2021-01-25
Guido Guidesi: «Lombardia in rosso per calcolo politico»
Il leghista, da poco entrato nella giunta Fontana: «Sulla zona rossa errori del governo, che incolpa noi per un calcolo politico. Ma così stronca il motore produttivo del Paese».Guido Guidesi (Lega) è da qualche giorno titolare del superassessorato regionale lombardo allo Sviluppo. Già parlamentare, già sottosegretario nel governo gialloblù, si occupa da sempre di economia e attività produttive, ed è entrato con Letizia Moratti nella giunta guidata da Attilio Fontana. Si è immediatamente trovato in trincea e sceglie una conversazione esclusiva con La Verità per rispondere al governo a muso duro: «Adesso basta, è finita la storia per cui il governo pensa di poter prendere a schiaffi la Lombardia. Non posso sopportare di dover ancora vedere e sentire ristoratori o esercenti nel dramma che mi dicono: “Rischio di non avere niente da mettere nel piatto di mio figlio stasera". Questa è la situazione, e a Roma forse qualcuno pensa di coprire con attacchi insensati a noi il pallottoliere del Senato… È in corso un attentato all'economia e al sistema produttivo. La gestione sanitaria deve andare di pari passo con la tutela dell'economia: la scelta di tenere chiuse le attività economiche non funziona».Come giudica la durissima querelle tra la sua Regione e Roma sul clamoroso errore che ha indebitamente collocato la Lombardia in zona rossa? «La cosa è tanto grave quanto semplice. Sa perché adesso siamo in arancione? Solo perché abbiamo fatto ricorso. Altrimenti saremmo ancora in rosso. E abbiamo fatto ricorso proprio perché siamo certi di non aver commesso errori, mentre abbiamo motivo di ritenere che gli errori li abbia commessi la controparte».Il presidente Fontana ha tenuto il punto, ha spiegato che la Lombardia non ha niente da rettificare, e semmai è Roma che deve dare conto degli errori nell'algoritmo utilizzato. «È così. Addirittura a noi è stato chiesto di comunicare errori che non abbiamo mai commesso. Il tentativo a Roma è stato quello di dire: “Visto che non possiamo far finta di niente, la colpa prendetevela voi"». Non giriamo intorno alla questione: lei ha la sensazione di una scelta politica di penalizzare la Lombardia? «È l'ennesimo attacco politico. Ed è evidente che in questi giorni il governo ha interesse a parlar d'altro rispetto al pallottoliere del Senato. E peraltro non è solo storia di questi giorni, ma è un andazzo che dura da un anno. C'è un ministro, Francesco Boccia, titolare degli Affari regionali, che quindi dovrebbe garantire proprio il buon rapporto tra Stato e Regioni, che su ogni tema attacca la Lombardia. La cosa più sconvolgente è che poi ci sono anche lombardi al governo che attaccano quotidianamente la loro terra».C'è qualcuno che vuole azzoppare la Regione più produttiva del Paese? «Non so se in buona o in mala fede, ma la cosa è evidente: basta esaminare i provvedimenti del governo. E soprattutto basta parlare con le imprese, che vogliono fare una cosa sola: lavorare. È una cosa che questo governo non riesce a concepire: non capisce gli autonomi e le partite Iva. E il problema riguarda pure i dipendenti: con i negozi chiusi, quei lavoratori da mesi non prendono la cassa integrazione». Mettiamo in fila una serie di indizi, come nei romanzi gialli… All'inizio di questa vicenda, Giuseppe Conte tentò perfino di indicare possibili mancanze da parte degli operatori sanitari di Lodi e Codogno.«Ed è una cosa che non deve certo passare in cavalleria. A fine febbraio il premier, capo di un governo che aveva evidentemente sottovalutato ciò che sta accadendo (e non abbiamo dimenticato che Fontana e gli altri governatori di centrodestra furono accusati di razzismo per aver chiesto di bloccare gli arrivi dalla Cina), tentò di dire che all'ospedale di Codogno si era sbagliato. Laddove invece è proprio grazie al coraggio di quegli operatori che si è scoperto e certificato ciò che già era in atto».Poi, per tutta la prima ondata, c'è stato il tentativo di buttare addosso la croce alla Lombardia…«Lei pensi alle mancate forniture di mascherine. Se lo ricorda Boccia che esibiva in conferenza le mascherine non conformi inviate qui? Per non dire di tutte le altre forniture e approvvigionamenti sanitari in ritardo con la gestione centralizzata in capo al commissario Domenico Arcuri…»Lei come spiega questo atteggiamento?«In due modi. Il governo, intanto, non ha il senso della realtà, di ciò che accade nell'Italia reale, altrimenti non si comporterebbe così con i ristori. È in corso un attentato all'economia e al sistema produttivo. E poi c'è un costante tentativo con la comunicazione di coprire le loro mancanze. Ma c'è una novità…».Cioè?