2021-01-17
Lo Stato non dà risorse ai medici e li costringe a scegliere chi salvare
Il piano pandemico in preparazione stabilisce un principio pericoloso: fissare un criterio con cui decretare la vita e la morte. Ma così la politica incita a violare la Costituzione. E si lava le mani dei problemi della sanità.Ho letto sui vari quotidiani che il nuovo piano pandemico prevede «di allocare risorse in modo da fornire trattamenti non necessari preferibilmente a quei pazienti che hanno maggiori probabilità di trarre benefici». Le parole «trattamenti non necessari» sono riportate in una frase tra virgolette e quindi rimango allibito. O è un refuso tipografico o non conoscenza dell'italiano da parte di chi lo ha steso. C'è qualcuno tra questi che può considerare l'intubazione in terapia intensiva un trattamento non necessario? I rianimatori lo fanno quindi per passare il loro tempo? Quando mai in Italia un medico ha potuto fornire «trattamenti non necessari» indipendentemente dalla pandemia, dalla crisi economica? Mai. A malapena riusciamo a fornire i trattamenti necessari e di questo dobbiamo esserne fieri come medici italiani e ciò è grazie al nostro servizio sanitario, ma non è così in altri Paesi anche più evoluti del nostro. Ogni medico sa che non è etico fornire ad un paziente un trattamento non necessario indipendente dalla crisi economica o dalla allocazione delle risorse: il contrario sarebbe solo sperpero di soldi pubblici. Se non è un errore di stampa vuol dire che «i trattamenti sono necessari». A questo punto però se si ammette che i trattamenti sono necessari sorge un grave problema perché per i cittadini italiani il diritto alla salute è garantito da un articolo specifico della Costituzione che non prevede di fare una valutazione preventiva su chi può trarre o meno maggiori benefici. È quindi incostituzionale che un medico faccia una tale valutazione. E per questo potrebbe essere sottoposto ad un procedimento penale e civile. Non è solo un problema etico. Quindi è necessario, affinché un medico possa rispettare il nuovo piano pandemico, che venga modificata la Costituzione salvo che con una legge ad hoc venga concessa una «manleva» al medico stesso e se ne assumano la responsabilità civile e penale l'estensore della legge, il ministro della Sanità, il presidente del Consiglio. Ma credo che questa legge o decreto sia comunque incostituzionale. Tutto questo non è di mia competenza e lascio ad altri la disquisizione legale.Ma veniamo al senso etico di decidere a chi allocare le scarse risorse sanitarie disponibili in quel momento; nel caso specifico di decidere di intubare in terapia intensiva un paziente in insufficienza respiratoria da Covid-19 e in caso di carenza di posti letto di negare tale trattamento ad un altro paziente. Se si pone questo problema significa che dal punto di vista medico-scientifico si pensa che entrambi i pazienti possano beneficiare dell'intubazione in terapia intensiva e che quindi il paziente che non viene inviato in terapia intensiva ha un maggiore probabilità di morire. In quel momento una decisione medica può «condannare» ad una maggiore probabilità di morte il paziente escluso dalla terapia intensiva. In qualunque Paese civile chi sta per subire una condanna ha diritto ad un difensore, ad un processo, ad un processo d'appello e a volte anche ad una cassazione. Si parla tanto di tutela dei diritti civili ma il paziente in oggetto è sufficientemente tutelato? Chi è che effettua questa scelta terapeutica ed in base a che cosa? Chi decide ovviamente è l'anestesista rianimatore.Alle tre di notte, spossato dopo turni continui sfibranti, e a volte professionalmente sfiduciato dai troppi morti che questa patologia provoca, questo medico è sufficientemente obbiettivo per questa difficile scelta? Il paziente è sufficientemente tutelato?Questo vale però anche per i turni diurni che sono altrettanto massacranti, acuiti dal fatto di operare in un ambiente carico di virus. È come maneggiare con un serpente a sonagli: il minimo errore si può pagare con la vita come lo testimoniano i numerosi sanitari morti.In base a quali criteri poi deve decidere il rianimatore? In base all'età? Sembrerebbe la cosa più logica e di buon senso. Ma non so cosa potrebbe succedere se ci dovesse capitare ad esempio paradossalmente papa Francesco.Non deve essere mandato in terapia intensiva per l'età? Sono sicuro che sarebbe il primo