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2018-09-12
Lo schiaffo di Toninelli ai Benetton: sul ponte affido diretto a Fincantieri
Ansa
Una tragedia che hanno visto e seguito in tutta Europa, un'emergenza decisamente eccezionale e un ponte da ricostruire il prima possibile, ovviamente a cura dello Stato. Insomma, il ponte Morandi val bene un'eccezione alle regole europee sugli appalti pubblici e allora venerdì arriverà un «decretone» per Genova, con l'affido diretto della ricostruzione a Fincantieri, quotata in Borsa, ma controllata per il 71% dalla solita Cassa depositi e prestiti. L'annuncio l'ha dato ieri alla Camera Danilo Toninelli, anticipando che ci sono «segnali positivi» dai primi colloqui con Bruxelles. Per il governo di Giuseppe Conte si tratta di derogare platealmente al Codice degli appalti, se non altro per dare un altro schiaffone ad Atlantia e alla famiglia Benetton che vorrebbero essere della partita. E se non sarà semaforo verde per l'affidamento diretto, da Palazzo Chigi si aspettano quantomeno il via libera a una procedura ristretta con la chiamata di due, massimo tre soggetti. Insomma, una cosa veloce.
Il ministro delle Infrastrutture ha scoperto le carte in un'audizione alla commissione Ambiente di Montecitorio, ribadendo che Autostrade resta fuori dalla partita della ricostruzione, da cui, anche come immagine, avrebbe sicuri benefici. «Nei prossimi giorni», ha spiegato, «nel Consiglio dei ministri di venerdì, il governo approverà un decreto legge in cui ci saranno importantissime misure per Genova e per i genovesi. L'obiettivo è far ripartire una delle città più importanti del nostro Paese».
Venerdì dovrebbe essere dunque approvato un decreto, il cui punto nodale sarà l'affidamento diretto della ricostruzione del ponte Morandi a Fincantieri, guidata dal settantaquattrenne Giuseppe Bono, che scade nel 2019 ma a questo punto ha in tasca, come minimo, la riconferma ai vertici della cantieristica di Stato, dove si è installato nel lontano 2002. In Borsa, Fincantieri ha chiuso piatta (+0,14% sulla vigilia), segno che la maxicommessa è al momento giudicata dal mercato qualcosa di simile al non profit. Sul fronte Atlantia, Piazza Affari ha fatto spallucce e il titolo ha recuperato l'1,36%, forse aiutato anche dalle parole di Giovanni Tria. Il ministro dell'Economia, interrogato dai giornalisti dopo l'audizione del collega Toninelli, se l'è cavata alla Andreotti: «Ho già il problema della nota di aggiornamento al Def e della legge di Bilancio. Aspetto per vedere che succede». Ma certo, intanto, ieri in Parlamento è stata prospettata una sorta di punizione esemplare per Autostrade. E Toninelli l'ha motivata con chiarezza: «Partiremo dalle regole attuali del codice e sulla base dell'eccezionalità potremo affidare direttamente a una società pubblica, pensiamo a Fincantieri, l'appalto per la ricostruzione del ponte». Anche perché, ha aggiunto il ministro, «il crollo del ponte Morandi non è dovuto a tragica casualità, ma a una mancata manutenzione che spettava ad Autostrade per l'Italia».
E questa punizione esemplare spazza via anche i progetti di Giovanni Toti, governatore ligure assai attivo sulla vicenda nonostante le sue competenze di legge limitate, insieme all'architetto e senatore a vita Renzo Piano. Agli occhi dei 5 stelle, i due sarebbero un po' il ventre molle delle istituzioni di fronte ad Autostrade e al suo ad, Giovanni Castellucci, ansiosi di rientrare in gioco. Ma Fincantieri, in ogni caso, rischia di dover lavorare chiedendo il «permesso» ad Autostrade, titolare della concessione. E non è un problema da poco.
Mentre Toninelli parlava, il governo stava iniziando a trattare a Bruxelles sulla deroga alla gara europea, spingendo molto sul fatto che la tragedia della vigilia di Ferragosto è paragonabile a un'alluvione o a un terremoto, e che Fincantieri è statale. Ieri sera, fonti dell'esecutivo davano per «cautamente positivo» l'esito delle prime discussioni con la Commissione Ue, anche se non escludevano l'arrivo di una controproposta «ragionevole», come una gara a invito di «due o tre massimo general contractor».
