2022-09-25
L’Iss insabbia i dati «scomodi» sull’efficacia della quarta dose
Escluse le stime sugli over 60: gli unici a cui può servire il booster Più casi in chi è stato inoculato da poco? Distorsione di Omicron.Cosa fa l’Istituto superiore di sanità, quando non gli tornano i conti? Li fa riuscire per forza. Già: se si parla di efficacia dei vaccini anti Covid, il rapporto tra ipotesi e prova s’inverte. Il risultato non è il prodotto del calcolo; ne è il presupposto. Dunque, per ficcare un quadrato dentro a un cerchio, basta smussarne gli angoli. Eliminare i fattori di disturbo. O convincere il pubblico che tutto ciò che cozza con la teoria non va nemmeno preso in considerazione. Ieri è uscito il bollettino aggiornato di Epicentro. E di nuovo, a margine della tabella che riporta le infezioni per età e status vaccinale, i tecnici hanno inserito un caveat, riferito agli over 60 che hanno ricevuto il secondo booster. Leggete bene: «Vista la bassa numerosità di questo gruppo e le condizioni di fragilità che caratterizzano gran parte dei soggetti eleggibili», scrivono i luminari ministeriali, «l’incidenza e il confronto con gli altri stati vaccinali non sono riportati in quanto non si ritengono rappresentativi dell’efficacia della quarta dose per la popolazione 60-79». Quel che ci viene detto è che non sarebbe possibile nessun raffronto tra sessanta-settantanovenni inoculati con la quarta dose e le altre categorie. Ora, noi ci sforziamo di seguire e comprendere le ragioni di un simile orientamento. Il problema, cioè, è che si dovrebbe ragionare su numeri relativamente piccoli e, soprattutto, in presenza di elementi di confusione, come le patologie pregresse di cui soffrono molti degli italiani che si sono sottoposti alla quarta iniezione. Un sospetto, tuttavia, sorge ugualmente: non è che qualcuno teme di tirare fuori cifre un po’ imbarazzanti? E di scoraggiare ulteriormente l’adesione a una campagna di richiami già zoppicante? I numeri parlano chiaro. Sul piano dei contagi, il vantaggio della quarta dose è minimo: il tasso d’incidenza ogni 100.000 abitanti, nella fascia 60-79 anni, è di poco inferiore (913,7 contro 1.112,2) a quello riscontato in chi si è limitato a ricevere il primo booster. Il bilancio è simile per i ricoveri: in area medica, il tasso di ospedalizzazione in chi ha quattro dosi è di 22,9 ogni 100.000 persone, lo stesso di chi ne ha tre. In terapia intensiva finiscono 0,9 quadridosati ogni 100.000 individui e 1,3 tridosati. E i deceduti sono 2,8 ogni 100.000 persone tra chi si è sottoposto a quattro punture, contro i 2,6 tra chi si è fermato al terzo shot. All’apparenza, il beneficio dell’ennesima corsa all’hub è inesistente. L’Iss replica: chi ha bisogno della quarta dose è già fragile di suo. Lo concediamo. Ma il vaccino non serve soprattutto ai malati? Ai soggetti a rischio? E allora perché questi li escludiamo dai grafici sull’efficacia vaccinale? Non ci interessa sapere se il farmaco distribuito svolge il proprio dovere su di loro? Sono bravi tutti a fare le stime su chi è sano come un pesce, sui sessantenni arzilli e sportivi, per poi concludere che i rimedi anti Covid funzionano alla grande. Echeggia lo slogan di una pubblicità: ti piace vincere facile?Ma non finisce qui. Nella «Nota metodologica», gli statistici di Epicentro provano a minimizzare anche altre incongruenze. Ad esempio, per quanto riguarda le infezioni, si nota che nella fascia 40-59 anni si contagiano più i soggetti con il booster che i no vax. Questa, o altre evidenze che parrebbero contraddire il dogma del vaccino sola salus, spiega l’Iss, vanno attribuite «ad alcuni limiti intrinseci dell’analisi, tra cui i più importanti sono la cospicua diminuzione dei soggetti suscettibili a partire dal mese di gennaio 2022, in relazione all’aumento della circolazione della variante Omicron». Un sacco di gente si è presa il Covid, non s’è denunciata, ma ha sviluppato anticorpi. Così, in alcune rilevazioni settimanali, può capitare di riscontrare che i vaccinati da oltre quattro mesi si ammalano meno di quelli che hanno porto il braccio più di recente. Perfetto. Ma non è esattamente il punto sostenuto da chi - come noi - propone di finirla con l’ossessione della siringa? Il ceppo sudafricano ha cambiato completamente lo scenario. Gli italiani sono entrati a contatto con il virus e in tantissimi hanno sviluppato un’immunità naturale che ha consolidato quella conferita dai vaccini. La logica conseguenza, deducibile altresì dai report Iss, è che bisognerebbe piantarla di inseguire le persone con l’ago. E anziché depennare le analisi sull’utilità dei richiami nei fragili, è proprio lì che andrebbero effettuate più verifiche, per valutare se davvero rivaccinarli a oltranza e a intervalli ravvicinati serva a qualcosa.Al governo - almeno fino a oggi - siedono però i peggiori sordi: ovvero, quelli che non vogliono proprio sentire. Quelli che comprano altre decine di milioni di booster aggiornati - si legga: adattati a una variante che non c’è più o testati solo sui topi - e ne autorizzano la somministrazione a tutti gli over 12. Dalle parti di Roberto Speranza, evidentemente, si adotta il classico principio hegeliano: se i fatti non concordano con la teoria, tanto peggio per i fatti. E soprattutto, tanto peggio per noi.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)