2021-10-27
L’ospite tv infetto svela l’ipocrisia delle regole
In onda si tesse l'elogio della card, poi un positivo (vaccinato) fa isolare mezzo studio. Ma allora a che serve? Come spesso è accaduto nel corso della pandemia, i maggiori tifosi delle restrizioni sono coloro che non ne patiscono troppo gli effetti. Sin dall'inizio, giornalisti e conduttori televisivi hanno fatto da sponda al governo (anzi, ai governi) approvando quasi acriticamente ogni decisione, ogni stretta, ogni limitazione. Con l'avvento di Mario Draghi e dei cosiddetti migliori, manco a dirlo, hanno raggiunto l'apoteosi. Tutti, all'unisono, hanno accolto con favore il green pass e continuano a difenderlo a dispetto degli evidenti problemi che sta creando e delle mille contraddizioni che ha fatto esplodere. A tal proposito, mi permetto di raccontare un piccolo episodio che mi riguarda, forse banale ma piuttosto utile al fine di svelare l'ipocrisia che pervade l'universo mediatico. Qualche giorno fa ho partecipato a un programma televisivo. Una trasmissione, va detto, tra le più equilibrate in materia sanitaria (per quanto si possa esserlo in tempi di ossessione virologica). Argomento della discussione: il lasciapassare. Tutto come al solito: le opinioni critiche venivano ferocemente osteggiate dagli altri ospiti in studio, i quali non si facevano remore a esibirsi in funamboliche giravolte pur di giustificare ogni falla della carta verde. Il discorso dominante era quello di sempre: il green pass non è perfetto ma serve a proteggerci e a limitare la circolazione del virus, spiegava una giornalista illuminata da La Scienza. Il green pass è fondamentale perché spinge le persone a vaccinarsi, teorizzava un politico, forse ignaro del fatto che i numeri delle vaccinazioni mostrano una storia diversa. Ogni obiezione risultava inutile, anzi era accolta con una certa sufficienza dai presenti. Insomma, nulla di diverso da quel che accade ogni volta. Solo all'apparenza, però. In quella trasmissione, infatti, si è verificato qualcosa di leggermente diverso. Un piccolo dettaglio, niente di più, ma rivelatore. Il conduttore del programma, infatti, era collegato da casa. Altri suoi colleghi, solitamente presenti in studio, erano stati sostituiti da altri. Curiosa variazione, no?Ponendo distrattamente qualche domanda, ho scoperto l'arcano, nemmeno troppo misterioso. Ebbene: nei giorni precedenti un ospite del programma, vaccinato, si era serenamente accomodato nello studio. Purtroppo, è poi risultato positivo al Covid. Risultato: conduttore e collaboratori sono finiti in quarantena fiduciaria. Tutti, grazie al cielo, sembravano stare molto bene. Tutti vaccinati, tutti muniti di green pass, compreso l'ospite positivo. Eppure, pensate un po', il contagio si è manifestato persino lì, all'interno della controllatissima emittente, fra i bravi democratici orgogliosi della carta verde. Che cosa dimostra questa storiella? Che probabilmente le critiche al green pass espresse in trasmissione e tanto avversate dai presenti non erano poi così infondate, anzi. Il lasciapassare non ferma i contagi, perché sfortunatamente anche chi si è sottoposto a due iniezioni può risultare positivo. Succede. Non è tutto, però. L'edificante vicenda suggerisce un altro paio di considerazioni. Per prima cosa, dimostra che i contagi non sono un problema. Se chi risulta positivo sta bene, e chi lo circonda non si ammala perché protetto, non serve continuare a spargere terrore per la circolazione del virus. Come molti esperti sostengono, con il Covid tocca convivere: finché il sistema sanitario non è sotto pressione (e ora non lo è) non serve insistere con limitazioni e discriminazioni. A queste condizioni, il green pass si rivela, di nuovo, sostanzialmente inutile. Se il vaccino protegge, la carta verde non ha senso. E se il vaccino non protegge o non protegge più? Beh, qui c'è un secondo scenario da tenere presente. Mettiamo che l'ospite vaccinato avesse contagiato qualcuno in studio. E che questo qualcuno (fortunatamente è solo un ipotesi), benché vaccinato, avesse manifestato sintomi. Che sarebbe accaduto? Ne avremmo dedotto che il vaccino non è sufficiente: se uno si ammala, va curato, e il prima possibile. Magari a casa, e in maniera tempestiva, onde evitare peggioramenti. Tuttavia, la stragrande maggioranza delle trasmissioni televisive e dei commentatori che le popolano sembra quasi ostile alla possibilità di curare chi contrae il Covid. Alcuni conduttori (non quello del programma succitato, precisiamo) sembra abbiano scelto come bandiera l'ostilità alle cure e si dilettano a buttare tutte le terapie in un unico calderone che diffonde mefitici effluvi. Se non si investe sulle cure, tuttavia, le speranze di liberarsi della pandemia sono poche, o comunque sono collocate molto avanti nel futuro. Siamo giunti dunque alla conclusione della storia. Conduttori, giornalisti e opinionisti amano adeguarsi alla narrazione prevalente. Trattano con sospetto o addirittura con disprezzo chi critica il green pass e la linea del governo, evitano di soffermarsi sulle cure o irridono chi le propone, molto spesso usano toni violenti verso chi rifiuta il vaccino o è scettico sulla gestione dell'emergenza. Eppure, costoro sono da tempo la prova che le tesi dei talebani del vaccino traballano. In alcune televisioni - è noto - si entra solo dopo essersi sottoposti a tampone anche se dotati di green pass, e già questo basterebbe a smontare la retorica sulla carta verde. In altre emittenti, pur tra vaccinati e dotati di green pass, ci si può imbattere in persone positive, e si è costretti a sottoporsi a quarantena (scocciatura temperata dal fatto che i giornalisti e i personaggi catodici possono facilmente lavorare da casa in collegamento via Web). Morale: forse un po' meno ideologia e un pizzico di sano dubbio in più gioverebbe a tutti, contribuirebbe a svelenire il clima e aiuterebbe a gestire meglio la situazione. In attesa che ciò avvenga, tanti auguri ai colleghi che si trovano in isolamento benché vaccinati e tesserati.
Jose Mourinho (Getty Images)