Già che c'era, anche per rovinare la serata agli altri oligopolisti del casello come il gruppo Gavio, il ministro delle Infrastrutture ha anche minacciato novità sulle concessioni: «Intendo dare un segnale di svolta ben preciso: d'ora in avanti tutti i concessionari saranno vincolati a reinvestire buona parte degli utili nelle manutenzioni, a cominciare da ponti e gallerie». Non solo, ma in attesa delle nuove regole, nei prossimi giorni il ministero convocherà tutti i concessionari, che dovranno presentarsi ognuno con un piano ben preciso di tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e con la previsione dettagliata delle risorse dedicate.
Nella sua audizione alla Camera, il ministro di Cremona ha infine calato la pietra tombale su Fs-Anas, «che non staranno più insieme». «Stiamo studiando», ha spiegato Toninelli, «se procedere con una scissione che possa essere fatta internamente alla holding Fs o per decreto. Anas ha un obiettivo d'impresa che non è compatibile con Fs». Insomma, va bene non privatizzare più Ferrovie, come già aveva deciso il centrosinistra dopo i sogni di gloria di Matteo Renzi, ma non si vede perché affossarla con l'Anas.
Francesco Bonazzi
Interrogatori: venti dirigenti indagati attesi in Procura a partire da venerdì
Inizieranno venerdì gli interrogatori degli indagati per il crollo del ponte Morandi di Genova. Sono venti in tutto, tra vertici di Autostrade per l'Italia, dirigenti del ministero delle Infrastrutture, dipendenti di Spea engineering e dirigenti del provveditorato alle opere pubbliche di Liguria, Piemonte e Val d'Aosta, ai quali si aggiunge la stessa società Autostrade. I primi a essere interrogati, a quanto risulta alla Verità, saranno gli ingegneri Giuseppe Sisca, Mario Servetto e Antonio Brencich, che facevano parte del comitato tecnico del provveditorato che esaminò il progetto di retrofitting del ponte (Brencich in una prima fase fu anche inserito nella commissione d'inchiesta sul crollo del ministero, ma si è dimesso pochi giorni dopo); sarà interrogato anche il provveditore, Roberto Ferrazza (pure lui ex membro della commissione ministeriale), e il collega Salvatore Buonaccorso, relatori anche loro del progetto.
Gli altri indagati inizieranno a sfilare in Procura dalla prossima settimana, quando sarà il turno, tra gli altri, dell'ad di Autostrade, Giovanni Castellucci. Gli inquirenti però stanno ascoltando anche persone informate sui fatti. Domani dovrebbe essere il turno di Antonino Galatà, non indagato, ad di Spea engineering, controllata dal gruppo Atlantia-Autostrade, che ha realizzato il progetto per il ponte e aveva il compito di realizzare dossier trimestrali sulla sicurezza. Attraverso dei blitz messi a segno in tutta Italia, gli uomini del primo gruppo della Guardia di finanza, guidati dal colonnello Ivan Bixio, hanno acquisito le copie delle memorie dei cellulari di 15 persone, tra top manager, dirigenti e impiegati di Autostrade e Spea, oltre a diversi documenti. In queste memorie ci sono molte conversazioni in chat, alcune delle quali risalenti alle settimane precedenti il crollo dello scorso 14 agosto, altre immediatamente successive alla tragedia. I pm, guidati dal procuratore di Genova, Francesco Cozzi, hanno intenzione di contestare alcune frasi specifiche agli indagati anche per cercare di contestualizzarle. Nelle prime carte depositate dalla Procura, nelle mani della Verità, c'è anche una comunicazione del comandante della Capitaneria di porto, Nicola Carlone, che lancia un allarme sull'inquinamento e l'operatività dello scalo. A causa dell'interruzione della linea ferroviaria interessata dal crollo, scrive Carlone, «è aumentato notevolmente il traffico di cisterne su ruota, e concretizzando un'indesiderabile maggiore presenza in porto di camion con prodotti infiammabili», che si trovano a «convivere con molteplici traffici collaterali, primo tra tutti quello di autovetture di passeggeri». Non solo: «L'alternativa del traffico a mezzo autobotti stradali», aggiunge Carlone, «compensa parzialmente la richiesta di combustibili a basso tenore di zolfo, necessari alle navi traghetto roro-passeggeri, in servizio di linea anche su destinazioni internazionali. Dette navi devono quindi rifornirsi di combustibili ad alto tenore di zolfo, normalmente destinati solo alle navi mercantili». La Procura, intanto, sta esaminando un nuovo video fornito da Ansaldo Energia. La telecamera ha ripreso il momento del crollo del ponte, immerse però in una «nuvola bianca».
