2024-05-05
La lobby iraniana (collegata a Soros) soffia sul fuoco dei campus americani
Il regime degli ayatollah applaude le rivolte, sostenute da gruppi pro accordo nucleare con Teheran (e finanziati dal miliardario).Non solo le proteste pro Palestina nei campus statunitensi si stanno rivelando particolarmente aggressive. Ma, come se non bastasse, stanno anche ricevendo degli inquietanti endorsement dal regime degli ayatollah. Il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha definito «la sollevazione di studenti, professori ed élite occidentali a sostegno del popolo oppresso di Gaza» come «un grande evento di vaste dimensioni che non può essere spento da percosse, arresti e atti di violenza». Addirittura, non senza sprezzo del ridicolo, l’Università di Sana’a, che è in mano agli Huthi spalleggiati a loro volta dall’Iran, ha detto di voler ospitare gli studenti occidentali sospesi per aver partecipato alle proteste. Proteste dietro cui spunta l’ombra di un significativo network filoiraniano.Uno dei gruppi pro Palestina legati alle manifestazioni è Us Campaign for palestinian rights (Uscpr): l’account «X» di questa organizzazione ha mostrato sostegno alle proteste nei campus e, l’altro ieri, ha pubblicato un post in cui annunciava un evento per «addestrare su come i membri della comunità non studentesca possano supportare gli accampamenti studenteschi di solidarietà a Gaza con capacità cruciali di mobilitazione e de-escalation». Non solo. Dando un’occhiata al suo sito, ci si rende conto che Uscpr accusa Israele di «genocidio», invocando inoltre attività di boicottaggio ai suoi danni.Ma l’organizzazione sembra anche nutrire una certa simpatia per l’Iran. Il 19 aprile, sul suo account «X», Uscpr ha parlato di «guerra regionale contro l’Iran provocata da Israele». Era invece marzo 2020 quando, sul medesimo profilo, l’organizzazione criticò le sanzioni statunitensi contro Teheran. Ma l’aspetto più interessante è un altro. Uscpr collabora attivamente con il Niac: la principale lobby americana favorevole a ripristinare il controverso accordo sul nucleare iraniano (Jcpoa). Il 21 marzo, il Niac si è detto «orgoglioso» di cooperare con Uscpr e altre associazioni nell’ambito di un’iniziativa volta a contrastare l’American Israel Public affairs committee. Era, inoltre, fine aprile quando delegazioni congiunte di Niac, Uscpr e di altre organizzazioni hanno incontrato lo staff del senatore dem Chuck Schumer per chiedere un cessate il fuoco.Certo: il Niac ha smentito collegamenti con il regime iraniano e lo ha anche più volte criticato per le sue violazioni dei diritti umani. Tuttavia, tale organizzazione si è spesso espressa contro le sanzioni statunitensi a Teheran ed è storicamente favorevole a quel Jcpoa che rappresenta un serio pericolo per la sicurezza di Israele. Una posizione, quella del Niac, oggettivamente contraddittoria: per quanto ci si ostini a sostenere che l’accordo sul nucleare e i diritti umani siano due questioni distinte, in realtà sono strettamente legate. Un ripristino di tale intesa rafforzerebbe politicamente ed economicamente quello stesso regime che reprime brutalmente il dissenso interno. Non solo. Ultimamente il Niac si è concentrato sulla crisi di Gaza, assumendo una posizione molto dura verso Israele. «La guerra ha portato carestia e probabilmente un genocidio a Gaza», ha twittato l’organizzazione lo scorso 14 aprile. Due settimane dopo, Niac e Uscpr hanno cofirmato, insieme ad altre 200 associazioni, una lettera di solidarietà verso le proteste studentesche filopalestinesi. Emerge, poi, un ulteriore punto di collegamento tra Niac e Uscpr: George Soros. Cominciamo col dire che è al momento motivo di discussone se il miliardario liberal sia o meno direttamente coinvolto nel sostegno alle proteste studentesche in corso. Tuttavia è certo che, nel recente passato, la sua fondazione abbia foraggiato Uscpr.Giovedì, pur smentendo che tre attuali esponenti di tale associazione avessero preso parte alle proteste come detto dal New York Post, Politifact ha riportato che «il sito Web della Open society foundation afferma di aver assegnato sovvenzioni alla Us Campaign for palestinian rights». «L’organizzazione, nota all’Irs come «Education for just peace in the Middle East», ha ricevuto: una sovvenzione biennale di 300.000 dollari nel 2018; una sovvenzione di 150.000 dollari per un anno nel 2021; una sovvenzione biennale di 250.000 dollari nel 2022», ha aggiunto Politifact, secondo cui gli stessi vertici di Uscpr hanno confermato di aver ricevuto soldi da Soros «per supporto operativo generale». Soldi che, secondo la medesima fonte, continueranno ad arrivare fino a giugno 2024.Dall’altra parte, nel 2009, Politico riferì che l’Open society policy center di Soros pagava lo stipendio a una parte dello staff del Niac, il cui cofondatore, Trita Parsi, è attualmente vicepresidente esecutivo del Quincy institute: un think tank che, nel 2019, ricevette finanziamenti dallo stesso Soros e dal magnate repubblicano antitrumpista Charles Koch. Guarda caso, il Quincy institute è schierato a favore del ripristino del Jcpoa, mentre su X Parsi ha criticato la reazione delle forze dell’ordine alle proteste nei campus. Ad agosto 2015, il Washington Post riferì inoltre che la fondazione del magnate progressista aveva versato quasi 70.000 dollari ad organizzazioni favorevoli al Jcpoa. Dulcis in fundo, si fa per dire, a sostegno del Jcpoa è sempre stato anche l’International crisis group: un think tank che, oltre ad aver potuto contare sui finanziamenti del network di Soros, vede quest’ultimo sedere, assieme al figlio Alex, nel proprio board of trustees.Non dimentichiamo che, quando Donald Trump lasciò il Jcpoa nel maggio 2018, il miliardario liberal andò all’attacco: «Non solo l’Europa ma il mondo intero è rimasto scioccato dalle azioni del presidente Trump. Si è ritirato unilateralmente da un trattato sulle armi nucleari con l’Iran, distruggendo così di fatto l’alleanza transatlantica», dichiarò il magnate. Dal canto suo, Le Figaro ha recentemente evidenziato l’infiltrazione negli atenei occidentali della Fratellanza musulmana, del cui network fa storicamente parte Hamas, che è a sua volta finanziata da Teheran.Non è al momento dato sapere se, al di là degli endorsement, gli ayatollah stiano direttamente foraggiando le proteste pro Palestina nei campus. È però chiaro che un significativo network filoiraniano le sta appoggiando.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)