
Parla il gestore del Papeete, eurodeputato leghista e campione di preferenze al Sud: «Salvini in consolle? Basta con la politica ingessata. Noi siamo carichissimi per la campagna elettorale. Ma niente cubiste...»«Cosa dice Giuseppe Conte? Che lui ha lavorato mentre noi eravamo in spiaggia? Stia tranquillo: presto in spiaggia ci andrà anche lui». Volente o nolente. Massimo Casanova è il proprietario dell’ormai celebre Papeete beach, lo stabilimento di Milano Marittima, divenuto war room balneare del ministro dell’Interno. «No, ma guardi che io di solito interviste non ne faccio, il protagonista è Matteo, io sono solo un fedele soldato». Tuttavia, mentre il governo capitombola, ci corre l’obbligo di insistere. Perché, nella campagna elettorale ferragostana, Casanova - che non è parente - rappresenta non soltanto un simpatico imprenditore romagnolo del turismo, nonché l’eurodeputato più votato al Sud. Ultimamente si è ritagliato il ruolo cruciale di scenografo e financo ideologo del cosiddetto «Viminale beach»: un’originale forma di spazio politico che unisce conferenze stampa in infradito e balli di gruppo, interviste e inni nazionali sull’arenile, cabine di regia e cabine per gli spogliatoi, aperitivi e sottosegretari in bermuda. Il Camp David salviniano, la Capalbio sovranista, la Forte dei Marmi antieuropeista. «Campagna elettorale? Non c’è problema. Siamo carichissimi, anzi, non vedo l’ora», dice il ministro della Marina leghista (Marina di Ravenna, di Bibbona, di Camerota, eccetera) mentre snocciola le tappe del festivalbar elettorale salviniano. «Ora sto andando a Termoli, poi faremo Peschici, Policoro, la Calabria, c’è un entusiasmo straordinario. Stiamo unendo Nord e Sud». Dunque, armato di mojito e ombrellone, è pronto alla pugna elettorale?«Siam qui apposta. Quando il capo chiama, io rispondo. L’altra sera a Pescara, nel giorno cruciale, c’ero anche io. È stato un passo importante. Ci siamo commossi tutti. Se ci ripenso mi viene la pelle d’oca». È venuta a molti, guardando le immagini del ministro Salvini in versione deejay.«Ancora questa storia? Ragassi, svegliamoci. La politica è cambiata completamente. E per fortuna». Alcide De Gasperi passava l’estate giocando a bocce a Borgo Valsugana. Aldo Moro solitario sulla spiaggia di Terracina. «Esatto, erano tutti incravattati, impostati. Salvini ci sta dimostrando che si può fare politica stando in mezzo alla gente. Un ministro dell’Interno in mezzo ai giovani, a torso nudo, alla consolle, in discoteca, non s’era mai visto». In effetti no. Fiorenza Sarzanini sul Corriere sostiene che il Papeete non può essere la succursale del Palazzo. Filippo Ceccarelli su Repubblica se la prende con il totalitarismo pop che «distrae la gente dai suoi guai buttandola in caciara». La comunità intellettuale sembra non abbracciare la sua linea. «Cosa dobbiamo fare, nasconderci? Un ministro che si diverte non si deve mica nascondere. Siamo onorevoli, ma anche esseri umani. Persone normali. La politica deve tornare a essere normalità. Guardi, preferisco un ministro a torso nudo, ma che risolve i problemi». È stata sua l’idea di sparare a tutto volume l’inno di Mameli sulla battigia, come fosse un singolo di Alex Britti? Non è che ha un filo esagerato?«L’inno nazionale sta bene su tutto. E guardi che io nel mio stabilimento lo faccio andare sempre, non solo quando c’è Salvini». Come una sorta di compilation?«Sempre, anche durante le serate in spiaggia». Ma, la sacralità della politica…«L’inno in spiaggia è giusto che ci sia. È giusto che i giovani lo conoscano e lo cantino insieme. Per me è come un credo, una religione, una preghiera. E dove sta scritto che bisogna pregare soltanto in chiesa? Io prego anche durante la giornata». Diversi accademici sono alle prese con interrogativi scomodi. Perché, ad esempio, Emmanuel Macron non balla la Marsigliese sulla spiaggia di Mentone?«Semplicemente perché Macron è diverso da noi, e noi siamo diversi da lui. Orgogliosamente diversi». Il nuovo paradigma della politica, per dirla con le parole di Aldo Cazzullo: dalla rappresentanza all’identificazione.