2022-07-11
Maurizio Masi: «Il clima cambia? Sì, ma da un pezzo»
Maurizio Masi (www.cmic.polimi.it)
Il professore del Politecnico: «Le mutazioni ci sono sempre state. Azzerare le emissioni di CO2 in Europa? Asia e Africa inquineranno comunque molto più di ora. E nessuno si accorgerà dei nostri sforzi mortificanti».Professor Maurizio Masi, lei ha all’attivo oltre 150 lavori in riviste scientifiche «peer reviewed», dove cioè gli articoli prima di essere pubblicati sono verificati da altri colleghi in reciproco anonimato, e insegna al Politenico di Milano chimica e fisica applicata.«Chimica fisica applicata. Senza “e”».Che tradotto significa?«Disciplina di ingegneria chimica volta all’applicazione. Risolviamo problemi concreti. Partiamo dai principi di base per arrivare al pratico».Leggo che ha inventato dieci brevetti. Quello di cui va più fiero?«Carburo di silicio. Siamo stati recordman al mondo in velocità di crescita. Lpe epitaxial technologies, azienda di Bollate, mantenuta in Italia con l’esercizio del cosiddetto golden power. L’anno scorso ha fatturato il record storico già superato a luglio di quest’anno. Sviluppa l’elettronica di potenza che controlla, per intendersi, le auto elettriche».Con un tweet lei ha fatto a fette il delirio contro le auto a benzina. Non è neppure in conflitto di interessi.«Si figuri se sono contro l’auto elettrica. Ma il mondo va avanti. Siamo il secolo dell’impazienza. Mio nonno mi diceva: “Quando tira il vento bisogna reggersi il cappello”. E come al solito l’Europa sbaglia tempi e metodi. Prenda l’alimentatore unico dei telefonini. L’Europa elegge a standard una tecnologia (Usb C) già superata. Il caricatore dovrà trasmettere sempre più potenza per caricare in fretta. Vedrà, con gli alimentatori al carburo di silicio, quanto più velocemente si caricheranno gli smartphone. Ma l’Europa norma solo lo status quo. “Fermate il mondo voglio scendere”, diceva una vecchia pubblicità. Mi spiace. Non si può scendere dal mondo».Ma cosa c’entra lei invece con le calze da donna? Ha inventato la seta artificiale.«No, poliammide modificata. Lo stesso nylon e la stessa fibra delle calze. Ma la Golden Lady cercava un prodotto leggermente modificato che avesse proprietà “di mano”. Ne abbiamo inventato uno che oltre a essere gradevole al tatto aveva anche proprietà antibatteriche».Come ci è riuscito?«Per caso! Io ero già soddisfatto del mio risultato, ma l’ultimo giudizio sul prodotto devono darlo le consumatrici. Le aziende hanno gruppi di controllo di cui si fidano. Fu fatto un test di lunga portabilità su questi collant. E alla fine tutte le donne scrissero una cosa sorprendente».Cioè?«Non pizzicano. Sono gradevoli al tatto ma soprattutto... non puzzano. L’ingegner Zaltieri volle andare fino in fondo. L’odore umano è dovuto a un batterio. L’escherichia coli. La colonia non prolificava portando queste calze. Ci aiutò a scoprirlo il laboratorio specializzato dell’università Statale di Milano con un tampone dedicato. A proposito, oggi lavorano solo per il Covid. E se avessi chiesto loro di fare questa verifica neppure mi avrebbero risposto. La nostra ricerca è ferma da due anni. Altro effetto secondario del Covid».Torno al suo tweet sulle auto. L’Europa emette il 14% della CO2 al mondo. L’auto rappresenta il 9% delle emissioni europee. In pratica, mettiamo a rischio il 13% degli occupati per ridurre dell’1,5% le nostre emissioni.«Pensiamo di essere leader ma non lo siamo. Molti miei studenti pakistani e indiani una volta laureati mi chiedevano di trovargli un lavoro in Italia. Poi in Germania. Oggi tornano a Nuova Delhi già formati perché con 1.000 euro si permettono la donna di servizio e la casa più grande. A Milano cosa farebbero con 2.000 euro? Se anche nel 2050 avremo azzerato in Europa le emissioni di CO2, la sola Nigeria avrà nel frattempo aumentato di più le sue emissioni. Il mondo non si accorgerà dei nostri sforzi mortificanti. Il mercato guarda a Est e glielo dice uno che è “americano” convinto. Sa cosa mi diceva un collega cinese al Mit quando ero in America?».Cosa?«“Ogni giorno che entravamo in classe, a noi bambini veniva detto: Tu sei cinese e dominerai il mondo!. Tutti i giorni. Tutti”. Altro che Nigeria. Pensi alla Cina. Ha fame di crescere. Noi ci diamo regole. Loro no! Abbattono i costi. Arrivano sui nostri mercati con prodotti che costano dieci volte meno dei nostri. E neanche possiamo mettere i dazi. Sì, poi ci sono gli snob come me. Noi abbiamo problemi da ricchi. Ci piace il vestito di sartoria. Il ristorante stellato. Ma noi non siamo il mercato. Il mercato sono quelli che acquistano la camicia a 10 euro invece che a 150».Avrà seguito le polemiche dopo la tragedia sul ghiacciaio della Marmolada...«È l’integrale. L’Italia e l’Europa potevano pure azzerare le emissioni stando al freddo e al buio e la Cina no. Il ghiacciaio si sarebbe staccato ugualmente».Secondo lei siamo nel mezzo di un cambiamento climatico?