Carlo Tarallo
Calcinacci giù dal viadotto della A24
I tecnici li definiscono «microdistacchi». Ma il ferro, visibile dopo la caduta del calcestruzzo, appare già molto ossidato. Le strade italiane continuano a cadere a pezzi: questa volta l'epicentro è la A24 Roma-Teramo (Strada dei Parchi a gestione Toto), colpita in modo duro dai terremoti, ma anche dalla scarsa manutenzione ordinaria, pur a fronte di un aumento costante dei pedaggi.
Il tratto è quello che attraversa l'Aquila. Il viadotto autostradale interessato è il San Giacomo. I calcinacci, invece, sono finiti sul manto stradale di via Gabriele Rossetti, zona periferica non lontana dallo stadio Fattori. Non ci sono stati feriti. Ma la preoccupazione dei residenti, dopo il crollo del ponte Morandi a Genova, si è amplificata a grande velocità. Sul posto sono intervenute anche pattuglie della polizia stradale e della polizia municipale, per garantire l'ordine pubblico. E la strada è stata chiusa. Cinque unità dei vigili del fuoco sono entrate in azione con un'autoscala per rimuovere da una superficie di 200 metri le parti di copriferro che ancora non si sono staccate, ma che stavano per cedere. Il viadotto autostradale, invece, è rimasto percorribile. I tecnici della società conciessionaria, dopo il primo sopralluogo di ieri mattina, ritengono di non aver rilevato danni strutturali.
Strada dei parchi, sul suo sito, ricorda che sul viadotto da pochi mesi sono terminati i lavori di messa in sicurezza urgente degli appoggi, dopo i terremoti che hanno colpito L'Aquila dal 2009 a oggi. Si tratta di una prima tornata di interventi che la concessionaria ha realizzato su tutti i 197 viadotti di A24 e A25. Sulla seconda parte del progetto di messa in sicurezza straordinaria, invece, «rimane aperto il nodo all'autorizzazione al completamento», precisano dalla concessionaria. Dopo gli interventi sugli appoggi che, secondo Strada dei parchi, ora sono più sicuri, grazie agli interventi «antiscalinamento», che in sostanza non sono altro che il ripristino dei ritegni sismici originari. Ora bisognerebbe intervenire anche sui piloni e sugli impalcati, soprattutto per risolvere il problema del decorticamento del calcestruzzo, ossia dei distacchi provocati dal tempo e soprattutto dall'uso di sale durante i mesi invernali. Ma a causa delle beghe messe sul tavolo del ministero dalla concessionaria (ma anche da una buona fetta di parlamentari del Partito democratico) è tutto fermo.
I vigili del fuoco, che hanno rilevato un degrado strutturale del calcestruzzo che copre i ferri, tra l'altro ossidati, in atto nella parte di sotto del viadotto, hanno segnalato già ieri mattina la situazione alla prefettura e al Comune dell'Aquila. Secondo i vigili del fuoco, tocca ora alla concessionaria effettuare controlli statici con strumenti ad hoc anche sul viadotto. Da Roma fanno sapere che il governo sta valutando un provvedimento normativo per poter finanziare la prosecuzione degli interventi di adeguamento, aggirando l'ostacolo del contenzioso. Ad annunciarlo è stato proprio il ministro Danilo Toninelli, ascoltato ieri alla Camera. Il ministro pentastellato ha spiegato che gli interventi di adeguamento sono ormai «urgenti e improcrastinabili». Da parte ci sarebbe un tesoretto da 192 milioni di euro. Ma bisognerà procedere a una verifica sulle modalità di revisione del rapporto concessorio con Strada dei parchi. «In considerazione delle differenti posizioni manifestate dalla società», spiega il ministro, «si prevede un allungamento dei tempi per l'aggiornamento del piano finanziario».