«Adesso basta, come dicevo è finita la storia per cui il governo pensa di poter prendere a schiaffi la Lombardia. E allora ho io delle domande da fare al governo».Le faccia…«Perché ci sono circa 200 decreti attuativi che non hanno ancora visto la luce? Dov'è e cosa fa il governo? Guardi che parliamo di cose importantissime, dalla capitalizzazione delle Pmi al credito d'imposta delle fiere. Che cosa stanno facendo?».Torniamo alla cronistoria di questi mesi. Poi c'è stato l'attacco mediatico in salsa giudiziaria sui camici, peraltro regalati da un'azienda alla Regione Lombardia, quindi con zero euro a carico dei contribuenti. Mentre sui problemi giudiziari di altre Regioni c'è gran silenzio… «Sfido chiunque a fare una comparazione tra l'informazione che c'è stata sulla vicenda che vede indagato il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, e gli attacchi sferrati contro la Lombardia nei mesi passati. Ciascuno faccia un confronto. E lo dico da garantista convinto».E ora, da ultimo, il pasticcio della zona rossa. Qualcuno non vuole che la Lombardia a guida leghista riprenda a correre?«Se c'è qualcuno che pensa così, è un suicida. L'unico modo in cui l'Italia può riprendere a correre passa da una ripartenza forte della Lombardia. Noi ci stiamo attivando con la fase due della nostra giunta. Ma questa deve coincidere con la possibilità per i cittadini di vaccinarsi. Noi abbiamo fatto tutto il possibile: saranno a disposizione le farmacie e i medici del lavoro. Ma i vaccini dove sono? Lo chiedo a Conte e ad Arcuri…».Avete preannunciato una richiesta di risarcimento a favore delle imprese che ingiustamente sono state costrette alla chiusura per questo ulteriore periodo. Lei conosce benissimo i meccanismi parlamentari. È stato appena autorizzato dalle Camere uno scostamento di bilancio, il governo deve varare il decreto Ristori quinquies, quindi la vostra richiesta è assolutamente praticabile. È così?«Non ci sono scuse. Solo con una settimana di chiusura, il danno è stato di ben 700 milioni, che sarebbero diventati 1,4 miliardi se ci fosse stata un'altra settimana di zona rossa. Quei 700 milioni sono dovuti subito. Se il governo non è in grado di farli avere alle imprese, li dia a noi, e noi provvediamo a erogarli. E sia chiaro: come ha preannunciato il governatore Fontana, noi andremo avanti con i ricorsi, per arrivare a un totale accertamento di ciò che è accaduto». Lei è di Codogno. Ha sperimentato sulla sua pelle la primissima zona rossa, quindi lei non è certo uno che sottovaluta il virus o ne nega l'esistenza…«Certo, e ho anche perso tante persone che conoscevo bene. Ho l'orgoglio di rappresentare una comunità che è stata d'esempio al mondo per il suo spirito civico. A maggior ragione dico che la gestione sanitaria deve andare di pari passo con la tutela dell'economia».Parliamoci chiaro. Qui con i vaccini ci sarà da attendere per un tempo enorme, anche a causa della disorganizzazione italiana, oltre che della pessima impostazione europea degli acquisti. Che vogliono fare a Roma, andare avanti con il semaforo rosso per un anno? Così si ammazzano le imprese…«È così. Prenda il caso dei ristoranti. Potevano tenere aperto con protocolli sanitari stilati da Comitato tecnico scientifico, Istituto superiore di sanità e ministero della Salute, che sostanzialmente portavano a un dimezzamento dei coperti. Almeno gli sia consentito di aprire così. Ma che possano aprire. In questa settimana diversi ricercatori e virologi hanno detto che la scelta dei parametri non funziona. E non funziona nemmeno la scelta di far chiudere le attività. Ma dove vivono? Come fa un barista a stare chiuso un anno?».Non le nascondo che le sue parole mi sembrano una boccata d'ossigeno. Stavolta però non ha l'impressione che anche le Regioni a guida centrodestra, diversamente da quanto accadde la scorsa primavera, siano state timide nella richiesta di riapertura? Intendo dire: con tutti i protocolli, le cautele e le distanze del caso, non è il momento per promuovere una grande campagna per la riapertura, ovviamente in sicurezza, di tutte le attività economiche e commerciali? «Capisco che serva un bilanciamento da trovare con il buonsenso. La tutela della salute deve andare di pari passo con quella dell'economia e del lavoro: non si può sacrificare una delle due, com'è avvenuto a danno della seconda. E insisto: molto dipenderà dalla capacità e dalla velocità di vaccinare (ferma restando la libertà di scelta delle persone, naturalmente). Ma se mancano i vaccini, chi ne risponde?».