2023-05-05
Ok al lodo Fuortes: via dalla Rai per Napoli
Carlo Fuortes (Imagoeconomica)
L’amministratore delegato (che comunque non si dimetterà oggi) andrà al San Carlo al posto di Stéphane Lissner, silurato dal decreto sulle fondazioni lirico-sinfoniche approvato ieri dal cdm. Ma Vincenzo De Luca annuncia battaglia. Scatta il gioco a incastro dei Tg.mandato 13 mesi prima della scadenza, ritorno alla sua amata lirica nel tempio napoletano del melodramma, possibilità di mascherare con una dignitosa uscita di scena (lui parla di «sollievo») una sconfitta su tutta la linea. Per sostituirlo stanno scaldando i motori il collaudato manager interno Roberto Sergio, come ad, e il proconsole catodico di Fratelli d’Italia, Giampaolo Rossi, nel ruolo di direttore generale.Giorgia Meloni aveva deciso da tempo la svolta e ieri in Consiglio dei ministri ha sciolto il nodo con un escamotage che La Verità aveva anticipato 20 giorni fa. Dopo aver rifiutato altre destinazioni (Maggio Fiorentino, la Fenice a Venezia) e dopo essere stato stoppato da Beppe Sala sul possibile sbarco alla Scala di Milano, Carlo Fuortes aveva capito che i margini di manovra a viale Mazzini erano sempre più sottili e che anche i suoi solidi sponsor al Nazareno - soprattutto Dario Franceschini ed Enrico Letta - non avevano più intenzione di fare le barricate per lui. Così ha detto sì alla destinazione partenopea. Ma c’era un problema: l’attuale sovrintendente del San Carlo, Stéphane Lissner, ha un contratto in essere per altri due anni e non intende muoversi; si è incollato alla scrivania pur essendo in età da pensione (a gennaio ha compiuto 70 anni). In Cdm è passato il decreto che prevede il pensionamento dei dirigenti apicali delle fondazioni lirico-sinfoniche superata quell’età. Il manager francese farà ricorso al Tar e si appellerà alla non retroattività della norma, il governatore Vincenzo De Luca prepara le barricate ma la decisione politica è presa. Il dossier delle doglianze su Fuortes somiglia a un vecchio elenco del telefono di New York: l’azienda pubblica schierata in modo imbarazzante con il centrosinistra alle ultime elezioni politiche (casi Damilano e Annunziata su tutti), la svolta woke che sta facendo scappare i telespettatori, le sceneggiate genderfluid al teatro Ariston, la scivolata sui diritti di esclusiva bucati allegramente dai Ferragnez. Sono soltanto i temi più evidenti, alla base di polemiche anche feroci. Un melodramma continuo che in questi mesi ha estenuato i 13.000 dipendenti, i 7.000 giornalisti e ha fatto alzare la voce (sempre a orologeria) all’Usigrai. Secondo le indiscrezioni, l’ad se ne andrà solo con la nomina in mano, quindi non si dimetterà già oggi durante il Consiglio d’amministrazione Rai. La palla passa all’azionista, il ministero delle Finanze, che dovrà designare il sostituto ed è pronto a farlo entro la prossima settimana.Con lo scacco matto al piccolo Napoleone si sblocca tutta la partita delle nomine, necessarie per dare un’impronta nuova al servizio pubblico in vista dei palinsesti autunnali che devono essere completati entro fine maggio. La rivoluzione meloniana parte dall’ammiraglia Tg1. Per sostituire Monica Maggioni è sempre in pole position Gianmarco Chiocci, direttore dell’agenzia AdnKronos, professionista di alto livello, ex inviato de Il Giornale autore di inchieste sul campo come la casa di Montecarlo del duo Fini-Tulliani. Il suo profilo va bene al governo e pure a Giuseppe Conte. Se la scelta dovesse cadere su una figura interna, è pronto Nicola Rao, oggi direttore del Tg2, altrimenti destinato a sostituire Antonio Di Bella (che va in pensione) alla direzione degli Approfondimenti. Il posto è ambito anche da Paolo Corsini, attuale vice di Di Bella; per lui ci sarebbe la poltrona delle Relazioni Istituzionali.Nel caso di Rao al Tg1, al Tg2 andrebbe Antonio Preziosi, vicino a Forza Italia, ora numero uno di Tg Parlamento. Riequilibrare un’azienda che pende naturalmente a sinistra non è facile, palazzo Chigi ci prova anche con una mossa a sorpresa: Stefano Coletta (responsabile sul campo dei pasticci sanremesi) lascerà la direzione del Prime Time a Marcello Ciannamea per passare ai Palinsesti. Al Day Time Angelo Mellone è pronto a sostituire Simona Sala (five stars) che andrebbe a Radio2. Una posizione scoperta è quella di Raisport dopo l’uscita di Alessandra De Stefano; si parla dello spostamento di Andrea Vianello da Radio Rai, altro storico presidio piddino, mentre il giornale radio verrebbe affidato all’evergreen Francesco Pionati rientrato alla base dopo il mandato parlamentare.Intoccabile Mario Orfeo a Raitre (Telekabul è la roccaforte rossa per eccellenza), sono confermatissimi alla TgR Alessandro Casarin e il condirettore Roberto Pacchetti. I telegiornali locali hanno numeri importanti, Buongiorno Italia e Buongiorno Regione danno la paga mattutina anche al Tg1. A Rainews è destinato a rimanere Paolo Petrecca, mentre a Rai Parlamento si profila una rentrèe, quella di Antonio Carboni, ex direttore del Tg1 nell’immaginifica stagione del governo Conte 2, da un anno in cerca d’autore. Nel senso, con stipendio ma senza scrivania. Il ribaltone è apparecchiato e già si avvertono le ipocrite giaculatorie in arrivo dal Nazareno: «Questa è lottizzazione», «Via i partiti dalla Rai». Ovviamente tutti tranne uno, il loro.
Diego Fusaro (Imagoeconomica)