2021-07-08
«Nella lotta tra la scienza e l’ideologia Lgbt ci vanno di mezzo i giovani»
Giuseppe Bersani, luminare della psichiatria: «Imporre ai ragazzi teorie che negano le differenze tra maschi e femmine e danneggia il loro sviluppo. Non solo sessuale ma personale».Giuseppe Bersani è specialista in Psichiatria, Criminologia clinica e Psichiatria forense. Professore ordinario di Psichiatria presso la facoltà di Farmacia e Medicina della Sapienza di Roma, ha posizioni molto chiare riguardo al ddl Zan. Posizioni che molti giudicherebbero «politicamente scorrette», ma che in questi giorni di acceso dibattito è importante ascoltare. Professore, partiamo dalle basi. Lei che definizione darebbe di omofobia? «In linguaggio psicologico il termine “fobia" esprime timore, motivo di ansia, non avversione o odio; ma tale espressione è, impropriamente, entrata nel linguaggio comune e in questo senso, non lessicalmente educativo, viene utilizzata nel decreto. Del resto, tale termine individua in modo comprensibile il campo di finalità del decreto stesso, cioè il contrasto alle discriminazioni su base sessuale, che non può che essere assolutamente condiviso e sostenuto». Che cosa non la convince nel testo del ddl Zan?«Il testo del decreto può generare alcune perplessità, se non altro nella sua formulazione lessicale. Se nel caso di “omofobia" non è più possibile equivocare, lo stesso non vale per le altre definizioni. “Bifobia" sarebbe assolutamente incomprensibile se decontestualizzata: doppia fobia? Considerazioni di poco meno drastiche per “transfobia", anche questa incomprensibile fuori contesto. “Lesbofobia": il termine “omofobia" è onnicomprensivo e non si riferisce all'uno o all'altro sesso. Il greco omos, “uguale", fa riferimento all'orientamento sessuale verso soggetti di uguale sesso, indipendentemente da quale questo sia. Perché aggiungere “lesbofobia"? Il sesso femminile è più bisognoso di specificazione di quello maschile rispetto alla propria omosessualità? Non esisterà una vena di subdolo sessismo nell'estensore del decreto?».Secondo lei esiste un legame fra il sesso di nascita e l'orientamento sessuale? «Un'enorme mole di conoscenze scientifiche converge in modo univoco sull'acquisizione che la differenziazione sessuale si verifichi in fasi precoci dello sviluppo embrionale e che a questa segua, durante il periodo fetale (in un complesso equilibrio tra fattori genetici e fattori relativi all'ambiente intrauterino) l'organizzazione non solo di apparati riproduttivi evolutisi come perfettamente differenziati e complementari nei due sessi, ma anche di strutture cerebrali, neuroendocrine, etc. preposte a costituire le basi del comportamento che in età adulta orienterà tali apparati verso la fisiologica finalità della riproduzione. È scientificamente molto semplice ed intuitivo pensare che sia nell'ambito di questa dinamica evolutiva che si costituiscono le basi che successivamente daranno luogo all'orientamento sessuale, sia eterosessuale che omosessuale».Quindi, semplificando, secondo lei esiste una componente biologica che influenza l'orientamento sessuale?«Esistono dati morfologici somatici e statistici che indicano l'ipotesi di diverse sensibilità agli ormoni androgeni intrauterini. E sono molte le evidenze che indicano in una componente neuroevolutiva - e in una conseguente peculiarità di organizzazione cerebrale - una valida ipotesi sui fattori biologici associati all'omosessualità, nelle donne e negli uomini, in tutte le sue enormemente variabili possibilità di tipologie. Si può serenamente affermare che alla “galassia arcobaleno" possa corrispondere una “galassia" di variabili sia biologiche che fenomenologiche e comportamentali». Nel ddl Zan si parla di orientamento sessuale. C'è chi preferisce parlare di condotta omosessuale. Quale è la differenza secondo lei?«Condotte omosessuali possono verificarsi per moltissimi motivi, sporadicamente o regolarmente, negli uomini e nelle donne, anche in soggetti eterosessuali (ed indipendentemente da situazioni personali di reale bisessualità). Basti pensare ai casi estremi di situazioni di isolamento o di segregazione prolungata in comunità di individui dello stesso sesso, eterosessuali al di fuori di tali contesti. Ma si tratta appunto di condotte, non di orientamento sessuale, che rappresenta invece una condizione stabile, strutturale della personalità individuale». Quanto pesano realmente i fattori culturali sull'orientamento sessuale? «Naturalmente i fattori culturali non hanno alcuna influenza sulla differenziazione sessuale biologica che avviene in epoca prenatale, sia eterosessuale che omosessuale, mentre possono svolgere un ruolo nell'orientare in età evolutiva e adolescenziale lo sviluppo dell'identità sessuale (o “identità di genere", secondo i sostenitori della teoria del gender)». In che modo possono svolgere questo ruolo? «Sulla base di processi identificativi positivi o negativi con figure genitoriali o sostitutive di queste, modelli educativi, contesti ed aspettative sociali, eccetera. Si tratta di un'interazione di estrema complessità, strettamente legata alle esperienze evolutive individuali, che nella grandissima maggioranza dei casi conduce alla concordanza tra sesso biologico e identità sessuale ma che in altri casi può condurre ad un disallineamento tra questi, con le conseguenti ripercussioni sia psicologiche che adattative. Ma è evidente che la determinazione biologica del sesso possiede una forza molto maggiore di quella attribuibile ai fattori culturali».Non si sente spesso parlare di questi temi con competenza ma pure senza timore di risultare «scorretti». Lei pensa che la pervasività dell'ideologia del gender stia danneggiando la ricerca scientifica?