Fabio Amendolara
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Riduci
Il ministro delle Infrastrutture prepara il decreto per tagliare fuori Atlantia dalla ricostruzione. Se Bruxelles si mette di mezzo, si ripiegherà su una gara ristretta. Nessun passo verso Giovanni Toti e Giovanni Tria sceglie il no comment.Interrogatori: venti dirigenti indagati attesi in Procura a partire da venerdì. Convocati i vertici di Autostrade, ministero, Spea e dei provveditorati regionali.Calcinacci giù dal viadotto della A24. Le strade continuano a perdere i pezzi: blocchi di calcestruzzo sulla Roma-Teramo, vicino all'Aquila. Non ci sono feriti, ma i vigili del fuoco rilevano un degrado strutturale.Lo speciale contiene tre articoli. Una tragedia che hanno visto e seguito in tutta Europa, un'emergenza decisamente eccezionale e un ponte da ricostruire il prima possibile, ovviamente a cura dello Stato. Insomma, il ponte Morandi val bene un'eccezione alle regole europee sugli appalti pubblici e allora venerdì arriverà un «decretone» per Genova, con l'affido diretto della ricostruzione a Fincantieri, quotata in Borsa, ma controllata per il 71% dalla solita Cassa depositi e prestiti. L'annuncio l'ha dato ieri alla Camera Danilo Toninelli, anticipando che ci sono «segnali positivi» dai primi colloqui con Bruxelles. Per il governo di Giuseppe Conte si tratta di derogare platealmente al Codice degli appalti, se non altro per dare un altro schiaffone ad Atlantia e alla famiglia Benetton che vorrebbero essere della partita. E se non sarà semaforo verde per l'affidamento diretto, da Palazzo Chigi si aspettano quantomeno il via libera a una procedura ristretta con la chiamata di due, massimo tre soggetti. Insomma, una cosa veloce.Il ministro delle Infrastrutture ha scoperto le carte in un'audizione alla commissione Ambiente di Montecitorio, ribadendo che Autostrade resta fuori dalla partita della ricostruzione, da cui, anche come immagine, avrebbe sicuri benefici. «Nei prossimi giorni», ha spiegato, «nel Consiglio dei ministri di venerdì, il governo approverà un decreto legge in cui ci saranno importantissime misure per Genova e per i genovesi. L'obiettivo è far ripartire una delle città più importanti del nostro Paese».Venerdì dovrebbe essere dunque approvato un decreto, il cui punto nodale sarà l'affidamento diretto della ricostruzione del ponte Morandi a Fincantieri, guidata dal settantaquattrenne Giuseppe Bono, che scade nel 2019 ma a questo punto ha in tasca, come minimo, la riconferma ai vertici della cantieristica di Stato, dove si è installato nel lontano 2002. In Borsa, Fincantieri ha chiuso piatta (+0,14% sulla vigilia), segno che la maxicommessa è al momento giudicata dal mercato qualcosa di simile al non profit. Sul fronte Atlantia, Piazza Affari ha fatto spallucce e il titolo ha recuperato l'1,36%, forse aiutato anche dalle parole di Giovanni Tria. Il ministro dell'Economia, interrogato dai giornalisti dopo l'audizione del collega Toninelli, se l'è cavata alla Andreotti: «Ho già il problema della nota di aggiornamento al Def e della legge di Bilancio. Aspetto per vedere che succede». Ma certo, intanto, ieri in Parlamento è stata prospettata una sorta di punizione esemplare per Autostrade. E Toninelli l'ha motivata con chiarezza: «Partiremo dalle regole attuali del codice e sulla base dell'eccezionalità potremo affidare direttamente a una società pubblica, pensiamo a Fincantieri, l'appalto per la ricostruzione del ponte». Anche perché, ha aggiunto il ministro, «il crollo del ponte Morandi non è dovuto a tragica casualità, ma a una mancata manutenzione che spettava ad Autostrade per l'Italia». E questa punizione esemplare spazza via anche i progetti di Giovanni Toti, governatore ligure assai attivo sulla vicenda nonostante le sue competenze di legge limitate, insieme all'architetto e senatore a vita Renzo Piano. Agli occhi dei 5 stelle, i due sarebbero un po' il ventre molle delle istituzioni di fronte ad Autostrade e al suo ad, Giovanni Castellucci, ansiosi di rientrare in gioco. Ma Fincantieri, in ogni caso, rischia di dover lavorare chiedendo il «permesso» ad Autostrade, titolare della concessione. E non è un problema da poco. Mentre Toninelli