a non essere d'accordo che a lui venga garantita la terapia intensiva e ad altri suoi coetanei venga negata per l'età.Ma quante eccezioni si dovrebbero fare in Italia? Quanti sono i vip, presidenti di «qualche cosa», amministratori delegati, direttori, big del piccolo-grande schermo, delle varie professioni o della coltura, con relativi fratelli, sorelle, padri, madri, nonni, nonne ed altri relativi parenti per i quali arriverebbero piogge di telefonate di raccomandazioni per fare una eccezione? Ad occhio e croce penso qualche milione. Alla fine ci andrebbero di mezzo, parliamoci chiaro, solo i soliti comuni cittadini. L'età quindi sembrerebbe il criterio più di buon senso, ma di fatto impraticabile seriamente, oltretutto il criterio di età sarebbe incostituzionale poiché non è scritto da nessuna parte che dopo una certa (quale?) età il cittadino non ha più diritto all'assistenza sanitaria necessaria. I politici facciano una modifica della Costituzione con precisione e come al solito i medici rispetteranno la legge.Altro criterio possibile per la scelta sono le cosiddette patologie concomitanti. Bene: la medicina oggi è talmente super-specialistica che è praticamente impossibile che un rianimatore possa sapere la prognosi precisa di ogni paziente che deve decidere se intubare o meno. Nella mia pratica clinica quotidiana mi è capitato spesso, per un paziente oncologico, di precisare al collega chirurgo che in base alla prognosi oncologica sufficientemente favorevole per quel determinato paziente era giustificato quell'intervento chirurgico che per una complicanza si rendeva necessario, così pure al collega cardiologo che era giustificato il posizionamento di uno stent coronarico ad un paziente anziano oncologico, o all'ortopedico che era giustificata una determinata protesi sempre in un paziente oncologico a prognosi favorevole, e così via per altre specialità.Tante volte poi ho discusso con i colleghi rianimatori di casi di pazienti che dal punto di vista oncologico erano da considerarsi guariti o che avevano una prognosi oncologica sufficientemente favorevole da giustificare un trattamento intensivo in rianimazione per una complicanza intercorsa. Ma questa è esperienza comune e pratica clinica quotidiana di tutti gli oncologi in Italia.Ma sarà sempre presente un oncologo quando l'anestesista dovrà decidere se mandare in terapia intensiva un paziente oncologico?Stabilire per iscritto che in determinate circostanze e per particolari problemi economici non si possono erogare determinate terapie è pericoloso perché oggi si può cominciare con chi ha una patologia concomitante magari oncologica ma si può finire a non darla a chi è un extracomunitario o a chi è di un'altra religione o per altre ragioni che gli uomini sono spesso capaci di trovare. Se poi si vuole porre l'accento sul problema dei costi di una terapia intensiva per giustificare determinate scelte si scoperchia un pentolone enorme sui costi dell'assistenza sanitaria e per coerenza si dovrebbero stabilire delle regole per le altre patologie: paradossalmente si potrebbe mettere in discussione che non è giustificato il posizionamento di stent coronarici per un paziente di 85 anni o di una protesi d'anca o l'assistenza di un paziente in coma da anni.Allocare risorse economiche alla sanità è una scelta politica: chi stabilisce in una finanziaria i miliardi da destinare alla sanità ? Il debito pubblico italiano quest'anno è aumentato di 170 miliardi, se aumentasse di 200, indipendentemente dalla sterile e monotona diatriba sul Mes per assegnare i 30 miliardi in più alla sanità, per l'Italia finanziariamente cambierebbe qualcosa? Personalmente non credo proprio. È una scelta politica e considero per lo meno avventuroso e per quanto detto incostituzionale che la politica ci dia indicazioni mediche su come e chi assistere.Ogni medico in Italia prende quotidianamente decisioni secondo la propria etica e preparazione scientifica. Prima di questa pandemia la sanità italiana era ritenuta una delle migliori a livello internazionale ed è doveroso avere l'obiettivo di migliorarla.È quindi compito di altri metterla in condizioni di operare come ha sempre fatto, di migliorarla appunto sempre di più senza che questi si avventurino in consigli opinabili e/o incostituzionali che porterebbero ad un passo indietro invece che ad un progresso.
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