2020-05-17
Lo schiaffo di Parigi alla strategia di Conte. «Non useremo il Fondo salvastati»
Il premier vorrebbe accedere al Mes, ma sperava che la Francia facesse il primo passo. Da Oltralpe, però, arriva la smentita.Tra i pericoli del Meccanismo di stabilità c'è quello di veder declassati i titoli di StatoLo speciale contiene due articoliIl Mes è morto, i pochi spiccioli del Sure e della Bei è come se lo fossero, ed anche il Recovery Fund non si sente molto bene. I prestiti del Sure agli Stati e della Bei alle imprese attendono che si costituisca il fondo di garanzia per poter essere operativi. Per l'Italia si tratta di prestare circa 3 miliardi di garanzie a favore del Sure e circa 5 miliardi a favore della Bei. Niente male come salasso iniziale per il nostro Paese.La morte del Mes sembrava essere stata già decretata, nei giorni scorsi, dalla micidiale sequenza di dichiarazioni di alcuni membri dei governi spagnolo, portoghese e greco. Ieri sul quotidiano La Repubblica faceva bella mostra di sé un retroscena secondo cui «Palazzo Chigi si contempla una sola possibilità per ricorrere al Mes: che almeno un altro dei Paesi fondatori dell'Ue ne faccia richiesta. Un identikit che in questa fase si attaglia solo alla Francia. Se Parigi dovesse attivarlo, anche l'Italia potrebbe farlo senza rischiare di essere iscritta nell'elenco dei “cattivi"». Peccato che, quasi in contemporanea, il ministro dell'Economia francese, Bruno Le Maire, si fosse affrettato a dichiarare alla stampa che la Francia, avendo tassi negativi sui titoli di Stato decennali, non aveva alcuna intenzione di ricorrere al Mes. A questo punto, bisogna riconoscere al presidente Giuseppe Conte una certa dose di sfortuna. Appena si azzarda ad attribuire a qualche Stato la volontà di fare ricorso al Mes, puntuale giunge la smentita. Del resto, lo immaginate un ministro della République Française firmare una richiesta di prestito su cui c'è scritto che la stabilità finanziaria del suo Paese è a rischio? Sarà un caso che sia Spagna che Portogallo hanno già rimborsato in anticipo parte dei prestiti ricevuti? La prima 17 miliardi su 41, il secondo 2 miliardi su 26.Il lontano martedì 17 marzo fummo i primi a raccogliere le indiscrezioni del Financial Times, relative al lavoro sottotraccia degli uomini del ministro Roberto Gualtieri, finalizzato a rendere disponibile il Mes. Oggi ritorna la domanda che ci ponemmo in quei giorni. Se, come peraltro ha sempre sostenuto Conte, quello strumento non serve a noi, e non serve nemmeno a nessun altro Paese dell'eurozona, allora per chi hanno lavorato Gualtieri e i suoi uomini, e sulla base di quale mandato? Al termine dell'Eurogruppo di venerdì, le parole del presidente Mario Centeno, combinate con quelle del direttore generale Klaus Regling, rivelano che la cassetta degli attrezzi dell'Ue contiene solo uno strumento che, di fatto, non vuole nessuno.Regling, di fronte all'osservazione che nemmeno la Grecia pare voglia accedere al Mes, si è trincerato sul distinguo tra disponibilità e utilizzo. A lui interessa che il Mes sia disponibile, non che qualcuno lo usi. Inoltre chiederne l'accesso, non significa utilizzarlo. Strana logica. Come se al mercato fosse sufficiente esporre la merce, non venderla.Centeno ha ripetuto ormai stancamente la litania della triplice rete di sicurezza, un artificio verbale che la dice tutta sull'assenza di soluzioni operative. Hanno solo reti di sicurezza, e pure bucate o irte di chiodi. Sul Recovery Fund, Centeno continua a usare termini generici per le sue caratteristiche (temporaneo, mirato, e di adeguata dimensione) senza aggiungere nulla a quanto già sappiamo. Tranne constatare che la Commissione, che avrebbe dovuto presentare il piano entro il 6 maggio, dovrebbe essere pronta solo per la fine del mese. Giova sottolineare che, per Conte, questo fondo dovrebbe essere il fiore all'occhiello per far digerire ai riottosi parlamentari del M5s anche un eventuale ricorso al Mes. Il famoso pacchetto. Centeno - parlando di «condivisione di ulteriori risorse» e di uso del fondo «come opportunità per accelerare la modernizzazione delle nostre economie, in particolare la transizione verso una economia digitale e sensibile all'ambiente», nonché «riprendere il processo delle riforme» - rischia di deludere profondamente le attese del governo italiano. Infatti, l'articolo 122 del Tfue, su cui si base anche il fondo Sure, è l'unico strumento previsto dai Trattati per aiutarsi l'un l'altro in Europa. Ma, lì si parla di «assistenza finanziaria», quindi prestiti e non di sussidi o sovvenzioni. Questi ultimi possono solo arrivare dal bilancio Ue, di cui - non ci stancheremo mai di ripeterlo - siamo i terzi contributori netti. Un significativo effetto macroeconomico per l'Italia non dovrebbe essere inferiore al 2-3% del Pil, circa 50 miliardi. In ogni caso sarebbero sottoposti a condizioni per il loro impiego. Qualcuno è disposto a credere che il prossimo bilancio Ue ci veda beneficiari netti per quella somma, dopo essere stati contribuenti netti per 37 miliardi nell'ultimo settennio?Il Mes potrebbe essere utile al nostro Paese in un solo caso: liquidandolo. Come azionisti al 17,7% torneremmo in possesso di circa 14,7 miliardi e ci faremmo carico pro-quota anche dei suoi crediti e debiti che sostanzialmente si equivalgono e si autofinanziano.Sarebbe il caso di fare presto.