parlava, il governo stava iniziando a trattare a Bruxelles sulla deroga alla gara europea, spingendo molto sul fatto che la tragedia della vigilia di Ferragosto è paragonabile a un'alluvione o a un terremoto, e che Fincantieri è statale. Ieri sera, fonti dell'esecutivo davano per «cautamente positivo» l'esito delle prime discussioni con la Commissione Ue, anche se non escludevano l'arrivo di una controproposta «ragionevole», come una gara a invito di «due o tre massimo general contractor». Già che c'era, anche per rovinare la serata agli altri oligopolisti del casello come il gruppo Gavio, il ministro delle Infrastrutture ha anche minacciato novità sulle concessioni: «Intendo dare un segnale di svolta ben preciso: d'ora in avanti tutti i concessionari saranno vincolati a reinvestire buona parte degli utili nelle manutenzioni, a cominciare da ponti e gallerie». Non solo, ma in attesa delle nuove regole, nei prossimi giorni il ministero convocherà tutti i concessionari, che dovranno presentarsi ognuno con un piano ben preciso di tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e con la previsione dettagliata delle risorse dedicate. Nella sua audizione alla Camera, il ministro di Cremona ha infine calato la pietra tombale su Fs-Anas, «che non staranno più insieme». «Stiamo studiando», ha spiegato Toninelli, «se procedere con una scissione che possa essere fatta internamente alla holding Fs o per decreto. Anas ha un obiettivo d'impresa che non è compatibile con Fs». Insomma, va bene non privatizzare più Ferrovie, come già aveva deciso il centrosinistra dopo i sogni di gloria di Matteo Renzi, ma non si vede perché affossarla con l'Anas. Francesco Bonazzi<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lo-schiaffo-di-toninelli-ai-benetton-sul-ponte-affido-diretto-a-fincantieri-2604053666.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="interrogatori-venti-dirigenti-indagati-attesi-in-procura-a-partire-da-venerdi" data-post-id="2604053666" data-published-at="1765386595" data-use-pagination="False"> Interrogatori: venti dirigenti indagati attesi in Procura a partire da venerdì Inizieranno venerdì gli interrogatori degli indagati per il crollo del ponte Morandi di Genova. Sono venti in tutto, tra vertici di Autostrade per l'Italia, dirigenti del ministero delle Infrastrutture, dipendenti di Spea engineering e dirigenti del provveditorato alle opere pubbliche di Liguria, Piemonte e Val d'Aosta, ai quali si aggiunge la stessa società Autostrade. I primi a essere interrogati, a quanto risulta alla Verità, saranno gli ingegneri Giuseppe Sisca, Mario Servetto e Antonio Brencich, che facevano parte del comitato tecnico del provveditorato che esaminò il progetto di retrofitting del ponte (Brencich in una prima fase fu anche inserito nella commissione d'inchiesta sul crollo del ministero, ma si è dimesso pochi giorni dopo); sarà interrogato anche il provveditore, Roberto Ferrazza (pure lui ex membro della commissione ministeriale), e il collega Salvatore Buonaccorso, relatori anche loro del progetto. Gli altri indagati inizieranno a sfilare in Procura dalla prossima settimana, quando sarà il turno, tra gli altri, dell'ad di Autostrade, Giovanni Castellucci. Gli inquirenti però stanno ascoltando anche persone informate sui fatti. Domani dovrebbe essere il turno di Antonino Galatà, non indagato, ad di Spea engineering, controllata dal gruppo Atlantia-Autostrade, che ha realizzato il progetto per il ponte e aveva il compito di realizzare dossier trimestrali sulla sicurezza. Attraverso dei blitz messi a segno in tutta Italia, gli uomini del primo gruppo della Guardia di finanza, guidati dal colonnello Ivan Bixio, hanno acquisito le copie delle memorie dei cellulari di 15 persone, tra top manager, dirigenti e impiegati di Autostrade e Spea, oltre a diversi documenti. In queste memorie ci sono molte conversazioni in chat, alcune delle quali risalenti alle settimane precedenti il crollo dello scorso 14 agosto, altre immediatamente successive alla tragedia. I pm, guidati dal procuratore di Genova, Francesco Cozzi, hanno intenzione di contestare alcune frasi specifiche agli indagati anche per cercare di contestualizzarle. Nelle prime carte depositate