2019-01-14
Roberta Lombardi: «Da grillina dico: Grillo torna tra noi»
La consigliera regionale: «Il fondatore dei 5 stelle a volte sta troppo per aria: dovrebbe scendere sulla Terra. A Roma su rifiuti e trasporto pubblico abbiamo fatto il possibile. Ma adesso mi aspetto risultati migliori».Sui profili social di Roberta Lombardi c'è scritto: portavoce M5s al Consiglio regionale del Lazio, ex parlamentare, romana, mamma, cittadina in Movimento, consumatrice critica. Sei una veterana M5s. Proiettiamoci lontano: come sarà il M5s tra due anni? «Ma due anni sono un tempo lontano solo per la politica tradizionale. Io credo che si debba pensare all'Italia come sarà tra 20 anni: altrimenti vuol dire che non vogliamo fare niente per le prossime generazioni».Bene. Ma fra due anni come sarete?«Saremo a metà di un percorso di governo con la Lega. Questi primi sei mesi mi fanno ben sperare: la settimana che si apre ci porterà reddito di cittadinanza e quota 100. Vedremo dove si arriverà. Probabilmente allora occorrerà rimettere mano al contratto di governo e aggiungere altri temi».Come terrete insieme una dinamica da partito di governo (nomine, sottosegretari) con il richiamo della piazza? «È una sfida. Del resto noi nasciamo prima come movimento di opinione e poi come forza politica: e se siamo nati così, è perché non c'erano più partiti davvero radicati nella società. Dicevo della sfida: realizzare un'azione di governo coerente con gli impegni presi e aderente alle nostre idee di fondo. Anche così si combatte l'astensione: ridando ai cittadini la convinzione di poter decidere». Senza parlare di correnti, e senza pensare all'oggi, come sarà il dibattito futuro nel Movimento? Un confronto congressuale? Tutto sui social? «Certamente dibattito in rete: un'opportunità di connessione e di libertà simile non c'è. Per assurdo, tu potresti non partecipare a un solo banchetto dei 5 stelle, ma contemporaneamente scrivere una proposta di legge che vincolerà gli eletti M5s. Per altro verso, però, io sono anche una fautrice dell'organizzazione sul territorio». Chi comanderà?«Noi il capo politico l'abbiamo votato. E dopo cinque anni si rivoterà. Se uno vuole candidarsi, può farlo. Dopo di che, al di là dell'aspetto apicale, ognuno fa le sue battaglie, e non c'è bisogno di tessere e congressi. Hai una proposta? Piano piano coinvolgi gli altri».E chi è in dissenso?«Il Movimento non è mica un salvavita. Secondo me dovrebbe essere lo stesso interessato, se non si sente in armonia, a tirare le conclusioni. C'è un codice etico, che ha sottoscritto al momento della candidatura. Quel codice prevede che, se il M5s è maggioranza, gli eletti debbano votare la fiducia. Se ci sono questioni che richiedono un confronto nel gruppo, si vota a maggioranza: e poi si deve rispettare la maggioranza che si è formata».Condividi le espulsioni? «Sì, hanno liberamente sottoscritto un codice etico. Nessun medico glielo lo prescriveva». Incluse le sanzioni economiche? «Incluse quelle. Se il codice gli andava bene per candidarsi, gli deve andar bene anche dopo». Parlaci del tuo impegno nel Lazio. Che idea ti sei fatta dell'ente Regione? Funziona? «Mi sono accorta in campagna elettorale che l'importanza della Regione non è percepita. L'unica cosa conosciuta è la sanità. Ma le altre competenze regionali (casa, energia, trasporti, rifiuti) non sono conosciute… Dopo di che, da quando sono state istituite, è chiaro che qualcosa non ha funzionato: sono centri di costo incontrollato…».Rafforzarle con l'autonomia, o abolirle, o ridiscutere tutti i livelli territoriali?