2024-05-08
Lockdown bocciato dagli esperti di Conte. Eppure lui decise di chiudere lo stesso
A giugno 2020, la task force del governo avallò il modello Svezia: proteggere gli anziani. I giallorossi riproposero i diktat cinesi.Facile pontificare oggi - sostengono in molti, non sempre in buona fede - sull’inutilità e la dannosità dei lockdown di Giuseppe Conte e Roberto Speranza. Nel 2020, come ci si doveva comportare dinanzi alla comparsa di un virus nuovo, di fronte alle terapie intensive stracolme e al Covid che dilagava? La storiella che ogni volta viene ripetuta suona così: si era nel pieno della frenesia pandemica, non era possibile decidere con lucidità, gli errori erano dietro l’angolo.In realtà, il governo giallorosso aveva elementi per rivedere la propria risposta «caotica e creativa» alla pandemia (così la definì, in un famigerato report che venne fatto subito ritirare, il funzionario Oms Francesco Zambon). Ministero della Salute e ministero per l’Innovazione tecnologica, infatti, istituirono un «gruppo multidisciplinare», composto da 74 esperti, che tra gli altri compiti aveva quello di «supportare i decisori pubblici […] svolgendo attività di studio e analisi» sull’efficacia delle chiusure disposte durante la prima ondata.Quella task force produsse un documento che non solo comprovava l’inutilità della serrata nazionale iniziata a marzo di quell’anno; di fatto, avvalorava anche le tesi della celebre Great Barrington declaration (il documento contro i lockdown firmato da esperti di tutto il mondo, del quale purtroppo i maggiori media italiani non hanno mai dato notizia nel corso del delirio covidesco). Alla base, c’era l’idea di proteggere le categorie più esposte al rischio di morire per il Sars-Cov-2, politica che in Europa venne attuata dalla Svezia, con buoni risultati. Sicuro migliori dei nostri.Le carte, caricate sulla piattaforma Github (quella dove, in seguito, sarebbero confluiti i dati sull’andamento delle vaccinazioni) sono state riesumate da Robert Lingard, esperto di politiche pubbliche e comunicazione che da anni lavora sul tema Covid.Un testo datato 8 giugno 2020, al paragrafo 2.2, indaga sulle «relazioni fra lockdown e sviluppo dell’epidemia». Gli esiti non sorprenderanno i lettori della Verità, mentre pare siano stati ignorati dall’esecutivo, che pure aveva ingaggiato l’équipe di tecnici.Intanto, gli scienziati sottolineano «il peso relativamente contenuto dei flussi di interconnessione regionale»: detto in parole semplici, spostarsi tra regione e regione non determinava un aumento significativo delle infezioni. Conte e Speranza avrebbero dovuto tenerne conto, quando vararono il labirintico sistema dei semafori, con le zone bianche, gialle, arancioni e rosse. Uno degli effetti di quella norma, ad esempio, fu il paradosso per cui, in caso di lockdown di un territorio, ci si sarebbe potuti muovere per decine e decine di chilometri all’interno di una stessa regione, ma due cittadine di confine, a pochi minuti di distanza l’una dall’altra, sarebbero rimaste separate.Il secondo punto, invece, rileva che il fattore determinante per la diffusione del virus era l’età. Le evidenze suggerivano che la fascia anagrafica dei più giovani, 0-19 anni, fosse quella «più contagiosa». Ma ancora più interessante è la considerazione successiva: «Emerge», precisano gli esperti, «l’utilità di lavorare sulla stratificazione del rischio degli over 60, con misure adeguate di social e physical distancing». A loro avviso - il brano è corredato da un grafico - le «quarantene parziali» per giovani e anziani erano in grado di impedire «l’impennata» dei casi. «Notare», aggiungono, «che tali strategie lasciano la massima libertà alla classe mediana», dai 20 ai 60 anni, «corrispondente alle persone in età lavorativa».In realtà, gli autori del documento tralasciano un particolare: se gli anziani e i fragili fossero stati messi al riparo, schermare i ragazzini sarebbe stato pressoché inutile, dal momento che loro, a meno che non soffrissero di certe patologie, non avrebbero rischiato nulla dal virus. Anzi, contraendo il Covid si sarebbero pure immunizzati. Bastava compiere questo ulteriore passettino, per arrivare alle stesse identiche soluzioni promosse dalla Great Barrington declaration. In Italia, osteggiatissima dai fautori della repressione in stile Wuhan. A cominciare da Walter Ricciardi, a lungo consigliere di Speranza. E così il governo Conte, anziché il modello svedese, anche nella seconda ondata adottò il modello cinese.Ma c’è di più. Al punto 8 del breve manualetto su «Come gestire la fase 2», stilato addirittura il 14 aprile 2020, la task force invoca «l’esecuzione di test di massa», inclusi i sierologici, utili ad allentare le restrizioni su chi era già riuscito indenne dall’infezione: «Se l’evidenza scientifica supporterà una immunità sufficientemente prolungata al Covid-19 per coloro che hanno subito e superato il contagio», si legge, «i test sierologici potrebbero essere usati per certificare tale immunità». Ennesima indicazione snobbata da Giuseppi e dall’ex assessore lucano.Sull’esecuzione dei tamponi, il governo era stato ondivago: all’inizio, quando mancavano i reagenti, le istruzioni date agli ospedali erano di limitarli a chi era rientrato dalla Cina o aveva avuto contatti con gente che aveva viaggiato nelle aree ad alta diffusione; più avanti, invece, molecolari e rapidi sarebbero diventati un feticcio. Il guaio è che ai guariti non fu concessa alcuna dispensa: nel 2021, anzi, il successore di Conte, Mario Draghi, convenne di mandare avanti la campagna vaccinale senza verificare se chi porgeva il braccio avesse già anticorpi. Di lì a poco, i bollettini dell’Iss avrebbero certificato che proprio i vaccinati erano quelli che, in proporzione, s’infettavano di più.L’ostruzionismo dell’opposizione sta facendo perdere mesi preziosi, ma tutti i tasselli che, man mano, compongono il disegno complessivo della retrospettiva sull’era Covid, andrebbero posti all’attenzione della commissione parlamentare d’inchiesta. Com’è possibile che il governo in carica nel 2020 avesse reclutato 74 cervelloni, i quali mostrarono che era controproducente (inutile sul piano sanitario, pericoloso sul piano economico) sbattere ai domiciliari gli italiani, e che poi abbia completamente trascurato il loro parere? Viene il dubbio che in ballo ci fossero altri interessi. E che «seguire la scienza» non fosse in effetti la preoccupazione principale dei nostri politici.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)