2019-05-21
Lo Juncker pride sui disastri europei è la migliore campagna per i populisti
Il presidente della Commissione, in una lettera, dimentica la stagnazione economica, il collasso greco, l'assenza di qualunque riforma, l'immigrazione, la Brexit. Ma sbandiera i successi: il roaming continentale.Annunciato ieri in prima pagina, solennemente, sotto il titolo «Batteremo i populisti con i fatti» (qualcuno si è perfidamente chiesto sui social network se l'ultima parola fosse un sostantivo o un participio passato), è sceso in campo con un memorabile intervento su La Stampa Jean-Claude Juncker. «Proprio lui», direbbe il grande Sandro Piccinini. «Ancora lui», farebbero eco i telecronisti Sky. Sì, l'uomo della «sciatica», la prova vivente del caos al vertice dell'Ue, il politico che nessun elettore europeo ha mai votato per quell'incarico, il gaffeur professionale, il personaggio noto per gli schiaffi rifilati ai colleghi maschi e le manone sulla testa delle colleghe femmine, il terrore degli steward costretti in tutta Europa a sorreggerlo mentre barcolla & ride (percorso di andata) o mentre ride & barcolla (percorso di ritorno), ha deciso che non poteva far mancare la sua voce a sei giorni dal voto europeo del 26 maggio. Così, anziché nascondersi dietro un animale a pelo lungo per mimetizzarsi e far perdere le sue tracce, il lussemburghese si è precipitato per l'ultima volta sul campo di battaglia, e, novello Enrico Toti, ha scagliato la stampella contro il nemico. Delle due l'una: o siamo davanti a un gesto a suo modo eroico, di chi offre il petto a sarcasmi e battute di ogni tipo, oppure si tratta di un test per verificare se per caso ci siamo tutti assuefatti, se siamo ormai disposti ad accettare qualunque capovolgimento della realtà. Si esce da cinque anni in cui i partiti eurolirici (Pse e Ppe, con il concorso esterno di Alde e Verdi), disponevano di una maggioranza enorme e irripetibile in tutte le istituzioni Ue: nel Parlamento, nel Consiglio, e nella Commissione, al cui vertice continua a sedere proprio Juncker. E che hanno fatto di questo immenso potere? Un disastro totale. Hanno ridotto un continente alla stagnazione economica, dicendo pervicacemente no a robusti tagli di tasse e aumenti degli investimenti, e votandosi invece all'austerità, recitando in modo dogmatico il catechismo dei parametri Ue. Risultato? L'Europa è, tra quelli sviluppati, il continente che - per distacco - cresce meno. Hanno schiantato la Grecia: su 100 euro teoricamente destinati ad Atene, 95 sono andati alle banche creditrici (tedesche e francesi, causalmente), e 5 ai cittadini greci. Coi quali - a babbo morto - Juncker si è scusato: della serie, prima ti spezzo le gambe e poi ti chiedo se ti ho fatto male. Non hanno prodotto alcuna riforma istituzionale, nessun riassetto dell'Ue. Hanno subìto e aggravato l'ondata migratoria, lasciando sola l'Italia e facendo del Mediterraneo un cimitero. Sono riusciti nel capolavoro di perdere la Gran Bretagna (primo Paese per difesa, secondo per economia): e, anziché dolersi per questa mutilazione, hanno festeggiato l'uscita dell'Uk, con tanto di insulti agli elettori britannici. Forte di questo «record», Juncker ha preso carta e penna per raccontarci invece che tutto va bene, che viviamo nel migliore dei mondi possibili, e - per inciso - che lui è sobrio ed è pure un gran figo. Bisogna votare, quindi: «per qualcuno pronto a scendere in campo contro i cambiamenti climatici» e «ripulire gli oceani dalla plastica» (traduzione: voto gretino), per «qualcuno che difenda gli europei in un mondo in cui potenze vecchie e nuove hanno deciso di agire da sole» (traduzione: voto anti Donald Trump). E ancora, sfidando la pazienza e lo spirito non-violento degli elettori: perché «l'Europa è al vostro servizio, non viceversa». Segue una specie di Juncker-pride, una parata dell'orgoglio del lussemburghese. Tenetevi forte: «Abbiamo una guardia di frontiera europea», «possiamo usufruire del roaming a tariffa nazionale», «possiamo accedere a contenuti in streaming con i nostri abbonamenti anche quando ci troviamo in un altro Stato». Roba grossa, insomma. E poi i trionfi assoluti, meglio della Champions League: «Siamo riusciti ad assicurare la permanenza della Grecia nell'euro», e «abbiamo ridotto del 90% gli sbarchi irregolari sulle nostre coste» (tra un brindisi e l'altro, dev'essere stato lui, ci fa sapere). Con sfoggio di umiltà, il lussemburghese annota: «Possiamo sempre fare di più e meglio». E si aspetterebbe forse complimenti, applausi, ringraziamenti. Ci spiega anche quello che pensiamo: «L'opinione pubblica non è mai stata così positiva da 27 anni a questa parte sull'Ue». Non siete contenti? Ci dice che siamo contenti…Ma il cuore della lettera è un grande classico: la colpevolizzazione degli elettori. Stavolta, perché questi birbaccioni potrebbero astenersi: «Il voto europeo è pervaso da una grande apatia degli elettori», ammonisce Juncker. E questo - ecco il grido di dolore - andrebbe a vantaggio dei populisti, che invece occorre «sconfiggere colpendoli nei punti deboli». Dev'essere questa la ragione della sua lettera: scuotere gli ultimi incerti. E in fondo c'è da credere che davvero l'epistola di Juncker possa convincere gli indecisi a fare qualcosa: a votare per i populisti.
(Ansa)
Il ministro Guido Crosetto in occasione dell'82°anniversario della difesa di Roma: «A me interessa che gli aiuti a Gaza possano arrivare, le medicine possano arrivare, la vita normale possa riprendere». Nonostante tutto, Crosetto ha ben chiaro come le due guerre più grandi - quella Ucraina e quella a Gaza - possano cessare rapidamente. «Io penso che la decisione di terminare i due conflitti sia nelle mani di due uomini: Putin e Netanyahu».