«Direi l'ultima cosa. L'Italia è un Paese molto differenziato, c'è il pericolo che l'autonomia funzioni da forza centrifuga. Chi è veloce va, e gli altri invece…».Ma ora il governo deve presentare un progetto per Lombardia, Veneto e Emilia Romagna…«Quella è una scadenza che corrisponde a esiti referendari che rispettiamo, sono processi che non si possono fermare. Penso che nel frattempo però si debbano riorganizzare tutti i livelli territoriali».Lazio. Prima accusa: intelligenza con il nemico, cioè un rapporto di dialogo con il governatore Nicola Zingaretti del Pd. «Noi facciamo fermamente opposizione. Lo abbiamo dimostrato votandogli la sfiducia. Il centrodestra aveva fatto questa mossa per stanare noi, e invece ci siamo dimostrati granitici, a differenza loro…».Vero. Però con Zingaretti trattate su tanti temi…«Ovvio che con i numeri esigui che ha, nonostante la campagna acquisti che ha fatto in Consiglio, lui debba trattare. Allora abbiamo detto: visto che sulla carta c'è una sensibilità comune su alcuni temi, testiamola a partire dalle materie su cui, pur stando all'opposizione, noi M5s abbiamo le presidenze di alcune Commissioni…».Tipo?«Dopo 25 anni abbiamo sbloccato il piano dei parchi, a partire dal parco dell'Appia Antica. Poi abbiamo messo mano al piano di tutela delle acque…».Ok, però tra raggiungere accordi parziali con lui e farlo cadere, qual è il piano A e quale il piano B? «Lui sa, ne è consapevole, che se si crea un'occasione, siamo pronti a sfiduciarlo. Dopo di che, per una serie di convergenze astrali, si può lavorare su pezzi di programma. Interessa a entrambi e soprattutto a lui. Vuole intestarsi alcune battaglie mentre si candida alla guida del Pd? Allora gli abbiamo fatto notare che il nuovo piano sociale regionale non deve basarlo sul vecchio reddito di inclusione ma sul nuovo reddito di cittadinanza che sta per essere approvato».Sempre fra due anni, tu vedi un'interlocuzione M5s-Pd, o il contratto con la Lega è la strada maestra?«Sono due facce della stessa medaglia. Anche dopo il 4 marzo noi avevamo detto: voteremo i disegni di legge di centrosinistra e centrodestra che saranno compatibili con il nostro programma. In Parlamento abbiamo interloquito (con la Lega, non con Silvio Berlusconi) essendo noi in posizione di maggioranza. In Regione, facciamo la stessa cosa stando in minoranza. Ma è lo stesso approccio».Che succede se alle europee c'è un forte sorpasso leghista su di voi? «Per noi non cambierebbe nulla: le europee non c'entrano con il voto politico nazionale. Poi starebbe alla Lega prendere le sue decisioni: se mantenere (come dice di voler fare) un patto di cinque anni con noi o no».Quando c'è una difficoltà nazionale, anche con ragione, i tuoi colleghi ministri dicono: siamo lì da 6 mesi, è presto per giudicarci. A Roma però quest'argomento è duro da usare: a giugno la giunta Raggi festeggerà tre anni. Roma non rischia di essere un problema per voi?«Io sono romana e sento le difficoltà della mia città: dal bidone di immondizia non svuotato da 20 giorni alle buche ai disservizi. Ne sono perfettamente consapevole. Però anche gli avversari onesti (l'altro giorno in Consiglio regionale una consigliera Fdi) ammettono che, per com'è ridotta Roma, nessun sindaco da solo ce la potrebbe fare». Ok, ma al di là della situazione oggettiva, sul piano soggettivo, cioè come Movimento, sei soddisfatta della performance grillina al Campidoglio? «Sono in attesa di vedere risultati più tangibili. So esattamente le difficoltà che incontrano i nostri colleghi al Comune, l'impegno e la professionalità che ci mettono…».Che città è oggi Roma? Io sono un utente Atac e spostarsi in bus è dura…«Mi alzi una palla, io sono un'ex pallavolista. Abbiamo salvato un'azienda che ci è stata consegnata con un debito pregresso di 1 miliardo e 300 milioni…».Salvato? Avete messo un cerottone che può saltare…«Faremo di tutto per non farlo saltare».Va bene. Ma a un cittadino alla fermata che apre la app e vede la scritta «nessun autobus» oppure «arriva tra 28 minuti» che gli dici? Gli spieghi come vi hanno consegnato l'azienda quelli di prima?«Gli dico onestamente, con tutte le incazzature che pure capisco, che grazie al concordato che abbiamo fatto, i creditori ci hanno dato fiducia e possiamo ordinare nuovi bus. E non renderemo più caro il servizio, anzi cercheremo di migliorarlo». E i rifiuti? Una situazione così non s'era vista neanche con le peggiori giunte di prima.