2019-01-18
Lo scrittore perseguitato dall’islam: «Francesco sta sbagliando tutto»
L'algerino Boualem Sansal lancia l'allarme: «Si esprime come un politico occidentale. Finiamola di chiudere gli occhi sulle violenze nel nome di Allah». Poi dal Papa arriva il consueto messaggio: «Pure Gesù fu profugo».Un'inversione a U rispetto a 14 secoli di storia. Per Boualem Sansal, l'avvento di papa Francesco rappresenta un cambio di rotta assoluto, all'interno della Chiesa, su uno dei temi cruciali per il futuro dell'Europa: il rapporto con l'islam.Lo scrittore algerino lo mette nero su bianco in un articolo («Il Papa, il politicamente corretto e il resto») pubblicato sull'ultimo numero della Revue des Deux Mondes, la più antica rivista d'Europa in attività, che dedica uno speciale all'inquilino del Vaticano, intitolato, non senza una certa apprensione: «Migranti, islam, riforme, pedofilia, Vaticano... Che fa il Papa?». Già, che fa il Papa? Anche ieri, dalla Santa sede è venuta la solita litania: «Spostarsi e stabilirsi altrove con la speranza di trovare una vita migliore per sé stessi e le loro famiglie: è questo il desiderio profondo che ha mosso milioni di migranti nel corso dei secoli», ha scritto Francesco nella prefazione al volume Luci sulle strade della speranza. E ancora: «Gli esodi drammatici dei rifugiati» sono «un'esperienza che Gesù Cristo stesso provò, assieme a i suoi genitori, all'inizio della propria vita terrena, quando dovettero fuggire in Egitto per salvarsi dalla furia omicida di Erode».Dove vanno a parare, questi discorsi ricorrenti? Se lo chiede Sansal, che non è esattamente il primo venuto, essendo una delle prime voci levatesi contro il fondamentalismo islamico, già a partire dagli anni Novanta, con tutte le conseguenze del caso.Agli occhi dell'algerino, Francesco appare a tutti gli effetti come un ventriloquo di quei dirigenti europei le cui conoscenze, in termini di religione, sono «filiformi», avendo peraltro assimilato «l'idea che un'alternanza religiosa in seno alla società sia una cosa possibile, dopo tutto, persino auspicabile, perché no? In politica, l'alternanza al potere è un progresso democratico, perché non può essere lo stesso nella religione? Cambiare presidente o cambiare dio, che differenza fa?». Rispetto a questa pericolosa retorica semplicistica, che evoca catastrofi con il sorriso ebete sulla bocca, fa un certo effetto vedere il Papa che si accoda e talvolta fa persino peggio: «Non si può fare a meno di vedere», osserva Sansal, «che il suo discorso è un “copia e incolla" del discorso dei dirigenti occidentali, che parlano tutti dell'islam com'è conveniente parlarne, con deferenza, emozione e convinzione. Talvolta, egli va più lontano, come quando cita la violenza cattolica o persino quella coniugale per relativizzare la violenza islamica e in qualche modo scusarla».Tutto questo, come detto, contraddice una lunga tradizione di diffidenza, quando non di aperta ostilità, dei capi della cristianità nei confronti della religione musulmana: «Durante gli ultimi 14 secoli», scrive Sansal, «i papi non hanno mai smesso di respingere questa religione così espansiva, alla quale nessuna civiltà è mai sopravvissuta (come l'islamologo Rachid Benzine ci fa giustamente notare) [...]. È stato così così fino a papa Francesco, che su questa religione che ha ossessionato i suoi predecessori e che è di nuovo in piena effervescenza, ha una visione tutta nuova, amichevole, benevolente, incoraggiante: l'islam non è più il nemico ereditario della cristianità, è il suo amico prossimo».Ma per lo scrittore algerino, «dire, come fa lui, che l'islam è una religione di felicità, di pace e di tolleranza, che è una via di salvezza che conduce anch'essa a Dio, che la violenza messa in campo da certi musulmani non ha niente a che vedere con l'islam fa felici i musulmani ma inquieta i cattolici, e ne fa ribellare alcuni, che non esitano a a ricordagli le persecuzioni dei cristiani nei Paesi musulmani e le crudeltà senza nome che i musulmani si infliggono fra di loro».Nonostante questi pesanti rilievi, l'atteggiamento di Sansal rispetto a Jorge Mario Bergoglio (e anche rispetto allo stesso islam) non è di cieca critica, quanto piuttosto di accorato, disperato appello. «Papa Francesco», afferma lo scrittore, «ha in qualche modo, nolens volens, contribuito a chiudere le porte a delle legittime e sane contestazioni di idee e credenze, e a un vero dibattito privo di ipocrisie istituzionali, che permetterebbe a ciascuno di affermarsi e trovare il proprio posto nella società. Un tale dibattito aiuterebbe per primi i musulmani base, che sono oggi spossessati del loro libro per mano degli integralisti, dei dittatori, della macchina comunitarista e dei nuovi rivoluzionari che vogliono arruolarli per rimpiazzare le loro truppe perdute o passate al nemico. Aiutarli a liberarsi significa aiutare l'islam a uscire dall'impasse nera in cui è stato rinchiuso da dieci secoli di letteralismo cieco e fargli incontrare la filosofia, la modernità, la convivialità, insomma, la realtà degli uomini». Di fronte a questa sfida cruciale, conclude Sansal, «sarà interessante vedere in quale direzione evolverà papa Francesco, ora che i cristiani che ha deluso e i musulmani che ha incoraggiato si attendono molto da lui. È una questione da seguire».
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)