2023-12-01
L’ira di Bergoglio che ordina: «Subito una verifica interna»
In Vaticano regna l’imbarazzo per le elemosine dei fedeli finite all’ex capo delle Tute bianche. «Il Pontefice non sapeva dei soldi», si ripete tra le sacre mura. Ma andrà controllato il comportamento di chi gli sta accanto.«Il Papa non sapeva dei soldi». La frase percorre le sacre stanze ed è la versione di velluto per proteggere Francesco dalla tempesta perfetta uscita dalle intercettazioni dell’inchiesta della Procura di Ragusa. C’è silenzio e c’è imbarazzo in Vaticano dopo le rivelazioni di Panorama e della Verità; le notizie non compaiono negli organi ufficiali ma la copertina del settimanale è la più fotocopiata oltre le mura leonine. Quel «il Papa non sapeva dei soldi» pronunciato da un cardinale vorrebbe essere la versione 2.0 del «troncare, sopire» di manzoniana memoria ma diventa a suo modo una velata accusa. E alimenta il sospetto che nella Chiesa vengano prese decisioni così impattanti bypassando l’inquilino con la veste bianca che abita in Santa Marta. Per questo si fa strada l’ipotesi di una verifica interna per capire se ci sono stati coinvolgimenti diretti di alcuni dirigenti vaticani.La scoperta dei 2 milioni di euro della pesca miracolosa di «fratello Luca» (così il Pontefice chiamava Luca Casarini) suscita infatti il fastidio di parte della Curia romana. Innanzitutto perché svela la destinazione impropria delle elemosine dei fedeli. Napoli, Palermo, Brescia, Pesaro, Ancona: il finanziamento con destinazione finale ambigua arriva dalle diocesi, quindi dalle chiese frequentate dalla gente comune, che durante la Messa ritiene di donare il proprio piccolo contributo al bene della parrocchia, dei poveri, degli indigenti della porta accanto. Anche se l’Obolo di San Pietro nel 2022 ha incassato 107 milioni, prende corpo il timore di una disaffezione sempre più grande. Con un esempio concreto che lascia stupefatti: mentre monsignor Matteo Maria Zuppi, come presidente della Cei, dava la sua benedizione all’operazione Casarini, in una delle diocesi citate (Brescia), l’abate di Montichiari, don Cesare Cancarini, lanciava un appello drammatico: «Rimbocchiamoci le maniche o dovremo chiudere le chiese». Il forte calo delle offerte ha messo il sistema con le spalle al muro anche nella ricca provincia lombarda. Su 20.000 euro di spese di gestione di Santa Maria Assunta, le offerte mensili dei fedeli nel 2023 ammontavano a 6.000 euro, di cui 1.000 per la colletta alimentare e 500 per le candele. «Senza contare che ormai, in occasione di battesimi, cresime e funerali non si dona più nulla». Ora quelle stesse famiglie che nonostante tutto continuano a sostenere il loro luogo di culto, sanno che i denari potrebbero finire nelle tasche dell’ex leader delle Tute bianche imputato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.Ma in Vaticano, più che dai 2 milioni, lo schiaffo alla buona fede arriva dalla sensazione di essere stati manipolati. Confermata dalle parole del fondatore di Mediterranea e del suo braccio destro Giuseppe Caccia, storico leader politico della sinistra veneziana legato ai centri sociali. Tutti i «vescovoni» - così vengono citati dai due campioni delle traversate umanitarie nelle conversazioni registrate dai pm - hanno letto le frasi delle intercettazioni. «La Chiesa cattolica sta diventando il nostro Soros» (don Mattia Ferrari); «Devo ancora riprendermi dallo sforzo che ho fatto per avere la faccia da culo di dire al Papa di mettere di soldi» (don Mattia Ferrari); «Posso dire che i nostri amici vescovi bergogliani sono un po’ dei coglioni a decidere di non vestirsi pubblicamente alla grande il rapporto con noi?» (Caccia). La contrarietà del variegato mondo vaticano nei confronti dello scherno è trasversale. Se le porpore tradizionaliste sono in subbuglio per gli effetti di una politica ingenua e sbilanciata verso un terzomondismo solo di facciata, anche quelle progressiste colgono l’ambiguità dell’intera vicenda. E oggi scuotono il capo davanti alla frase di papa Francesco che di fatto legittimò la Casarini-connection: «Vorrei dirvi che sono a disposizione per dare una mano, contate su di me, sempre». Con foto ricordo annessa. Il Pontefice mandato allo sbaraglio, utilizzato come testimonial non si sa quanto consapevole, rappresenta una sconfitta per tutti. Nel grande dramma migratorio, già in passato l’effigie del Papa era stata usata con disinvoltura: ad alcuni scafisti arrestati in Spagna erano state trovate immaginette di Francesco con la scritta «Venite, vi aspettiamo». Così oggi in molti si sentono traditi non solo da Zuppi, ma da tutti gli entusiasti partecipanti al progetto, quindi anche dall’arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice, da quello di Napoli Domenico Battaglia, dal vescovo di Modena Erio Castellucci, dal lussemburghese Jean Claude Hollerich, numero uno dei vescovi presso l’Unione europea. E da don Mattia Ferrari cappellano guevarista di Mediterranea, che secondo le carte dell’inchiesta sarebbe «il punto di raccordo con le varie diocesi per la raccolta di fondi».Nelle penombre vaticane, dove la brezza del sospetto soffia da 2.000 anni, qualcuno comincia a unire i puntini. E a scoprire che l’afflato verso «fratello Luca» con benedizioni pubbliche di vescovi e alti prelati in fila, era anche un’opera di captatio benevolentiae interna. Uno sgomitare per sentirsi alternativi, un accreditarsi presso il gotha gesuita per scalare le gerarchie. Magari fino alla presidenza della Conferenza episcopale.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)