«Non voglio fare scaricabarile. Ma il peso delle situazioni ereditate è enorme. La discarica di Malagrotta è stata chiusa nel 2013 senza che fosse stata predisposta, nei dieci anni precedenti, una seria alternativa. In più a livello regionale il Piano rifiuti è fermo al 2012, quando ancora Malagrotta c'era…Capisci che, se devo fare la raccolta dei rifiuti con un'altra municipalizzata in pessime condizioni (ipersindacalizzata, con un sacco di imbucati politici) e poi, una volta raccolti, non si sa dove portarli, non è una cosa veloce da risolvere…».Hai sentito Beppe Grillo di recente?«Non di recente».Che vorresti dirgli?«Che a volte è un po' troppo “elevato"… Scenda accanto a noi…».E a Davide Casaleggio? «Grazie per Rousseau, strumento straordinario che ci dà questa possibilità di esperimento di democrazia diretta. Certo, rispetto al papà Gianroberto, che ha fondato il Movimento dando l'imprinting politico, Davide ha un ruolo diverso, altrettanto prezioso perché ci consente di mantenere viva e in continua evoluzione l'architettura tecnologica di partecipazione democratica del M5s».Chi è Giuseppe Conte? «Un cittadino che non era affiliato a M5s, che non aveva una storia di militanza, e che attraverso il Movimento ha avuto la possibilità di mettersi a disposizione del Paese. Mi auguro che adempia a questo compito con disciplina e onore».
A condurre, il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin. In apertura, Belpietro ha ricordato come la guerra in Ucraina e lo stop al gas russo deciso dall’Europa abbiano reso evidenti i costi e le difficoltà per famiglie e imprese. Su queste basi si è sviluppato il confronto con Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, società con 70 anni di storia e oggi attore nazionale nel settore energetico.
Cecconato ha sottolineato la centralità del gas come elemento abilitante della transizione. «In questo periodo storico - ha osservato - il gas resta indispensabile per garantire sicurezza energetica. L’Italia, divenuta hub europeo, ha diversificato gli approvvigionamenti guardando a Libia, Azerbaijan e trasporto via nave». Il presidente ha poi evidenziato come la domanda interna nel 2025 sia attesa in crescita del 5% e come le alternative rinnovabili, pur in espansione, presentino limiti di intermittenza. Le infrastrutture esistenti, ha spiegato, potranno in futuro ospitare idrogeno o altri gas, ma serviranno ingenti investimenti. Sul nucleare ha precisato: «Può assicurare stabilità, ma non è una soluzione immediata perché richiede tempi di programmazione lunghi».
La seconda parte del panel è stata guidata da Giuliano Zulin, che ha aperto il confronto con le testimonianze di Maria Cristina Papetti e Maria Rosaria Guarniere. Papetti ha definito la transizione «un ossimoro» dal punto di vista industriale: da un lato la domanda mondiale di energia è destinata a crescere, dall’altro la comunità internazionale ha fissato obiettivi di decarbonizzazione. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato - c’è stata un’esplosione delle rinnovabili. Enel è stata tra i pionieri e in soli tre anni abbiamo portato la quota di rinnovabili nel nostro energy mix dal 75% all’85%. È tanto, ma non basta».
Collegata da remoto, Guarniere ha descritto l’impegno di Terna per adeguare la rete elettrica italiana. «Il nostro piano di sviluppo - ha detto - prevede oltre 23 miliardi di investimenti in dieci anni per accompagnare la decarbonizzazione. Puntiamo a rafforzare la capacità di scambio con l’estero con un incremento del 40%, così da garantire maggiore sicurezza ed efficienza». Papetti è tornata poi sul tema della stabilità: «Non basta produrre energia verde, serve una distribuzione intelligente. Dobbiamo lavorare su reti smart e predittive, integrate con sistemi di accumulo e strumenti digitali come il digital twin, in grado di monitorare e anticipare l’andamento della rete».
Il panel si è chiuso con un messaggio condiviso: la transizione non può prescindere da un mix equilibrato di gas, rinnovabili e nuove tecnologie, sostenuto da investimenti su reti e infrastrutture. L’Italia ha l’opportunità di diventare un vero hub energetico europeo, a patto di affrontare con decisione le sfide della sicurezza e dell’innovazione.
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Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)