
Procura al lavoro sui rapporti finanziari fra una grande azienda, Alberto Bianchi e due imprenditori. Tra questi, il manager di Dotmedia, società chiave delle prime Leopolde. Il convitato di pietra della nuova inchiesta per influenze illecite della Procura di Firenze è, ça va sans dire, Matteo Renzi. Ma il suo nome o quello di qualche suo parente non compaiono nei primi atti depositati presso il tribunale del Riesame e a cui hanno avuto accesso i difensori che hanno fatto opposizione ai numerosi sequestri che sono avvenuti in almeno quattro regioni d'Italia tra luglio e agosto. È incredibile come in questi mesi l'attività investigativa non sia stata scoperta dai media nonostante le ripetute perquisizioni e i numerosi ricorsi in Tribunale. Una linea di riservatezza che viene mantenuta in questi giorni dagli inquirenti. Ma se i giornalisti hanno scoperto solo nelle ultime ore l'esistenza di un'indagine che va avanti da molti mesi, di certo la questione era nota da tempo a Renzi, almeno dopo le prime perquisizioni. E chissà se le investigazioni in corso hanno avuto una qualche parte nella decisione dell'ex premier di tornare al governo. L'indagine è molto ramificata e parte dai pagamenti delle aziende di un grande gruppo imprenditoriale romano (il legale rappresentante di una delle società della holding è stato iscritto sul registro degli indagati) a due imprenditori fiorentini (entrambi sotto inchiesta) e all'avvocato Alberto Bianchi (il quarto indagato del fascicolo) che avrebbe offerto prestazioni professionali diverse da quelle indicate in fatture e parcelle. Bianchi, ex presidente della Fondazione Open, la cassaforte del Renzi politico, oggi è accusato di traffico di influenze illecite perché avrebbe ricevuto emolumenti per favorire rapporti con uomini delle istituzioni. I finanzieri hanno prelevato dallo studio di Bianchi la lista completa di tutti i finanziatori della fondazione, evidentemente per verificare se da lì siano passati denari del gruppo imprenditoriale al centro della vicenda. Ma a quanto risulta alla Verità nelle prime informative dell'inchiesta non sarebbero stati formalmente indicati i nomi di politici o pubblici ufficiali con cui la famiglia di imprenditori del centro Italia avrebbe avuto contatti grazie ai buoni uffici di Bianchi. A quanto ci risulta, almeno per il momento, gli inquirenti non starebbero contestando né la corruzione né il finanziamento illecito, anche se non si può escludere che queste ipotesi di reato possano emergere nel prosieguo delle investigazioni. Di certo il giro di denaro al centro dell'indagine sarebbe molto importante, si parla di almeno un milione di euro. Attualmente i due imprenditori fiorentini sono accusati di appropriazione indebita e autoriciclaggio. Alla Verità risulta che uno dei due sarebbe Patrizio Donnini, uomo vicinissimo a Matteo Renzi e alla sua famiglia: è tra i fondatori della Dotmedia, l'agenzia di comunicazione che ha curato l'immagine delle prime Leopolde.All'origine della contestazione nei suoi confronti, un'operazione di compravendita che avrebbe garantito agli imprenditori una plusvalenza eccessiva, giudicata dagli inquirenti sospetta. Ma chi ci ha rimesso era d'accordo a che si realizzasse tale provvista? E, se sì, lo ha fatto nella speranza di acquistare punti agli occhi degli uomini del Giglio magico? A partire dall'inizio dell'estate ci sono state molte perquisizioni che hanno coinvolto almeno una quindicina di soggetti in varie regioni d'Italia, il che fa supporre che il numero delle persone sotto inchiesta sia destinato a salire. Ai primi di luglio i finanzieri hanno bussato alla porta di un imprenditore emiliano in rapporti con quelli fiorentini. Poi a metà mese le Fiamme gialle si sono presentate in forze (con più di 40 uomini) negli uffici dei due indagati toscani. Sempre a luglio i militari hanno fatto visita alle sedi della holding dell'importante famiglia imprenditoriale, dislocate tra Roma e un'altra regione del centro Italia. Il fascicolo d'inchiesta è stato aperto nel 2016 prendendo spunto dalla compravendita sospetta formalizzata nel 2017 dalla holding romana con gli imprenditori fiorentini. Successivamente gli investigatori hanno messo sotto osservazioni altre operazioni del gruppo, come gli incarichi professionali conferiti a Bianchi. Quest'ultimo nei giorni scorsi ha consegnato agli inquirenti la documentazione per l'attività svolta a difesa dell'importante cliente in una controversia con la giustizia amministrativa. Una prestazione che avrebbe portato all'ottenimento di un'importante transazione. Gli inquirenti, però, sospettano che quegli emolumenti siano stati in realtà pagati al legale con l'obiettivo di allacciare rapporti politici di alto livello. In particolare in vista di un'importante accordo da raggiungere con una pubblica amministrazione nella primavera del 2018. L'indagine ha avuto la sua svolta nel dicembre 2018 quando la Guardia di finanza ha inviato alla Procura fiorentina una comunicazione di notizia di reato con la ricostruzione dei passaggi di denaro diretti a Bianchi e agli imprenditori fiorentini. I principali fatti all'attenzione dei pm si sarebbero svolti tra il 2017 e il 2018, quando a Palazzo Chigi sedeva Paolo Gentiloni e Matteo Renzi era segretario del Pd. Ieri l'avvocato Nino D'Avirro, difensore di Bianchi, ha dichiarato: «Stiamo valutando con l'avvocato Bianchi se fare o meno ricorso al Tribunale del Riesame per il sequestro dei documenti. Abbiamo dieci giorni di tempo per farlo e in queste ore prenderemo la decisione». È stato uno dei pochi commenti seguiti al sequestro operato dalla Guardia di finanza dell'elenco dei finanziatori della Fondazione Open, che ha operato tra il 2012 e il 2018 per sostenere dal punto di vista finanziario e organizzativo l'attività politica di Matteo Renzi ed in particolare per l'organizzazione della kermesse annuale della Leopolda. Open sostituì un'altra fondazione, Big bang, alla vigilia della prima partecipazione di Renzi alle primarie nazionali del Pd nel 2012 per la carica di segretario del partito, in cui fu sconfitto da Pierluigi Bersani. Nel consiglio direttivo, oltre a Bianchi che ne era il presidente, sedevano Maria Elena Boschi, con la carica di segretario generale, Marco Carrai e Luca Lotti, tutti esponenti di primo piano del cosiddetto Giglio magico. Sul sito internet della fondazione era possibile leggere i nomi dei finanziatori che avevano dato il consenso alla pubblicazione online. In sei anni Open ha raccolto circa 6,7 milioni di euro di donazioni. «Sono profondamente amareggiato da questa vicenda», è stata, invece, l'unica dichiarazione rilasciata finora dall'avvocato Alberto Bianchi, che in passato è stato anche il legale di Renzi. Bianchi fu nominato nel maggio 2014 nel cda di Enel e ha svolto consulenze anche per Consip. Qualche giornale ha collegato l'inchiesta su Bianchi e gli altri indagati a quella sui fratelli Conticini per la presunta appropriazione indebita di fondi delle organizzazioni umanitarie. In realtà sembra che le due indagini siano del tutto separate. Quella su Bianchi è seguita direttamente dal procuratore aggiunto Luca Turco, senza l'ausilio di Giuseppina Mione, che è invece applicata al caso Conticini.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