«È un tema critico. Nell'epoca dello sviluppo della “medicina di genere", l'ovvia estensione della ricerca all'omosessualità è quasi assente dalla letteratura scientifica. Esiste, di fatto se non di principio, un'interdizione alla ricerca nel campo. La cappa intellettuale e psicologica del politicamente corretto, il timore di essere esposti alle critiche dei sostenitori della genesi culturale dell'omosessualità, limitano di fatto l'entità della ricerca e la diffusione di risultati che potrebbero contrastare con tale visione. Nella conoscenza scientifica, da Galileo in poi, una teoria è fondata su dati obiettivi, raccolti in modo metodologicamente corretto, verificabile e ripetibile, soggetta a conferma o modifica davanti all'evidenza di altri dati in accordo o contrastanti. Nell'ideologia la teoria precede la realtà, si organizza autonomamente da questa secondo modelli predefiniti e non modificabili. Davanti all'osservazione di dati contrastanti non si adatta a questi, ma li nega, squalifica la correttezza delle informazioni, delegittima gli autori di un pensiero non allineato. La teoria del gender risponde di fatto a queste caratteristiche». Che conseguenze potrebbe avere tale esondazione ideologica?«In questi termini, siamo davanti, sul tema dell'omosessualità, a un confronto storico tra scienza ed ideologia. Se prevalesse quest'ultima, la conseguenza sarebbe la perdita del massimo segno di rispetto per ogni categoria umana, di maggioranza o di minoranza, cioè la conoscenza dei fattori obiettivi alla base della loro peculiarità. La promozione obbligatoria dell'ideologia del gender anche in ambito scolastico, come imposta dal ddl Zan, dovrebbe rendere evidente a chiunque si occupi di sviluppo psicologico e di equilibrio mentale dei giovani quali possano essere, in età adolescenziale, le conseguenze della perdita delle definizioni certe di maschio e di femmina, delle figure identificative primarie di padre e madre. Quali possano essere le conseguenze sulla strutturazione stessa della personalità dei ragazzi dell'offuscamento, o della negazione, dei confini concettuali tra i sessi, in un'età in cui l'organizzazione di base di tutta la personalità, non solo dell'identità sessuale, è strettamente fondata sul processo identificativo con i modelli genitoriali o sostitutivi di questi». Si rischia dunque di compromettere l'identità sessuale delle future generazioni?«Non è solo l'identità sessuale a essere compromessa, sostituita dall'identità di genere, ma l'intero sviluppo organizzativo della personalità che può essere orientato verso un più labile senso di identità personale e relazionale. Nel silenzio degli “esperti" della salute mentale e delle loro società scientifiche, in larga maggioranza allineati al pensiero unico imposto dal politicamente corretto». Che cosa pensa della disforia di genere? E, da psichiatra, pensa che se il ddl Zan fosse approvato lei avrebbe problemi a trattare con, ad esempio, adolescenti che mostrino l'intenzione di cambiare sesso?«Tema delicatissimo e controverso. La disforia di genere rappresenta un'entità diagnostica ben definita, per la quale esistono protocolli di valutazione e gestione finalizzati ad eventuali percorsi di transizione. Il problema reale è valutare la maturità e la consapevolezza dei richiedenti, ma già esistono linee guida teoricamente sufficienti al riguardo. Il problema maggiore è appunto rappresentato, anche al di fuori dell'ambito completo della disforia di genere, dalla grande frequenza di ragazzi e ragazze che in età adolescenziale presentano delle fasi di incertezza sulla propria identità o il proprio orientamento sessuale, nella maggioranza dei casi spontaneamente evolventi verso una posizione più definita con il crescere dell'età. L'avviamento ad un percorso di transizione di giovani in fase ancora evolutiva nella strutturazione della propria personalità, includente la propria identità sessuale, potrebbe comportare il rischio di scelte premature e di irreversibili conseguenze negative negli anni successivi».
Elly Schlein con Eugenio Giani (Ansa)
(Ansa)
La casa era satura di gas fatto uscire, si presume, da più bombole vista la potente deflagrazione che ha fatto crollare lo stabile. Ad innescare la miccia sarebbe stata la donna, mentre i due fratelli si sarebbero trovati in una sorta di cantina e non in una stalla come si era appreso in un primo momento. Tutti e tre si erano barricati in casa. Nell'esplosione hanno perso la vita 3 carabinieri e sono risultate ferite 15 persone tra forze dell'ordine e vigili del fuoco. (NPK) CC
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Mario Venditti. Nel riquadro, Silvio Sapone in una foto agli atti dell’inchiesta di Brescia (Ansa)