate se vi faccio 'sta domanda». Palamara risponde: «Torino secondo me è ormai aperta». E il deputato del Pd controreplica: «Non so, però per me è un pizzico legata alla difesa d'ufficio che devono fare loro due di una situazione fiorentina che sinceramente ve lo dico con franchezza è imbarazzante...». Interviene anche l'ex consigliere Csm, Luigi Spina: «Cioè, l'unico che se ne va... e noi te lo dobbiamo togliere dai coglioni il prima possibile». Un altro interlocutore domanda: «Ma non ha fatto domanda per Torino Creazzo?» E Lotti, evidentemente informato, assicura: «No, no». Palamara spiega dall'alto della sua esperienza: «Se lo mandi a Reggio liberi Firenze». E Lotti: «Se quello di Reggio va Torino, è evidente che questo posto è libero. E quando lui capisce che non c'è più posto per Roma, fa domanda (per Reggio Calabria, ndr) e che se non fa domanda non lo sposta nessuno, ammesso che non ci sia, come voi mi insegnate... (voce fuori campo interviene: «un altro motivo». E Luca ragiona: «A norma di regolamento un altro motivo». Il riferimento sembra all'esposto che dovrebbe affondare Creazzo. Interviene Ferri: «Ma secondo te poi Creazzo, una volta che perde Roma, ci vuole andà a Reggio Calabria o no, secondo voi?». Palamara taglia corto: «Gli va messa paura con l'altra storia, no? (...) Liberi Firenze, no?».Il vero nemico di Luca Lotti e della sua compagnia in quel momento sembra quindi più che il procuratore aggiunto di Roma, Paolo Ielo, il procuratore di Firenze.In una giornata dominata da evidenti segnali di una crisi di sistema, si è fatto sentire anche il Colle. E lo ha fatto attraverso fonti raccolte dalle agenzie di stampa che hanno specificato che «il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, non ha mai parlato di nomine di magistrati né è mai intervenuto per esse». Una presa di distanza, anche rispetto alle notizie pubblicate da alcuni quotidiani sui contenuti delle ormai famigerate intercettazioni di Perugia, utile a sottolineare «inoltre che la presidenza della Repubblica non dispone di notizie su indagini giudiziarie e che dal Colle non sono uscite informazioni al riguardo». «Gli interventi messi in atto sono stati di carattere generale, per richiamare il rispetto rigoroso dei criteri e delle regole preposte alle funzioni del Csm». Riguardo, invece, a Luca Lotti, dal Colle evidenziano «che l'ultimo incontro risale al 6 agosto 2018 quando è cessato dalla carica di ministro». Dunque, non c'è stata alcuna riunione successiva. Di ricostruzioni approssimative, che riguardano la presidenza della Repubblica, parla anche chi, in queste ore, ha potuto raccogliere gli sfoghi di Palamara che avrebbe confidato agli amici di «non aver mai sparso veleni sul Quirinale» come «ho dettagliato nel mio interrogatorio», reso nei giorni scorsi a Perugia.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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Lo ha detto il vicepresidente esecutivo della Commissione europea per la Coesione e le Riforme Raffaele Fitto, a margine della conferenza stampa sul Transport Package, riguardo al piano di rinnovamento dei collegamenti ad alta velocità nell'Unione Europea.