2024-10-10
L’Orbán show mette a nudo le ipocrisie dell’Ue
Viktor Orbán (Getty images)
Il presidente di turno fa a pezzi Ursula von der Leyen: «Ha reso la Commissione un’arma dei progressisti». E demolisce l’agenda vigente: «Il green leva il lavoro, i clandestini portano violenza e Kiev sta perdendo». Lega entusiasta, Fdi puntualizza. La sinistra intona «Bella ciao».Pensavano di trattarlo come un corpo estraneo o, peggio, come un occupatore di case altrui. Ma non essendo ancora in vigore a Strasburgo l’emendamento Ilaria Salis, il premier, Viktor Orbán, si accomoda legittimamente al centro del Parlamento europeo in seduta plenaria per inaugurare il semestre a presidenza ungherese. E nel discorso d’insediamento fa subito capire agli euroburocrati che il loro inverno, battuto dal vento in arrivo dalla Puszta, sarà lungo e freddo. «Non volete ammettere che in Ucraina stiamo perdendo». «Le frontiere vanno difese dall’immigrazione clandestina». «Con il Green deal avremmo dovuto creare molti posti di lavoro, invece nell’automotive diminuiscono per una vostra fulgida mancanza di lungimiranza industriale». Mazzate. Una, due, tre mazzate sul tavolo a scompigliare la messa in piega di Ursula von der Leyen che ascolta terrea, al limite dello svenimento. Alla quarta, dedicata a lei, la baronessa beve un sorso d’acqua dopo aver fatto fatica a svitare il tappo green. «Signora Von der Leyen, lei ha reso la Commissione un’arma politica al servizio della sinistra». A questo punto un arbitro di boxe decreterebbe il ko tecnico, per la felicità di tutti i conservatori che per cinque anni avevano lanciato invano allarmi sulla surreale deriva eco-socialista culminata con il tonfo elettorale delle sinistre continentali. Orbán non ha ancora finito, sente il bisogno di approfondire alcune tematiche. Guerra in Ucraina: «In Ungheria c’è un detto, “Se vuoi vincere devi avere il coraggio di ammettere che stai per perdere”. Stiamo effettivamente perdendo e voi vi comportate come se non sia così. Se vogliamo vincere dobbiamo cambiare la strategia, ci deve essere più attività diplomatica. Se si trascina il conflitto ci saranno sempre più morti». Crisi migratoria: «Le frontiere europee vanno difese. Senza creazione di hotspot esterni non potremo tutelare l’Unione europea dall’immigrazione clandestina. Possiamo fare entrare solo chi ha ricevuto l’autorizzazione previamente; se permettiamo a tutti di entrare non potremo più rimandarli a casa». Poi la frase che fa letteralmente impazzire il progressismo radical: «Il sistema di asilo non funziona. L’immigrazione clandestina ha alimentato la violenza contro le donne, l’antisemitismo e l’omofobia».L’aula ribolle, sembra la zattera di Medusa. La capogruppo di Renew Europe, Valérie Hayer, chiede per ripicca di sospendere il diritto di voto dell’Ungheria nel Consiglio europeo. Eppure il premier di Budapest ha appena finito di snocciolare con un linguaggio diretto problemi reali che minano l’Europa comunitaria dall’interno. Quando dice: «Budapest vuole essere un mediatore onesto, ha un atteggiamento costruttivo e difenderà le prerogative sancite dal Trattato, ma oggi sono qui per convincervi che l’Ue deve cambiare», non fa altro che ripete una frase di Mario Draghi. Allora ovviamente accolta da occhi dolci e ovazioni, oggi da indignazione.Mentre prende forma la gastrite collettiva della sinistra, il discorso orbaniano suscita reazioni variegate anche nel centrodestra italiano. Il copresidente di Ecr, Nicola Procaccini (Fdi) plaude alla posizione su migranti e Green deal, prevedibilmente molto meno all’appeasement verso Vladimir Putin. «Condividiamo un avversario interno, ovvero la furia progressista che vuole cancellare la cultura occidentale e con essa la ragione della nostra unione. Ma abbiamo anche un nemico esterno molto più pericoloso, di cui Orbán sembra non essere consapevole: l’alleanza fra Cina, Russia, Iran e Corea del Nord. Il cosiddetto quartetto del caos, che è l’antitesi di qualsiasi patriota ungherese, europeo, occidentale».Per Paolo Borchia, capo delegazione della Lega al Parlamento europeo, «il dibattito ha evidenziato la distanza abissale fra un leader europeo con una visione concreta e una sinistra strumentale, lontana dalla realtà. Se l’Europa è il continente che cresce meno al mondo, il motivo lo si è visto in aula, con interventi ideologici di gente non all’altezza del ruolo. A cominciare da Manfred Weber, leader del Ppe, che conferma di voler proseguire a fare la stampella della sinistra più illiberale». Proprio Weber accusa Orbán di non avere elencato le priorità ungheresi nel semestre di presidenza. Il premier ungherese replica così: «Avrei voluto discutere il programma ma a voi non interessa: avete voluto organizzare una intifada politica e ripetete le menzogne della sinistra ungherese». A Von der Leyen che - a corto di argomenti - accusa Budapest di corruzione, dedica una battuta raggelante: «Proprio voi vi azzardare a parlare di corruzione dopo il Qatargate?». Per concludere: «Per la sinistra la democrazia esiste solo se non vince la destra e la signora Von der Leyen ha reso la Commissione un’arma al servizio della sinistra». Il redivivo Ignazio Marino, eletto nelle file di Alleanza Verdi Sinistra, si distingue per equilibrio. Accusa Orbán di essere un dittatore e paragona l’Ufficio a tutela della sovranità nazionale di Budapest «a quanto fatto in passato da Mussolini e Hitler». Nell’intifada il paragone mancava. A questo punto dai banchi progressisti in preda a isteria collettiva si levano le note di Bella ciao, accompagnate da applausi e strepiti. Il Luna park è al completo, saranno sei mesi formativi per gli euroscettici e per coloro che auspicano un lavoro concreto e approfondito sui dossier più importanti. Se ne accorge la presidente del Parlamento, Roberta Metsola, che invita al decoro e chiude l’asilo: «Ok, ok, non siamo all’Eurovision». Lì almeno sono intonati.