2024-07-01
Gli spiriti dell’estate
Che siano distillati, liquori o amari poco cambia: la produzione casalinga di queste bevande è un’arte antica e codificata, che ci riconnette ai ritmi stagionali e stimola il rilascio di dopamina.Vi ricordate quella bella canzone cantata da Valeria Rossi che ci accompagnò per tutta l’estate del 2001, Tre parole? Faceva: «Dammi tre parole / sole, cuore e amore / Dammi un bacio che non fa parlare». Potremmo benissimo modificarla così: «Dammi tre parole / sole, cuore e liquore / Solo un goccino, non mi voglio ubriacare». È proprio l’estate, infatti, il periodo in cui tanti italiani che hanno la fortuna di avere un giardino o un orticello con alberi e piantine agricole si mettono a preparare in casa qualche bottiglia (parliamo di una produzione casalinga) di tre liquori nostrani tipicamente estivi: fragolino nel Nord, con le fragole che fruttificano nella stagione che inizia il 21 giugno e finisce il 20 settembre; nocino nel Centro, che si fa con le noci da raccogliere rigorosamente ancora verdi la notte di San Giovanni, tra il 23 e il 24 giugno (ma in generale le noci possono essere raccolte da metà a fine giugno); limoncello nel Sud, ricavato dalla parte gialla della buccia dei limoni, che sempre nella stagione ritenuta da Gustave Flaubert «eccezionale, sia essa calda o fredda, secca o umida», penzolano profumati dagli alberi. Sono tre liquori estivi e tipici dei luoghi che li hanno resi famosi: il liquore fragolino, per esempio, è veneto, tipico di Pincara in provincia di Rovigo, territorio particolarmente adatto alla coltivazione della fragola. Ma si fa ovunque ci siano fragole. Idem il nocino, Pat del Lazio ma diffuso ovunque ci siano noci, e il limoncello, Pat campano ma preparato ovunque ci siano buoni limoni. Che vuol dire, esattamente, liquore? Partiamo dal principio. Tecnicamente, si chiamano bevande spiritose, sono anche dette superalcolici, e sono caratterizzate da un titolo alcolometrico uguale o superiore a 15% vol. Le bevande spiritose si ottengono tramite distillazione, macerazione o aromatizzazione di alcol etilico o di altre bevande spiritose. Quindi, in primis, abbiamo i distillati, da distillazione di prodotti fermentati (come le bevande fermentate, i cereali o i vegetali comunque ricchi di glucidi o amidi, i residui di produzione di bevande fermentate); poi ci sono i liquori da aromatizzazione di alcol, di altre bevande spiritose o di entrambi, caratterizzati da un sapore dolce (almeno 70 g di zuccheri per litro); infine, gli amari anche detti bitter che si ottengono aromatizzando alcol e hanno un tipico sapore amaro. Quindi, da un punto di vista meramente tecnico, il distillato è un tipo di bevanda alcolica, e dunque quando diciamo distillazione per intendere genericamente la produzione di superalcolici sbagliamo. Chiamiamola proprio così: produzione di superalcolici. La pratica della produzione casalinga di superalcolici è una tradizione antica che ha resistito fino al dopoguerra, poi il boom economico e la modernizzazione dell’esistenza hanno cancellato la produzione casalinga di praticamente qualsiasi cosa. Farsi un liquorino in casa non si ricollegava al desiderio di bere, così come è concepito oggi da molti, ma alla prassi di fare tutto tra le mura domestiche, spesso comprensive di annesso terreno, sfruttando le materie prime offerte dalla terra, dal sapone (fatto col grasso del maiale) al liquore passando per confetture e salumi. Sono modalità esistenziali che la coeva vita in città ha letteralmente spazzato via, ma che sono portate avanti da chi fuori dalla città vive in maniera ancora campagnola e da chi, in città, vuol recuperare almeno qualche pezzo di quella cultura. Cultura che era innanzitutto competenza: mai improvvisarsi autoproduttori. Preparare un liquore in casa richiede delle accortezze. Infatti, la produzione di superalcolici in casa va fatta in sicurezza. Lavare sempre le mani e asciugarle con carta cucina prima di iniziare a maneggiare gli ingredienti. Meglio usare frutta non trattata, che va lavata (anche con una spazzolina delicata, se coriacea come una noce o un limone) e poi asciugata bene con carta cucina. Tutti gli strumenti che si useranno, per esempio il coltello