dalla Procura, nelle mani della Verità, c'è anche una comunicazione del comandante della Capitaneria di porto, Nicola Carlone, che lancia un allarme sull'inquinamento e l'operatività dello scalo. A causa dell'interruzione della linea ferroviaria interessata dal crollo, scrive Carlone, «è aumentato notevolmente il traffico di cisterne su ruota, e concretizzando un'indesiderabile maggiore presenza in porto di camion con prodotti infiammabili», che si trovano a «convivere con molteplici traffici collaterali, primo tra tutti quello di autovetture di passeggeri». Non solo: «L'alternativa del traffico a mezzo autobotti stradali», aggiunge Carlone, «compensa parzialmente la richiesta di combustibili a basso tenore di zolfo, necessari alle navi traghetto roro-passeggeri, in servizio di linea anche su destinazioni internazionali. Dette navi devono quindi rifornirsi di combustibili ad alto tenore di zolfo, normalmente destinati solo alle navi mercantili». La Procura, intanto, sta esaminando un nuovo video fornito da Ansaldo Energia. La telecamera ha ripreso il momento del crollo del ponte, immerse però in una «nuvola bianca». Carlo Tarallo <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lo-schiaffo-di-toninelli-ai-benetton-sul-ponte-affido-diretto-a-fincantieri-2604053666.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="calcinacci-giu-dal-viadotto-della-a24" data-post-id="2604053666" data-published-at="1765386595" data-use-pagination="False"> Calcinacci giù dal viadotto della A24 I tecnici li definiscono «microdistacchi». Ma il ferro, visibile dopo la caduta del calcestruzzo, appare già molto ossidato. Le strade italiane continuano a cadere a pezzi: questa volta l'epicentro è la A24 Roma-Teramo (Strada dei Parchi a gestione Toto), colpita in modo duro dai terremoti, ma anche dalla scarsa manutenzione ordinaria, pur a fronte di un aumento costante dei pedaggi. Il tratto è quello che attraversa l'Aquila. Il viadotto autostradale interessato è il San Giacomo. I calcinacci, invece, sono finiti sul manto stradale di via Gabriele Rossetti, zona periferica non lontana dallo stadio Fattori. Non ci sono stati feriti. Ma la preoccupazione dei residenti, dopo il crollo del ponte Morandi a Genova, si è amplificata a grande velocità. Sul posto sono intervenute anche pattuglie della polizia stradale e della polizia municipale, per garantire l'ordine pubblico. E la strada è stata chiusa. Cinque unità dei vigili del fuoco sono entrate in azione con un'autoscala per rimuovere da una superficie di 200 metri le parti di copriferro che ancora non si sono staccate, ma che stavano per cedere. Il viadotto autostradale, invece, è rimasto percorribile. I tecnici della società conciessionaria, dopo il primo sopralluogo di ieri mattina, ritengono di non aver rilevato danni strutturali. Strada dei parchi, sul suo sito, ricorda che sul viadotto da pochi mesi sono terminati i lavori di messa in sicurezza urgente degli appoggi, dopo i terremoti che hanno colpito L'Aquila dal 2009 a oggi. Si tratta di una prima tornata di interventi che la concessionaria ha realizzato su tutti i 197 viadotti di A24 e A25. Sulla seconda parte del progetto di messa in sicurezza straordinaria, invece, «rimane aperto il nodo all'autorizzazione al completamento», precisano dalla concessionaria. Dopo gli interventi sugli appoggi che, secondo Strada dei parchi, ora sono più sicuri, grazie agli interventi «antiscalinamento», che in sostanza non sono altro che il ripristino dei ritegni sismici originari. Ora bisognerebbe intervenire anche sui piloni e sugli impalcati, soprattutto per risolvere il problema del decorticamento del calcestruzzo, ossia dei distacchi provocati dal tempo e soprattutto dall'uso di sale durante i mesi invernali. Ma a causa delle beghe messe sul tavolo del ministero dalla concessionaria (ma anche da una buona fetta di parlamentari del Partito democratico) è tutto fermo. I vigili del fuoco, che hanno rilevato un degrado strutturale del calcestruzzo che copre i ferri, tra l'altro ossidati, in atto nella parte di sotto del viadotto, hanno segnalato già ieri mattina la situazione alla prefettura e al Comune dell'Aquila. Secondo i vigili del fuoco, tocca ora alla concessionaria