2023-07-01
L’Italia non molla, finalmente
Giorgia Meloni (Imagoeconomica)
La discussione sul Mes rinviata di quattro mesi. L’approvazione diventa arma di trattativa su Patto di stabilità e unione bancaria. Prosegue pure il confronto con Bruxelles sul Pnrr. Questione migranti: passa il principio dei confini comuni e arrivano fondi anche per la Tunisia. Ma Polonia e Ungheria s’oppongono alla ridistribuzione.Lo dice quasi sussurrando, e le parole appena accennate rivelano una buona dose di sconforto. Esponente della sinistra storica, abituato a grandi battaglie in piazza e in Parlamento, negli ultimi trent’anni ne ha viste di tutti i colori, ma certo mai avrebbe immaginato di dover imbracciare la bandiera di un meccanismo di salvaguardia della grande finanza. «Ma ti pare possibile che tocchi a noi difendere il Mes mentre Giorgia Meloni fa campagna elettorale contro lo strumento tanto caro alle banche tedesche? Ti sembra normale che noi si prenda le parti della presidente della Bce? Poi si domandano come mai noi perdiamo voti e la destra li guadagna». Difficile dargli torto. Mentre gli italiani sono preoccupati perché la rata del loro mutuo si fa sempre più salata, il presidente del Consiglio e i suoi ministri attaccano Christine Lagarde per la nonchalance con cui annuncia aumenti dei tassi ignorandone gli effetti. E la sinistra dal canto suo che fa? Se la prende con Giorgia Meloni, rea di alzare la voce contro gli gnomi di Francoforte e le politiche anti-inflazione che rischiano di farci precipitare in recessione. Sì, i ruoli paiono invertiti. Di solito, a stare dalla parte dei banchieri sono i liberisti e i liberali, i quali non vogliono che siano messe le briglie al mercato e dunque difendono le misure prese dalle istituzioni finanziarie a prescindere dalle conseguenze sui portafogli dei ceti popolari. In questo caso invece siamo davanti al mondo politico alla rovescia. Il centrodestra attacca la Bce e il dirigismo europeo che ragiona solo con i parametri scritti a tavolino decenni fa. E la sinistra, al posto di fare sua la protesta, si schiera dalla parte opposta, forse per riflesso pavloviano contro la coppia Meloni e Salvini, forse perché a forza di sentirsi élite si è completamente dimenticata della realtà.Sta di fatto che anche nella vicenda del Mes si assiste a un curioso e illuminante scambio di ruoli. Nato per rimettere in ordine le finanze della Grecia, a prezzo di far pagare il conto alle fasce più deboli della Repubblica ellenica, il meccanismo europeo di stabilità che fissa una serie di parametri per i Paesi che essendo in difficoltà chiedono di accedervi, è diventato un dogma per Pd e dintorni. A sollevare perplessità nei confronti della ratifica sono i partiti di centrodestra come Fratelli d’Italia e Lega ma anche il Movimento 5 stelle, mentre Forza Italia che in principio era parsa più esitante alla fine si e uniformata alla linea della maggioranza. A sostegno del Mes si è invece schierato sin dall’inizio il Pd, che più volte ha sottolineato come il Meccanismo sia un’occasione per il nostro Paese, precisando poi che non sottoscrivere un’intesa avrebbe isolato l’Italia. Il Parlamento di fatto già dalla precedente legislatura ha impegnato il governo a non procedere ad alcuna ratifica in assenza di un voto delle Camere. Dunque non si capisce perché oggi il Partito democratico si sorprenda se l’aula in cui si discute del Mes resti desolatamente vuota. Siamo arrivati al punto che mentre la maggioranza neppure partecipa al dibattito e manda un suo solo rappresentante a esternare le perplessità sul Meccanismo che tanto piace alla Germania, gli unici che insistono per la firma sono rimasti gli onorevoli del Pd, i quali come gli ultimi giapponesi continuano la battaglia anche se perfino molti dei loro si sono arresi. Anche in Europa si comincia ad avere qualche dubbio su uno strumento che, oltre a costare moltissimo ai Paesi che lo ratificano, rischia di legare le mani a chi ne voglia beneficiare. Qualcuno ha proposto di cambiare le regole, ma per la sinistra invece è indispensabile aderire oggi all’accordo senza alcuna riserva. Il Pd non pare capire neppure che tenere il punto sul Mes può servire a negoziare altre partite, come la revisione dello stesso Patto di stabilità o la trattativa sui migranti. Qualcuno parla di un complesso di inferiorità, che spinge gli esponenti di una sinistra che si crede sempre e comunque migliore a dire sì a qualsiasi cosa arrivi dall’estero. Già, per dirla con il compagno di lunga esperienza che l’altra sera si è lasciato sfuggire uno sfogo contro il Mes, esterofili per vocazione, perdenti per masochismo. In altre parole, pur di stare dalla parte di coloro che in Europa considerano vincenti, in patria si rassegnano ad essere eterni perdenti.