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lo-schiaffo-di-parigi-alla-strategia-di-conte-non-useremo-il-fondo-salvastati-2646015561.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="cosi-giuseppi-e-gualtieri-rischiano-di-mandare-a-monte-lasta-dei-btp" data-post-id="2646015561" data-published-at="1589651771" data-use-pagination="False"> Così Giuseppi e Gualtieri rischiano di mandare a monte l’asta dei Btp «Con la presente inoltro la richiesta di supporto nel rispetto dell'articolo 13 (1) del trattato istitutivo del Mes in considerazione del rischio di stabilità finanziaria dell'Italia…». Queste saranno le esatte parole che Giuseppi dovrebbe teoricamente scrivere qualora decidesse chiedere il supporto del Mes. Il tutto mentre è in programma una nuova emissione di Btp Italia fra il 18 e il 21 maggio. Un'operazione che parte con i migliori auspici. Nessuna commissione di collocamento e un rendimento al netto dell'inflazione pari all'1,4%, che salirà a quasi l'1,6% qualora il titolo fosse detenuto fino a scadenza dei cinque anni. Il debito Italia piace, perché i fondamentali sono ancora buoni sebbene le previsioni sul crollo dell'economia per il 2020 siano ormai in doppia cifra. In tal senso, la consapevolezza che prima della scadenza ci sarà un nuovo governo, unita alla matematica certezza che non potrà essere peggiore dell'attuale, costituiscono paradossali fattori di attrazione per gli investitori. Del resto, nei primi quattro mesi del 2020 sono state collocate in asta emissioni di Bot, Cct e Btp per 140 miliardi. La domanda è stata superiore del 60%, senza considerare i collocamenti privati di aprile di Btp con scadenza a 5 e 30 anni riservati a investitori istituzionali per circa 16 miliardi, la cui richiesta èstata addirittura pari a quasi sette volte tanto. Non potrebbe infatti essere altrimenti, dal momento che il bilancio aggregato delle quattro più importanti banche centrali del pianeta (Eurozona, Usa, Regno Unito e Giappone) è previsto arrivare al 30% del Pil contro il circa 20% di fine 2019. Un fiume di liquidità che non aspetta altro che essere impiegato. Infine, lo scorso 18 marzo la Bce ha varato il cosiddetto Pepp per un importo pari a 750 miliardi di euro con cui acquistare titoli di Stato in tutto il 2020, in aggiunta a tutti i programmi di acquisto già in essere che hanno consentito alla Bce di arrivare a un portafoglio di circa 2.800 miliardi, principalmente costituito da bond sovrani: il «paniere» messo in discussione dalla Corte di Karlsruhe. La quota del Pepp riservata al nostro Paese arriva a circa 103 miliardi, avendo la Banca d'Italia una quota pari a quasi il 13,8% del capitale della Bce. Si consideri poi che nei mesi di marzo e aprile 2020 gli investimenti in Btp dell'Eurotower sono stati pari a quasi 23 miliardi. Quindi la Bce può ancora acquistare almeno 80 miliardi di debito italiano. A conti fatti, Conte e Gualtieri avranno al termine dell'operazione una responsabilità morale in più il cui peso forse pure loro riusciranno ad avvertire. Chiedendo infatti l'intervento del Fondo salvastati, il cui credito sarebbe privilegiato nel rimborso di capitale e interessi in caso di default, trasformerebbe gli oltre duemila miliardi di Bot, Btp e Cct attualmente in circolazione in titoli subordinati e quindi intrinsecamente più rischiosi. Ne risentirebbe negativamente il loro prezzo, nonché il rendimento delle future emissioni, senza considerare le naturali conseguenze legali cui questo governo non potrebbe naturalmente sottrarsi. Come può essere immaginabile infatti che il Tesoro da una parte pubblicizzi l'intrinseca bontà del Btp Italia mentre dall'altra il premier firma una richiesta di soccorso finanziario motivata da inspiegabili rischi di instabilità? Il tutto mentre l'Italia ha praticamente in Bce un fido non ancora utilizzato di 80 miliardi a costo quasi zero, visto che oltre l'80% degli acquisti farebbe capo alla Banca d'Italia che quindi rigirerebbe gli interessi incassati sotto forma di dividendo al Tesoro? Vedremmo la più incredibile e ingiustificata tonnara finanziaria di cui Giuseppi e Gualtieri sarebbero i primi responsabili. Auguri.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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