effettuare controlli statici con strumenti ad hoc anche sul viadotto. Da Roma fanno sapere che il governo sta valutando un provvedimento normativo per poter finanziare la prosecuzione degli interventi di adeguamento, aggirando l'ostacolo del contenzioso. Ad annunciarlo è stato proprio il ministro Danilo Toninelli, ascoltato ieri alla Camera. Il ministro pentastellato ha spiegato che gli interventi di adeguamento sono ormai «urgenti e improcrastinabili». Da parte ci sarebbe un tesoretto da 192 milioni di euro. Ma bisognerà procedere a una verifica sulle modalità di revisione del rapporto concessorio con Strada dei parchi. «In considerazione delle differenti posizioni manifestate dalla società», spiega il ministro, «si prevede un allungamento dei tempi per l'aggiornamento del piano finanziario». Fabio Amendolara
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Attualmente gli Stati Uniti mantengono 84.000 militari in Europa, dislocati in circa cinquanta basi. I principali snodi si trovano in Germania, Italia e Regno Unito, mentre la Francia non ospita alcuna base americana permanente. Il quartier generale del comando statunitense in Europa è situato a Stoccarda, da dove viene coordinata una forza che, secondo un rapporto del Congresso, risulta «strettamente integrata nelle attività e negli obiettivi della Nato».
Sul piano strategico-nucleare, sei basi Nato, distribuite in cinque Paesi membri – Belgio, Germania, Italia, Paesi Bassi e Turchia – custodiscono circa 100 ordigni nucleari statunitensi. Si tratta delle bombe tattiche B61, concepite esclusivamente per l’impiego da parte di bombardieri o caccia americani o alleati certificati. Dalla sua istituzione nel 1949, con il Trattato di Washington, la Nato è stata il perno della sicurezza americana in Europa, come ricorda il Center for Strategic and International Studies. L’articolo 5 garantisce che un attacco contro uno solo dei membri venga considerato un’aggressione contro tutti, estendendo di fatto l’ombrello militare statunitense all’intero continente.
Questo impianto, rimasto sostanzialmente invariato dalla fine della Seconda guerra mondiale, oggi appare messo in discussione. Il discorso del vicepresidente J.D. Vance alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, i segnali di dialogo tra Donald Trump e Vladimir Putin sull’Ucraina e la diffusione di una dottrina strategica definita «aggressiva» da più capitali europee hanno alimentato il timore di un possibile ridimensionamento dell’impegno americano.
Sul fronte finanziario, Washington ha alzato ulteriormente l’asticella chiedendo agli alleati di destinare il 5% del Pil alla difesa. Un obiettivo giudicato irrealistico nel breve termine dalla maggior parte degli Stati membri. Nel 2014, solo tre Paesi – Stati Uniti, Regno Unito e Grecia – avevano raggiunto la soglia minima del 2%. Oggi 23 Paesi Nato superano quel livello, e 16 di essi lo hanno fatto soltanto dopo il 2022, sotto la spinta del conflitto ucraino. La guerra in Ucraina resta infatti il contesto determinante. La Russia controlla quasi il 20% del territorio ucraino. Già dopo l’annessione della Crimea nel 2014, la Nato aveva rafforzato il fianco orientale schierando quattro gruppi di battaglia nei Paesi baltici (Estonia, Lettonia, Lituania) e in Polonia. Dopo il 24 febbraio 2022, altri quattro battlegroup sono stati dispiegati in Bulgaria, Ungheria, Romania e Slovacchia.
Queste forze contano complessivamente circa 10.000 soldati, tra cui 770 militari francesi – 550 in Romania e 220 in Estonia – e si aggiungono al vasto sistema di basi navali, aeree e terrestri già presenti sul continente. Nonostante questi numeri, la capacità reale dell’Europa rimane limitata. Come osserva Camille Grand, ex vicesegretario generale della Nato, molti eserciti europei, protetti per decenni dall’ombrello americano e frenati da bilanci contenuti, si sono trasformati in «eserciti bonsai»: strutture ridotte, con capacità parziali ma prive di profondità operativa. I dati confermano il quadro: 12 Paesi europei non dispongono di carri armati, mentre 14 Stati non possiedono aerei da combattimento. In molti casi, i mezzi disponibili non sono sufficientemente moderni o pronti all’impiego.