«Siamo stufi della politica in giacca. Ora ci si stringe la mano, ci si guarda negli occhi. È finito il tempo dei comizi di piazza. A Pescara, per dire, un altro politico avrebbe chiesto alla gente di lasciare la spiaggia, per ascoltare il comizio. Salvini scende tra la gente». Alle europee ha incassato 64.000 preferenze. Come ha fatto un romagnolo a essere il più votato al Parlamento europeo, circoscrizione Sud? «Intanto partivo avvantaggiato: noi romagnoli siamo definiti i meridionali del Nord. Per la passione, il sorriso. Ricordo che durante gli incontri politici dovevo stare dietro un tavolo con un microfono. Ho spostato il tavolo, buttato via il microfono, e ho detto al pubblico: “Son qua, sono uno di voi”. Lo sa che una stretta di mano per un romagnolo vale più di un notaio?».Dunque il dado è tratto: intende esportare la dottrina Papeete in tutta Italia? «Vorrei fare da trait d’union tra il Nord e Sud».L’idea era già venuta a Giuseppe Garibaldi.«Non esageriamo. Vorrei esportare la mentalità romagnola, questo sì. Si ricorda la tromba d’aria che qualche settimana fa ha distrutto le spiagge della riviera? In realtà ha colpito il versante Nord, lontano dalle mie zone. Ma mi sono caricato i miei uomini e siamo andati a dare una mano. In 24 ore era tutto pulito. Voglia di fare e solidarietà: questa è l’Italia che mi piace». La dicitura Papeete l’ha scelta lei? «No, esisteva già. Ma partiamo dall’inizio. I miei genitori gestivano un albergo. Io d’estate lavoravo e d’inverno giravo il mondo, drizzavo le antenne, cercavo di capire cosa volesse la gente dall’estate. Ho messo insieme tutto e nel 1999 ho comprato lo stabilimento. All’inizio fu dura».Perché? «Il Papeete era in declino. Milano Marittima è sempre stato un posto un po’ chic. Una località per famiglie, dove i giovani un po’ cresciuti si rifiutavano di venire. Andavano per conto loro. Posso dire che grazie anche al Papeete i ragazzi hanno riscoperto Milano Marittima. E questo senza rinunciare ai servizi e all’assistenza per le famiglie con bambini. Poi nel 2003 ho inaugurato Villa Papeete: grandi feste ben organizzate, si mangia, si balla. Alla fine siamo decollati. E tutto grazie a un’intuizione». Quale?«Il Papeete nasce su una filosofia, per cui tutti devono poter permettersi il divertimento. Non ci sono cittadini di serie A di serie B. Le vacanze sono un diritto non solo per chi indossa la camicia da 500 euro». Democrazia balneare. Quanto costano lettino e ombrellone?«Intorno ai 20 euro. Da noi tutti possono entrare».Porti chiusi, ma stabilimenti aperti?«Con un’unica condizione: la buona educazione». Hanno scritto che a Capalbio si legge Dacia Maraini, al Papeete, al massimo, il menù. «Lasciamoli dire. Noi siam gente che vuole solo divertirsi senza prendersi troppo sul serio. E comunque in spiaggia c’è posto per tutti, ognuno con la sua testa». E l’incontro con Salvini?«Me l’hanno presentato al mare. Ci siamo piaciuti. È partita subito la simpatia. Alla fine siamo diventati amici: vacanze assieme con mogli, fidanzate. Sotto l’ombrellone la gente lo avvicinava anche quando era al 3%». Oggi sull’estate politica si addensano nubi temporalesche. Il premier Giuseppe Conte sostiene che mentre il governo lavorava, Salvini era in spiaggia. «E va beh. Avrà tempo più avanti di andare in spiaggia anche lui. Lo aspettiamo al Papeete per uno spritz. Tanto la strada è tracciata».Intende la strada per il voto?«Ma sì. Negli ultimi mesi la gente veniva da me a lamentarsi. Percepiva l’ostruzionismo degli alleati, i troppi no. Matteo ha ponderato molto la scelta: del resto non si poteva andare avanti. Ci sono troppe cose da fare: sul fisco, sull’autonomia… Ora scusi ma sono arrivato a Termoli. Il Sud è una grandissima risorsa, dobbiamo essere presenti».Mi faccia solo capire: a ogni incontro balneare di Salvini ci sarà l’inno nazionale e le cubiste? «L’inno nazionale, sicuramente. Le cubiste, beh quelle magari no».
Emanuele Fiano (Ansa)
L’ex deputato pd chiede di boicottare un editore ospite alla fiera patrocinata da Gualtieri e «reo» di avere un catalogo di destra.
Per architettare una censura coi fiocchi bisogna avere un prodotto «nero» ed etichettarlo con la dicitura «neofascista» o «neonazista». Se poi scegli un ebreo (si può dire in questo contesto oppure è peccato?) che è stato pure censurato come testimonial, hai fatto bingo. La questione è questa: l’ex parlamentare Pd, Emanuele Fiano, che già era passato alla cronaca come bersaglio dei pro Pal colpevoli di non averlo fatto parlare all’Università Ca’ Foscari di Venezia e contro il quale qualche idiota aveva mimato la P38, sta premendo per censurare una casa editrice colpevole di pubblicare dei libri pericolosi perché di destra. Anzi, di estrema destra.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.






