2022-04-24
L’islam radicale spaventa la Francia che oggi sceglie tra Macron e Le Pen
Il tema terrorismo non è uscito nei dibattiti. Eppure sono stati sventati 50 attacchi, chiuse decine di moschee e sono 35 i giornalisti ritirati per le minacce ricevute. Il Paese è stufo: chi vince, dovrà garantire più sicurezza.Secondo l’ultimo sondaggio dell’istituto Ipsos, tra il presidente francese Emmanuel Macron e la sfidante alle presidenziali, Marine Le Pen, finirà più o meno come nel 2017, ovvero con la netta sconfitta della leader del Rassemblement national. Secondo l’ultimo sondaggio realizzato dopo il dibattito televisivo, Macron avrebbe il 57,5% dei consensi contro il 42,5% di Marine Le Pen, ma guai a fidarsi delle previsioni della vigilia e a tal proposito impossibile non citare lo scrittore francese Pascal Bruckner secondo il quale «i sondaggi riflettono un’opinione creata dai media». Non è certo sfuggito agli osservatori più attenti il fatto che, sia durante la campagna elettorale, sia nel confronto televisivo tra Macron e Le Pen, il tema del terrorismo di matrice islamico-salafita non è stato al centro della discussione, come avvenne nella campagna elettorale del 2017. Allora la Francia era in ginocchio dopo gli attacchi terroristici commessi a Parigi , e in particolare quello ordito il 7 gennaio 2015 da Ansar al Sharia, gruppo salafita legato ad al- Qaeda contro la redazione del quotidiano satirico Charlie Hebdo, dove morirono in totale 20 persone (compresi tre terroristi), 12 delle quali nella redazione del giornale, e gli spettacolari attacchi del 13 novembre 2015 nei quali l’Isis, attraverso le sue cellule franco-belghe, fece 137 morti e e 368 feriti. Durante la campagna elettorale, Marine Le Pen propose alla Francia ferita la chiusura delle frontiere, espulsioni di massa e la messa al bando di tutte le organizzazioni islamiche. L’attuale presidente, invece, promise agli elettori di mettere mano a tutte le istituzioni di sicurezza, comprese polizia e servizi segreti, che repubblicani e socialisti avevano indebolito con tagli agli organici e continue, e fallimentari, riorganizzazioni. Ma cosa ha fatto Emmanuel Macron a proposito del terrorismo? A differenza del suo predecessore François Hollande, che fece dell’inazione il proprio marchio distintivo, Macron, appena eletto, ha rimesso l’intelligence al centro nella lotta al terrorismo. E così ha fatto attraverso un organismo di coordinamento, controllato dalla Presidenza della Repubblica, che aveva il compito di rafforzare con uomini e mezzi, la Direction générale de la sécurité intérieure (Dgsi), i servizi segreti interni, e la Direction générale de la sécurité extérieure (Dgse) quelli esterni, che hanno visto aumentare il loro budget in 5 anni. Nel novembre 2017, in Francia, è entrata in vigore la nuova legge antiterrorismo promessa da Macron in campagna elettorale, in modo da superare lo stato d’emergenza deciso da Hollande nel novembre 2015, dopo gli attacchi di Parigi, che fu prorogato dal Parlamento cinque volte tanto che restò in vigore per quasi due anni. Un record. Con l’arrivo di Gérald Darmanin al ministero degli Interni è avvenuta quell’accelerazione che l’opinione pubblica si aspettava in materia di espulsione degli stranieri radicalizzati e la stessa politica è stata applicata a coloro che si trovavano in Francia illegalmente, e noti per la loro radicalizzazione, che sono stati espulsi. Poi, mentre dal 2017 a oggi, in Francia, sono stati commessi 13 attacchi terroristici e 50 ne sono stati sventati, decine di moschee salafite, dove si predicava l’odio, sono state chiuse. Poi la battaglia è proseguita, con Macron che ha attaccato frontalmente tutte quelle organizzazioni islamiste come la Fratellanza musulmana, che alimentano il separatismo e il comunitarismo. Non è certo un mistero che l’islamismo radicale e il terrorismo si sostengono ideologicamente quanto operativamente, come il drammatico assassinio del professore Samuel Paty, decapitato il 16 ottobre 2020 da un terrorista islamico ceceno arrivato in Francia come rifugiato, ha mostrato. Nonostante i progressi di questi ultimi cinque anni, la minaccia interna resta immutata, per esempio, nelle scuole, dove ogni giorno i genitori di ragazzi musulmani minacciano gli insegnati se questi osano mostrare delle immagini giudicate «sconvenienti», senza dimenticare le carceri francesi che sono una vera fabbrica di terroristi. Così come resta enorme il numero degli individui potenzialmente minacciosi per la sicurezza dello Stato. Per questo, sono stati creati il National service of intelligence prison (Nprs), che sovraintende anche a un sistema di monitoraggio dei prigionieri e dei terroristi che hanno scontato la pena, e la Procura nazionale antiterrorismo (Pnat). Resta drammatico, invece, il bilancio per coloro che provano a criticare l’Islam nelle sue forme più estreme come raccontato da Le Point in una recente inchiesta, nella quale si parla di come almeno 35 giornalisti e fumettisti sono spariti dalla vita pubblica a causa delle gravi minacce ricevute dagli estremisti islamici, senza dimenticare il dilagante antisemitismo di matrice araba. I quasi 2,5 milioni di voti, pari al 7.1% dei consensi, per Eric Zemmour, che prometteva misure draconiane contro l’islam, sono la prova che la Francia è stufa e prima o poi potrebbe esplodere.