per fare in quattro le noci per il nocino, dovranno essere pulitissimi. I materiali per aromatizzare il liquore in fieri, cioè i barattoli, e quelli per conservare il liquore una volta pronto, cioè le bottiglie, devono essere di vetro, che è un materiale sanificabile in casa. Meglio, infatti, sanificarli prima dell’uso: i barattoli e le bottiglie andranno sicuramente lavati con acqua e sapone, asciugati con canovaccio pulito o carta cucina. Poi andranno fatti bollire completamente immersi in acqua bollente, in pentola di acciaio, per 20 minuti dal bollore, poi scolati e posti ad asciugare e freddare a testa in giù su canovaccio pulito o carta cucina. Se contenitori e bottiglie sono di riciclo, cioè sono stati usati in passato, allora occorrerà prendere i tappi nuovi. Questi liquori, dopo essere stati imbottigliati non andranno sottoposti a pastorizzazione casalinga, come si fa per altre conserve come confetture e succhi di frutta, essendo alla stregua della frutta sotto spirito, riguardo alla quale il ministero della Salute, nelle linee guida per le conserve alimentari in ambito domestico, spiega che «non costituisce un rischio per il botulismo a patto che si utilizzi alcol a 90 gradi o, in alternativa, liquori secchi ad alta gradazione alcolica come grappa e brandy. Questo tipo di preparazione non necessita di trattamenti di pastorizzazione».Autoprodurre un liquorino di stagione in casa, non per forza per berlo ma anche, per esempio, per regalarlo, fa bene a tante cose. Fa bene all’umore: raggiungere un obiettivo dopo un impegno costante e ripetuto nel tempo come è la cura di un liquore in produzione innesca il rilascio di dopamina, ormone detto del benessere. Autoprodurre un liquore attiva in positivo anche un altro aspetto psicologico, cioè la riconnessione ai ritmi stagionali. Dobbiamo attendere il momento giusto per raccogliere la materia prima, dobbiamo esporre ogni giorno il liquore al sole (quando ciò è previsto dalla ricetta) o in generale fuori, poi dobbiamo ritirarlo a fine giornata e il giorno dopo ricominciare; poi arriva la fase della filtrazione e dell’imbottigliamento, e dopo dobbiamo attendere che si riposi per degustarlo. Tutto questo ci impone una concezione del tempo non famelica e distruttiva, ma equilibrata e costruttiva, non velocizzata e stressante ma giusta e rilassante. Vi consigliamo infatti di mettervi anche voi al sole, ogni tanto, accanto al vostro nocino, per stimolare la produzione di vitamina D e riossigenarvi. La natura, coi suoi elementi e i suoi tempi, è il nostro habitat, non lo è solo degli animali. Una vita sempre più urbanizzata e tecnologizzata ci distacca con via via maggiore rapacità da questa consapevolezza e ci rende sempre più alienati: tornare a fare qualcosa che facevano le generazioni a noi precedenti, con prodotti naturali e secondo i ritmi naturali, non può che farci bene. Ci farà bene, poi come società, riconferire all’alcol il potere «curativo» che esso, in dose microscopica, ha. Questi liquori tradizionalmente usati come digestivo, nella dose massima di un bicchierino ogni tanto, ci riportano a quella che è la giusta misura dell’alcol che troppi sembrano aver dimenticato, vivendo in un vortice edonista e consumista senza fine. Premesso che non bere nemmeno un goccio d’alcol nella vita non ha mai condotto nessuno a problemi di salute, e ribadito quindi che bere non è di certo obbligatorio, se si vuole proprio bere almeno lo si faccia nella misura corretta del piccolo, minimo, eccezionale piacere e gesto benefico. La misura giusta dell’alcol sarebbe, volendo, proprio questa, cioè un goccetto per digerire e giovarsi di altri effetti che ogni specifico liquore possiede in virtù degli aromi di cui è stato infuso. Non è quella dei cocktail dimensione badile e a ritmo incessante che oggi i giovani, e in generale chi frequenta locali da divertimento, è indotto a consumare da una specie di esaltazione della vita spericolata, che per il neoliberismo è un grande affare. E, per la salute umana, una tragedia. Ecco, impiegare tempo per preparare un liquore ci insegna anche a riportare a uno scorrere lento pure il tempo che impiegheremo a consumarlo.
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