2025-08-12
Mantovano gli tolse i voli di Stato. Lui lo indaga per l’aereo di Almasri
Alfredo Mantovano (Imagoeconomica)
Il sottosegretario, insieme a Piantedosi, accusato dal procuratore Lo Voi di peculato per il viaggio che riportò il militare libico a Tripoli. La vicenda si intreccia con il taglio ai benefit subito dal pm e firmato dall’ex senatore.L’inchiesta sul rimpatrio del generale libico Njeem Osama Almasri, accusato nel suo Paese di crimini di guerra, torture e stupri, sta assumendo contorni paradossali. Fermato a Torino il 19 gennaio e rispedito in Libia con un volo della Cai, società controllata dall’Aise, l’agenzia d’intelligence che si occupa di minaccia estera, il militare è al centro del procedimento in cui la Procura di Roma ha chiesto di procedere per per il ministro della Giustizia Carlo Nordio, per quello dell’Interno Matteo Piantedosi e per il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega ai rapporti con i Servizi Alfredo Mantovano. Proprio gli ultimi due, nella richiesta di autorizzazione a procedere inviata dai pm il 5 agosto alla Camera dei deputati, risultano indagati per «peculato». «In concorso tra loro», scrive la Procura, «distraevano per un uso momentaneo l’aereo della Cai, nonché si appropriavano del carburante necessario per l’esecuzione dei voli da Roma-Torino, Torino-Tripoli e Tripoli-Roma, disposti non per reali esigenze di sicurezza ma al solo fine di aiutare Almasri, colpito da mandato di arresto internazionale emesso dalla Corte penale internazionale, a sottrarsi a tale mandato». Un colpo di scena che ha ribaltato completamente il copione scritto tempo prima, nel ruolo di contestatore, da Mantovano, il quale aveva messo nero su bianco le ragioni con le quali negava al capo della Procura di Roma Francesco Lo Voi l’uso disinvolto dei voli di Stato. Il magistrato, che in Procura è stato soprannominato da qualche mattacchione «Lo Volo», è titolare di una scorta di «primo livello eccezionale»: tre auto blindate, vigilanza fissa, bonifiche preventive. Un dispositivo che dal 2017 alla fine del 2023 gli aveva consentito di viaggiare sui voli «blu» per la tratta Roma-Palermo. Ma due anni fa il governo ha deciso di darci un taglio: troppo costoso far volare il procuratore sui Falcon dell’Aeronautica militare, 13.000 euro a viaggio di andata e ritorno, due volte a settimana. Quasi 340.000 euro l’anno, per un totale di circa 1,7 milioni di euro dal 2017. Il primo atto ufficiale del contenzioso è una lettera di febbraio 2023: «Richiesta di voli di Stato del procuratore della Repubblica di Roma dottor Lo Voi» e «diniego di autorizzazione allo stato degli atti». Lo Voi aveva provato a far leva sulla sicurezza: «L’uso del volo di Stato consente uno spostamento molto più rapido […] evita la presenza dello scrivente in ambienti e situazioni di facile riconoscibilità personale […] ed evita altresì l’impiego di personale di scorta». Mantovano aveva replicato senza giri di parole: «La maggiore rapidità dei voli di Stato non è un argomento in sé decisivo […], la presenza della scorta supererebbe le preoccupazioni circa la riconoscibilità». E per chiudere la partita aveva commissionato al Servizio voli un confronto economico «tra il costo complessivo del volo di Stato senza scorta e quello del volo commerciale con scorta»: 13.000 euro per il volo di Stato contro i 400-700 euro per un volo di linea. L’8 marzo 2023 arriva il secondo diniego: «Il volo di Stato» è «sempre notevolmente più costoso della soluzione commerciale». Lo Voi non si arrende e affida ai suoi avvocati un ricorso straordinario al Consiglio di Stato, contro Mantovano e nei confronti di Piantedosi, l’unico, a suo giudizio, competente a occuparsi della questione, ritenendo «la convenienza in termini di costo dell’utilizzo di voli di linea […] non così rilevante». E insiste «sull’inopportunità» di viaggiare come un passeggero qualsiasi, evocando «evidenti rischi» per gli altri passeggeri. Ma il «no» del governo resta fermo. Quella fama di frequentatore di voli non è solo un soprannome. In passato, tra le missioni internazionali di Lo Voi, c’è stata anche una trasferta ad Abu Dhabi per l’estradizione del narcos albanese Dorian Petoku, il braccio destro di Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik, ma con esito ancora in sospeso. Un curriculum da viaggiatore che si è arricchito di un’ultima, clamorosa, destinazione. Quando l’esposto (molto mediatico) di Luigi Li Gotti, ex sottosegretario alla Giustizia del governo Prodi, ex Msi, poi Italia dei valori e Pd, che ha innescato l’indagine sul caso Almasri è arrivato sulla scrivania del procuratore, è stato lavorato in tempi record: tre giorni, weekend compreso, e iscrizione lampo per i reati indicati da Li Gotti. Nel frattempo, mentre Mantovano e Piantedosi si presentavano in Parlamento per spiegare la gestione del caso Almasri, il procuratore che li aveva messi sotto inchiesta, come riuscì a ricostruire la Verità, era a 15 ore di volo di distanza. Meta: Mauritius. Un’isola vulcanica a 500 chilometri dal Madagascar. Un paradiso esotico dove il silenzio stampa poteva essere garantito. E qui il cerchio sembra chiudersi. Perché, al netto della gravità o meno delle accuse, che ora passeranno al vaglio parlamentare, resta l’immagine di un’inchiesta che nasce da un esposto politico, attraversa un vecchio contenzioso personale sui voli di Stato e approda in una meta da cartolina. Con un epilogo (per ora), in cui il contestatore (Mantovano), per un volo della società dei Servizi finisce indagato dal contestato (Lo Voi) per i voli di Stato e, al suo fianco nella richiesta di autorizzazione a procedere, in un unico capo d’accusa, si trova proprio Piantedosi: lo stesso che, nelle carte del ricorso per il volo «blu», gli avvocati del procuratore avevano indicato come l’unico competente a decidere sulla sua richiesta di tornare a volare di Stato.
Nel riquadro la prima pagina della bozza notarile, datata 14 novembre 2000, dell’atto con cui Gianni Agnelli (nella foto insieme al figlio Edoardo in una foto d'archivio Ansa) cedeva in nuda proprietà il 25% della cassaforte del gruppo
Papa Leone XIV (Ansa)
«Ciò richiede impegno nel promuovere scelte a vari livelli in favore della famiglia, sostenendone gli sforzi, promuovendone i valori, tutelandone i bisogni e i diritti», ha detto Papa Leone nel suo discorso al Quirinale davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Padre, madre, figlio, figlia, nonno, nonna sono, nella tradizione italiana, parole che esprimono e suscitano sentimenti di amore, rispetto e dedizione, a volte eroica, al bene della comunità domestica e dunque a quello di tutta la società. In particolare, vorrei sottolineare l'importanza di garantire a tutte le famiglie - è l'appello del Papa - il sostegno indispensabile di un lavoro dignitoso, in condizioni eque e con attenzione alle esigenze legate alla maternità e alla paternità».
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