La dipendenza diventa totale nelle capacità strategiche. Intelligence, sorveglianza e ricognizione, così come droni, satelliti, aerei da rifornimento e da trasporto, restano largamente insufficienti senza il supporto statunitense. L’operazione francese in Mali nel 2013 richiese l’intervento di aerei americani per il rifornimento in volo, mentre durante la guerra in Libia nel 2011 le scorte di bombe a guida laser si esaurirono rapidamente. Secondo le stime del Bruegel Institute, riprese da Le Figaro, per garantire una sicurezza credibile senza l’appoggio degli Stati Uniti l’Europa dovrebbe investire almeno 250 miliardi di euro all’anno. Una cifra che fotografa con precisione il divario accumulato e pone una domanda politica inevitabile: il Vecchio Continente è disposto a sostenere un simile sforzo, o continuerà ad affidare la propria difesa a un alleato sempre meno disposto a farsene carico?
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Riduci
(Totaleu)
Lo ha detto il Ministro per gli Affari europei in un’intervista margine degli Ecr Study Days a Roma.
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Ed è quel che ha pensato il gran capo della Fifa, l’imbarazzante Infantino, dopo aver intestato a Trump un neonato riconoscimento Fifa. Solo che stavolta lo show diventa un caso diplomatico e rischia di diventare imbarazzante e difficile da gestire perché, come dicevamo, la partita celebrativa dell’orgoglio Lgbtq+ sarà Egitto contro Iran, due Paesi dove gay, lesbiche e trans finiscono in carcere o addirittura condannate a morte.
Ora, delle due l’una: o censuri chi non si adegua a certe regole oppure imporre le proprie regole diventa ingerenza negli affari altrui. E non si può. Com’è noto il match del 26 giugno a Seattle, una delle città in cui la cultura Lgbtq+ è più radicata, era stata scelto da tempo come pride match, visto che si giocherà di venerdì, alle porte del nel weekend dell’orgoglio gay. Diciamo che la sorte ha deciso di farsi beffa di Infantino e del politically correct. Infatti le due nazioni hanno immediatamente protestato: che c’entriamo noi con queste convenzioni occidentali? Del resto la protesta ha un senso: se nessuno boicotta gli Stati dove l’omosessualità è reato, perché poi dovrebbero partecipare ad un rito occidentale? Per loro la scelta è «inappropriata e politicamente connotata». Così Iran ed Egitto hanno presentato un’obiezione formale, tant’è che Mehdi Taj, presidente della Federcalcio iraniana, ha spiegato la posizione del governo iraniano e della sua federazione: «Sia noi che l’Egitto abbiamo protestato. È stata una decisione irragionevole che sembrava favorire un gruppo particolare. Affronteremo sicuramente la questione». Se le Federcalcio di Iran ed Egitto non hanno intenzione di cedere a una pressione internazionale che ingerisce negli affari interni, nemmeno la Fifa ha intenzione di fare marcia indietro. Secondo Eric Wahl, membro del Pride match advisory committee, «La partita Egitto-Iran a Seattle in giugno capita proprio come pride match, e credo che sia un bene, in realtà. Persone Lgbtq+ esistono ovunque. Qui a Seattle tutti sono liberi di essere se stessi». Certo, lì a Seattle sarà così ma il rischio che la Fifa non considera è quello di esporre gli atleti egiziani e soprattutto iraniani a ritorsioni interne. Andremo al Var? Meglio di no, perché altrimenti dovremmo rivedere certi errori macroscopici su altri diritti dei quali nessun pride si era occupato organizzando partite ad hoc. Per esempio sui diritti dei lavoratori; eppure non pochi operai nei cantieri degli stadi ci hanno lasciato le penne. Ma evidentemente la fretta di rispettare i tempi di consegna fa chiudere entrambi gli occhi. Oppure degli operai non importa nulla. E qui tutto il mondo è Paese.
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Riduci