2022-07-27
        ll Mose bis pagato col Pnrr è già un caso
    
 
        Enrico Giovannini (Imagoeconomica)
Va deserta la gara per i lavori di costruzione della diga foranea del porto di Genova: le imprese stimano che serviranno molto più dei 900 milioni previsti. Inoltre i tempi potrebbero triplicarsi e non mancano dubbi sulla stessa fattibilità dell’opera.«Queste meravigliose opere danno l’idea di contemporaneità al lavoro del ministero, nel momento in cui siamo impegnati con il Pnrr che mette a disposizione del Paese nuove infrastrutture e servizi», aveva detto il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, lo scorso 9 giugno brindando anche alla diga foranea del porto di Genova, l’opera marittima finanziata per la prima parte con 900 milioni di euro di fondi pubblici statali ed europei. Parliamo di uno dei progetti più consistenti del Recovery italiano - in termini di dimensioni e investimento - che dovrebbe servire per accogliere navi più grandi e raggiungere i volumi di traffico container dei porti del Nord. Il problema è che venti giorni dopo quelle dichiarazioni del ministro la gara per l’aggiudicazione dei lavori è andata deserta. E ora Giovannini rischia di lasciare in eredità un Mose 2. A poche ore dalla scadenza dei termini per presentare l’offerta per l’appalto integrato, infatti, la cordata composta da WeBuild, Fincantieri, Fincosit e Sidra si è sfilata. Con una lettera inviata al presidente dell’Autorità di sistema portuale nonché commissario straordinario per la realizzazione dell’opera, Paolo Emilio Signorini, il consorzio avrebbe spiegato che non ci sono le condizioni per presentare un’offerta secondo i termini di gara. E anche l’altra cordata di cui farebbero parte il consorzio Eteria (Gavio-Caltagirone) Rcm e Acciona avrebbe fatto lo stesso. Il nodo, di cui si discute da settimane, sono gli extracosti: la presidente nazionale dell’Ance Federica Brancaccio aveva scritto a Signorini l’8 giugno spiegando che l’importo base di gara era sottostimato rispetto ai costi per l’esecuzione in mare aperto dei lavori, ma anche per l’aumento delle materie prime e i tempi stretti per la costruzione e proprio per questo aveva ventilato il rischio che la procedura andasse deserta. Giovannini aveva replicato che eventuali extracosti si sarebbero potuti assorbire. Le imprese, che sono state nuovamente invitate a presentare le loro proposte entro ieri, chiedono però di rivedere le condizioni anche per le incognite economiche e operative di un’opera lunga quattro chilometri. Il ministero guidato da Giovannini è responsabile per i finanziamenti (che evidentemente non bastano) ma anche di una supervisione tecnica. Ed ecco l’altro, grosso, problema: secondo gli esperti il progetto della diga validato dal Mims non sta in piedi. La voce più critica e autorevole è quella dell’ingegnere idraulico e marittimo Piero Silva, con esperienza di oltre quarant’anni ed ex direttore tecnico per conto di Rina Consulting, aggiudicataria dell’appalto da 19 milioni di euro per il Pmc (Project Management Consulting) dei lavori. Ex perché ad aprile Silva si è dimesso «per evidenti ragioni etico-deontologiche» dall’incarico di supervisore del procedimento di progettazione e realizzazione dell’opera, architrave del Pnrr riguardo le opere marittime, quotata circa un miliardo di euro. In una relazione di 32 pagine l’ingegnere ha spiegato tutti i suoi dubbi. Per Silva la diga di Genova proposta è un’opera faraonica fuori da ogni standard mondiale di profondità/ lunghezza (fino a 50 metri e 4.400 metri), e costerà molto di più (minimo 1,7 miliardi) con tempi dei lavori molto più lunghi (minimo 15 anni) di quelli annunciati. Tali costi e tempi sono però del tutto teorici, perché l’opera non si ritiene fattibile. Va a una profondità di 50 metri, «cosa di per sé già eccezionale per una struttura convenzionale come quella proposta», ma soprattutto «poggia su uno strato di limo argilloso spesso tra i 10 e i 15 metri che non è adeguato alle fondazioni», «che non è possibile consolidare a tali profondità» e che la mette «a rischio di collasso geotecnico». Silva sottolinea poi con tanto di grafici «l’importanza dei volumi di rocce da cava necessari per creare l’imbasamento, nonché la logistica per il loro trasporto e versamento in sito». Tutte difficoltà che portano alla previsione di dover impiegare «ottimisticamente 1.700 milioni di euro (e non i 950 previsti) e 132 mesi (e non 60)», anche se «più realisticamente, tenendo conto che è in pratica impossibile che tutto fili liscio per la totalità del cantiere in un progetto di tali dimensioni, ritengo che - posto e non concesso che il consolidamento geotecnico si riveli fattibile - ci vorranno almeno 2 miliardi di euro e 15 anni di lavori». In sintesi: la nuova diga verrebbe a costare più del doppio e i lavori durerebbero tre volte più del previsto, ben oltre il 2026, termine ultimo della messa in esercizio delle opere previste nel Pnrr. Silva propone un progetto alternativo di una diga entro i 30 metri di profondità che eliminerebbe il pericolo di collasso, ma Comune e Authority l’hanno già rispedito al mittente.Lunedì scorso, intanto, Giovannini è tornato a Genova in visita a Fincantieri e ha sottolineato come sia «importante vedere l’intera foresta e non guardare il singolo albero, anche se, naturalmente, la diga di Genova è un’opera iconica e assolutamente fondamentale». Quanto al presidente di Regione Liguria, Giovanni Toti, parla di «sensazioni positive» aggiungendo che, comunque, «una cifra attorno ai 200 milioni in sei anni non ci preoccupa come coprirla. Volendo anche la stessa autorità portuale potrebbe avere la possibilità di farlo in proprio, magari allungando i mutui».
        Leonardo Apache La Russa (Ansa)
    
Nessuna violenza sessuale, ma un rapporto consenziente». È stata archiviata l’indagine a carico di Leonardo Apache La Russa e l’amico Tommaso Gilardoni, entrambi 24enni, accusati di violenza sessuale da una di ventiduenne (ex compagna di scuola di La Russa jr e che si era risvegliata a casa sua).
        Nel riquadro, Howard Thomas Brady (IStock)