2019-02-01
L’ispiratore del Papa sbaglia martiri: celebra l’europeista e scorda i cristiani
Padre Antonio Spadaro strumentalizza la fine di Antonio Megalizzi, ucciso da un terrorista islamico. E tace su chi muore per la fede.«Celebriamo la sua vita ricordando la sua morte». Tocca le corde dell'emotività l'intervento di padre Antonio Spadaro, il potentissimo gesuita che sussurra a papa Francesco, nel beatificare Antonio Megalizzi, il giovane pubblicista radiofonico ucciso da un terrorista islamico al mercatino di Natale di Strasburgo. L'occasione è la consegna alla memoria del premio Liberi e forti, ideato nel ricordo di don Luigi Sturzo a 60 anni dalla scomparsa. Tocca le corde dell'emotività, ma non quelle della memoria, vizio ben più concreto e durevole, che il direttore di Civiltà cattolica talvolta piega alle sue necessità narrative neanche fosse il sensitivo Uri Geller con i cucchiaini da caffè.L'occasione è solenne, quel delitto ha colpito tutti nel profondo. Ma il sacrificio di un giovane innocente ucciso da un proiettile della jihad mentre passeggiava nel centro della città francese meritava più verità. Padre Spadaro, quando vuole, ricorda male. Così spiega: «Antonio voleva fortemente recuperare l'effettività dell'essere cittadini della nostra Europa, fatta di gente, di popoli e non solo di soldi e istituzioni. La trasformazione da abitante a cittadino: questa è l'eredità di Antonio, cittadino europeo normale, consapevole della costruzione del nostro destino, consapevole del fatto che questo destino era anche nelle sue mani». Ma Megalizzi non fu ucciso per le sue idee europeiste in un attentato all'Europarlamento, bensì con altre quattro persone mentre camminava per strada dopo aver incontrato un fanatico che gridava «Allah u Akbar». Avviato sulla via della strumentalizzazione politica, padre Spadaro agita il turibolo e fa perdere le tracce dentro la coltre d'incenso. «Essere liberi e forti significa stare dritti. E in piedi. Anzi: camminare diritti. Il cammino della sua vita ha portato Antonio a Bruxelles e Strasburgo, nel cuore delle istituzioni europee. Antonio l'Europeo, è stato definito. Mi piace questa definizione perché qui per me è il nodo: siamo abitanti d'Europa ma ancora non siamo cittadini europei, non ci sentiamo cittadini d'Europa. La differenza sta tutta qui». Un martire dell'Europa incompiuta nella stagione del sovranismo, esattamente come lo considera il Pd, che non ha alcun pudore nell'inserire quel giovane fra i volti della prossima campagna elettorale. Padre Spadaro parla come Emma Bonino e non è detto che la buonanima di don Sturzo sia soddisfatta. L'approccio al tema è curiale e la bella citazione dal Gattopardo («Viviamo in una realtà mobile alla quale cerchiamo di adattarci come le alghe si piegano sotto la spinta del mare») in realtà mostra la debolezza di un pensiero che si adatta a tutto e tutto digerisce. Liberi e forti, ma lui non è capace di alzare lo sguardo davanti all'assassino di Megalizzi. Spadaro inquadra i populisti, ma balbetta davanti agli islamisti. «La mano che ci ha strappato Antonio è quella di un suo coetaneo, anche lui ucciso». Così vittima e carnefice si confondono, Cherif Chekatt è un semplice coetaneo capitato lì per chissà quale destino. «La sua ferocia si specchia con un contrasto inaudito negli ideali di Antonio, rivelando un volto crudele. Dobbiamo vincere quest'odio. Dobbiamo debellare questa peste». Ci aspetteremmo l'attribuzione di responsabilità, la schiena dritta invocata qualche riga sopra. E invece «dobbiamo liberarci dalla colonizzazione ideologica delle nostre anime e dei nostri cervelli che ci porta persino a vedere in un pover'uomo affogato un temibile invasore».Il gioco di prestigio è sublime: carta vince-carta perde-migrante vittima. Il problema è che qui non è in gioco la vanità dialettica di un gesuita, ma un martirio. Padre Spadaro inventa un comportamento ideologico nella vittima, omette un comportamento ideologico nel carnefice e si dimentica di martiri veri che stanno tutti a fatica dentro un numero: 3.000, i cristiani uccisi non dai sovranisti, ma dal colonialismo teologico dell'islam e dall'inettitudine di chi dovrebbe difendere la fede. Oggi quel numero è rappresentato dal volto di Camille Tabas Rubio, 14 anni, ammazzata con altre 20 persone da terroristi musulmani nella cattedrale di Jolo nelle Filippine. Aveva un'unica colpa, essere cristiana. Aveva lo stesso sorriso di Antonio, ma per lei Spadaro non ha tempo. Che il consigliere del Papa sia in trincea a fianco del centrosinistra lo conferma anche il suo ultimo editoriale sulla Civiltà Cattolica, dal titolo «I cristiani che fanno l'Italia», nel quale auspica un sinodo di tutti i cattolici italiani per analizzare l'ossessione del momento, vale a dire «sentimenti di paura, diffidenza e persino odio che hanno preso forma tra la nostra gente e si sono espressi nei social network, oltre che nel broadcasting personale di questo o di quel leader politico, finendo per inquinare il senso estetico ed etico del nostro popolo». Il passaggio sul senso estetico è strepitoso, viene in mente Lina Sotis. Come si permette il villico prosciugato dalla crisi, vessato dall'Europa rigorista, disilluso da sei anni di clowneries renziane di avanzare critiche con una macchia di sugo leghista sulla canottiera? Baci l'anello e stia zitto. Roba da Papa Re. Padre Spadaro percorre qualche tornante per poi arrivare al solito finale: «Il potere politico oggi ha anche ambizioni teologiche. Pure il crocifisso è usato come segno dal valore politico, ma in maniera inversa: se prima si dava a Dio quel che sarebbe stato bene restasse nelle mani di Cesare, adesso è Cesare a impugnare e brandire quello che è di Dio». Matteo Salvini con Vangelo e crocifisso è il diavolo del film. Più pericoloso, persino più identificabile, di un terrorista islamico.