
Intercettato uomo dell’Aisi che parlava con l’impresario arrestato insieme al generale.«A fine anno ci stanno scadenze a livello economico! e se non smaltiscono... eh... diciamo... vanno persi, voglio vedere se è vero oppure no». Il suggerimento dello 007 in quota Aisi, il servizio segreto che si occupa della sicurezza interna, che vive in provincia di Roma, dove l’altro giorno è stato perquisito, e che al tempo dell’intercettazione (settembre 2023) risultava percepire redditi dalla presidenza del Consiglio dei ministri, arriva dritto dritto sul telefono cellulare di Ennio De Vellis, imprenditore ben conosciuto nel mondo dei traslochi per le forze dell’ordine e i servizi segreti, finito ai domiciliari insieme al generale Oreste Liporace, già comandante dei carabinieri del secondo reggimento allievi marescialli e brigadieri di Velletri, attualmente generale di brigata e direttore del prestigioso Istituto di alti studi della Difesa (sospeso dall’Arma), per un’inchiesta del pm milanese Paolo Storari che parte da Milano, passa per gli uffici dell’Arma e del Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza guidato da Elisabetta Belloni, e si allunga fino al ministero delle Infrastrutture e al Vaticano. E se il generale è finito ai domiciliari per un appalto da 700.000 euro legato alle pulizie della Scuola sottufficiali dell’Arma a Velletri, il lungo viaggio dell’ipotesi corruttiva sembra aver preso anche una tangenziale che punta verso la presidenza del Consiglio, dove la cricca imprenditoriale, composta pure dai fratelli Massimiliano e William Fabbro, sarebbe riuscita, tramite uno o più appartenenti ai servizi, a incassare un maxi appalto mensa. Non è detto che lo 007 in contatto con De Vellis sia lo stesso che avrebbe brigato per i Fabbro. Di certo gli investigatori della Guardia di finanza hanno in mano tre brevi conversazioni, riportate nel decreto di perquisizione, tutte da chiarire. La prima comincia con un riferimento a una «non meglio precisata», appunta il pm, «cosa di Rosta (città della provincia di Torino, ndr)». Lo 007 anticipa l’invio di documenti con queste parole: «Ti giro una cosa di Rosta... capito? Quella cosa del... capito?». De Vellis evidentemente comprendeva di cosa si stesse parlando in termini che il pm definisce «oggettivamente allusivi», e interrompe l’uomo dei servizi: «Va bene, ok, va bene». La seconda è quella più esplicita. Lo 007 chiede all’imprenditore un incontro e gli anticipa di aver saputo dell’esistenza dei fondi da utilizzare entro la fine dell’anno, pena la loro inutilizzabilità e fa riferimento a «scadenze a livello economico». De Vellis risponde che si sarebbe rivolto a una terza persona, che l’agente chiama «quella persona», per acquisire informazioni. I due restano d’intesa che si sarebbero risentiti subito dopo. E infine, dopo le imbeccate all’amico imprenditore, la barba finta torna a fare la barba finta e ricorda a De Vellis «di una richiesta», annota il pm, «avanzatagli su un canale non monitorato»: «Poi non ti scordare... non ti scordare quel messaggio... il messaggio che ti mandai... l’hai letto?». De Vellis, che appare molto più cauto dello 007, comprende la riservatezza dell’argomento e tronca il discorso, salutandolo con la promessa che si sarebbero visti personalmente: «Me lo segno, me lo segno, me lo segno... passo martedì o mercoledì». A distanza di un mese c’è una terza chiamata, di pochi secondi. Giusto il tempo di accordarsi per un incontro. Lo 007: «Quand’è che ti fai una camminata, una passeggiata?». Alla risposta di De Vellis che si sarebbero potuti vedere la settimana successiva, lo 007 è particolarmente insistente: «Fatti vedere! fatti vedere! Va bene, fatti vedere».
Emanuele Orsini (Ansa)
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