«I cambiamenti climatici ci sono sempre stati. Il mondo non è mai stato uguale a sé stesso da sempre. L’uomo ha un orizzonte di vita piccolo in sé. Cento anni. Senza studiare la storia, ma rifacendomi alla tradizione orale, i miei ricordi arrivano al massimo alla Prima guerra mondiale. Il vecchio Benelli, che era un ragazzo del ’99 (1899!), me la raccontava. Oggi ho 62 anni. Ma il mio mondo da bambino era enormemente diverso. Mi ricordo l’arrivo della plastica, la pubblicità del Moplen. Nel 1960 nel mondo c’erano 3 miliardi di persone. E oggi, sessant’anni dopo, siamo a 7 miliardi e mezzo. Nel 2050 saremo vicino ai 9. Il mondo cresce e consuma risorse. Nove miliardi di persone che vorranno mangiare, vestirsi e vivere. Oggi che sono a un congresso a Ischia ho illustrato un grafico. Dopo glielo mando».Sì, ma me lo racconti… anzi me lo spieghi. Consideri che non lo sto guardando.«Analizzo due curve. Da una parte l’incremento della CO2 che si può agevolmente misurare. E dall’altra l’incremento della popolazione mondiale. Curve che hanno incrementi esponenziali con strappi evidenti. Poi analizzo l’emissione pro capite di CO2, vale a dire il rapporto fra CO2 emessa e popolazione. E la linea è quasi una retta. In aumento, ma una retta. Sa cosa significa questo?».No…«Nel 1930 eravamo 2,5 miliardi di persone. Chiediamo più risorse al pianeta perché aumenta la popolazione. Ma il cosiddetto Energy budget a persona non cambia molto. La chiave di tutto è la demografia».Dobbiamo far sparire le persone?«No, semplicemente aumentare il livello di alfabetizzazione e scolarità nelle donne. Se queste non studiano fanno mediamente sei figli ciascuna. Già con la licenza elementare si arriva a 2 o 3 figli in media. Se si arriva all’università, si scende a 1,7. Tutto passa dal controllo demografico attraverso l’istruzione delle donne».Possiamo fare a meno dei combustibili fossili (carbone, petrolio, gas eccetera)?«In tutti gli avvicendamenti che si sono succeduti la fonte precedente non è mai scomparsa per far posto alla nuova. Per 100.000 anni - dopo la scoperta del fuoco - il legno è stata l’unica fonte di energia sul pianeta. Le risulta che dopo il 1800, con la rivoluzione industriale grazie al carbone, abbiamo forse smesso di utilizzare il legno come materiale o fonte di energia? Sicuramente la sua percentuale di utilizzo è scesa dal 100% a livelli molto più bassi. Ma è cresciuta la torta dei consumi e il consumo del legno è comunque aumentato in valore assoluto. Il petrolio ha poi sostituito il carbone. Churchill, grande statista ma molto tradizionalista, non voleva saperne di far andare le navi a petrolio anziché a carbone. Dovettero convincerlo gli americani. Di nuovo, pur riducendosi la quota del carbone ne consumiamo molto più oggi in valore assoluto che allora. Il gas ha poi preso il sopravvento. Le risulta che non utilizziamo più il petrolio? Infine, qualche burocrate europeo pensava addirittura di mettere fuori gioco il gas. Un ente molto serio, come l’International energy agency, stima che da qui al 2050 - anzi al 2100 - il consumo di gas aumenterà in valore assoluto anche se ne ridurremo la percentuale di consumo sul totale delle fonti».Si ritorna lì. Il burocrate europeo promuove qualcosa e mette fuori gioco le alternative così indirizzando lo sviluppo.«Oggi esiste un indice. Si chiama Lca, Life cicle assessment. Un dato che ci dice quanto un prodotto ha consumato fin dalla sua origine e fino alla sua morte in termini di carbonio, acqua e terreno. Un’auto a combustione interna (a diesel o benzina) ha un alto impatto in termini di emissioni di carbonio ma basso in termini di consumo di suolo o acqua. Se mi sposto all’auto elettrica riduco tantissimo l’impatto di carbonio ma cosa accade al resto? Devo scavare per avere metalli e terre rare con cui produrre le batterie. Venti grammi di queste terre rare per ogni tonnellata di terra. Una macchina ne ha almeno un chilogrammo e mezzo. Moltiplichi per il numero delle macchine. E comincerà a avere un’idea dei metri cubi di terra che saranno scavati. Un enorme consumo di terreno. E di acqua per la produzione. Un legislatore serio non sceglie una tecnologia piuttosto che un’altra, ma si concentra sul cosiddetto Lca. Stabilisco un target. Nel tempo dev’essere ragionevolmente ridotto. E lascio il resto al mercato. Chi ha tanto vento andrà con le auto elettriche. Chi è ricco di scarti agricoli andrà a biogas. Prenda il giubbotto di pelle».Cioè?«Dicono che la finta pelle sia più ecologica di quella vera. Ma l’animale è morto perché lo devo mangiare: la pelle è già lì. Un sottoprodotto. Un giubbotto di plastica e uno in camoscio. Arrivi a fine serata e mi dica se c’è differenza. Dopodiché io non faccio mercato. Non tutti possono permettersi un camoscio da 850 euro mentre un giubbotto in Pvc da 50 euro sì. Non li biasimo. Loro sono il mercato. Ma non ditemi che sono più verdi, Lca è impietosa».Nucleare sì o no?«Nucleare sì! Ci dicono che la CO2 è il nemico. E il nucleare non ne emette. Produce scorie ma in relazione all’energia prodotta sono basse. Materiale radioattivo stoccabile in sicurezza e di piccola dimensioni. Pensi a quanti poveri africani muoiono per scavare tonnellate di terreno da cui estrarre le terre rare».
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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