2021-01-21
Caso Libia e hackeraggio. Il Copasir vuole le risposte dal premier e da Casalino
Giuseppe Conte e Rocco Casalino (Ansa)
Il Comitato ascolterà pure i capi dei servizi sulla liberazione dei pescatori. Il portavoce dovrà spiegare il suo sms da Bengasi e il presunto attacco informatico a Palazzo Chigi.Il leader di Italia viva ha molto insistito affinché Giuseppe Conte lasciasse la delega ai servizi segreti. Insinuando dubbi sulla visita romana dell'inviato di Donald Trump nell'estate 2019.Lo speciale contiene due articoli.Passate prima le feste di Natale e poi la crisi, almeno quella parlamentare, arriva il conto del Copasir. Il comitato per la sicurezza della Repubblica ha convocato ieri ufficialmente il premier Giuseppe Conte, il suo portavoce Rocco Casalino, il capo del Dis, Gennaro Vecchione, il segretario generale di Palazzo Chigi, Roberto Chieppa, il direttore dell'Aise, Giovanni Caravelli, e - a chiudere la lista - Matteo Renzi, che dovrà dire la sua sul caso Barr. Sono tutti attesi la prossima settimana a palazzo San Macuto per essere auditi su temi a dire il vero molto diversi l'uno dall'altro.Il programma è stato reso noto ieri mattina dal presidente del Comitato, il leghista Raffaele Volpi, al termine di una riunione dell'Ufficio di presidenza. Volpi ha tenuto a sottolineare che l'organismo di controllo opera «nella sua sancita autonomia istituzionale e in alcun modo sollecitabile da altri attori se non dal Parlamento» e a ricordare che le persone chiamate sono tenute a riferire «con lealtà e completezza le informazioni in loro possesso concernenti le materie di interesse del Comitato». Il messaggio rappresenta tra l'altro il sentimento unanime di tutti i membri che hanno chiaramente atteso il termine della crisi di governo per evitare che le convocazioni potessero essere strumentalizzate. Già prima di Natale era stato infatti deciso di aprire il dossier pescatori-Libia sul quale oltre che Conte e Caravelli è stato inserito anche eccezionalmente Casalino. A determinare l'irrituale convocazione di quest'ultimo la notizia apparsa sui media - smentita dallo stesso capo ufficio stampa di Palazzo Chigi - che la mattina del 17 dicembre, giorno dell'annuncio della liberazione dei pescatori, il portavoce avrebbe inviato ad alcuni giornalisti lo screenshot della sua geolocalizzazione che lo indicava presente a Bengasi, dove aveva accompagnato Conte e Luigi Di Maio nel loro viaggio per incontrare Khalifa Haftar. Il premier dovrà informare i dieci rappresentanti del Parlamento anche delle scelte politiche sottostanti la liberazione dei pescatori di Mazara del Vallo. Dovrà non solo smentire le voci trapelate su molti quotidiani che ci sia stata una sorta di contropartita (la liberazione di miliziani?), ma anche chi abbia aiutato l'Italia nella mediazione e quale concessione si stata fatta al generale della Cirenaica nello scacchiere geopolitico. Un tema per nulla secondario visto che potrebbe impegnare l'intero Paese indebolendo tradizionali contatti diplomatici ed economici. Più semplice sarà invece la testimonianza del portavoce del premier. Lui dovrà garantire di non aver messo a repentaglio le autorità italiane in una situazione di guerra. Casalino sarà inoltre interpellato dal Comitato anche su un'altra vicenda: lo scorso 14 gennaio, tra le storie Facebook del profilo ufficiale del premier è apparso per alcuni minuti un post che invitava all'iscrizione al gruppo «Renzi a casa». Lo staff di Conte ha in seguito preso le distanze non escludendo l'ipotesi di un hackeraggio per danneggiare il presidente. Il Copasir vuole dunque verificare se effettivamente c'è stato un attacco informatico e, più in generale, valutare lo stato della sicurezza informatica della presidenza del Consiglio. A questo proposito sarà sentito anche il segretario generale, Roberto Chieppa, a cui fa indirettamente capo l'infrastruttura. Qui il rischio è che lo staff della comunicazione scopra che la toppa potrebbe essere peggio del buco. Da indiscrezioni raccolte da La Verità potrebbe essersi trattato di un semplice errore umano, come si suol dire. Un addetto ai social avrebbe banalmente confuso un account con l'altro. Postando di fatto su quello ufficiale del premier, anziché sul proprio. Arrivando infine alla più stretta attualità, il Copasir vuole vederci chiaro anche sull'ipotesi - avanzata da La Stampa - che anche vertici dell'intelligence si siano mossi per reclutare parlamentari a sostegno della maggioranza. Circostanza smentita seccamente dalla presidenza del Consiglio, sulla quale toccherà però a Vecchione «testimoniare» davanti al Copasir, il quale sempre ieri tramite Volpi, ha fatto sapere di poter approfondire l'argomento anche con altre audizioni. Non deve essere passata inosservata la nota del comandante generale della Gdf, Giuseppe Zafarana, che seppure smentendo seccamente i rumor ha tenuto a precisare «nessun generale in servizio». Insomma, la carne al fuoco è tantissima. E non si può non notare che al centro del «processo» c'è un Conte indebolito e che fino ad oggi ha tirato un po' troppo la corda valicando i tradizionali perimetri di collegialità democratica. Motivo per cui è stato costretto, soprattutto dal Pd, a lasciare a una figura terza (sebbene di fiducia) le deleghe ai servizi. Il Copasir si appresta così a tirare le fila di un inverno complesso e nonostante i due cambi interni in vista la compagine del comitato di appresta a rimanere compatta. Stamattina il deputato Antonio Zennaro, passato dal Misto alla Lega, darà le dimissioni. Mentre nei prossimi giorni il Comitato affronterà a situazione di Ernesto Magorno (Iv). La sua astensione per lo statuto vale opposizione al governo e quindi anch'egli dovrà lasciare il ruolo di membro del Copasir. Pd e 5 stelle troveranno un accordo sulle due sostituzioni. Resta il fatto che per Conte si tratterà di dare molte risposte.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/libia-hackeraggio-copasir-conte-casalino-2650047277.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="e-renzi-dovra-dire-cio-che-sa-su-barr" data-post-id="2650047277" data-published-at="1611190458" data-use-pagination="False"> E Renzi dovrà dire ciò che sa su Barr Ha cannoneggiato per settimane il premier, con il doppio obiettivo: metterlo in crisi e scavalcare il Pd nella diatriba sull'intelligence. Così Matteo Renzi ha più volte chiesto a Giuseppe Conte di lasciare le deleghe ai servizi segreti fino a lasciare intendere scarsa fiducia personale e dubbi su quanto accaduto l'estate del 2019 durante la visita a Roma dell'inviato di Donald Trump, il procuratore William Barr. «È oggi ancora più urgente», hanno dichiarato fonti renziane poco meno di due settimane fa, «che Conte lasci la delega ai Servizi e che si faccia chiarezza su quanto accaduto nell'estate 2019». Da Iv ricordavano che quando emerse la vicenda, con i possibili legami con il Russiagate, Renzi chiese al premier di riferire al Copasir. «Non è un capriccio o un fatto di poltrone», hanno aggiunto i renziani, «chiedere che Conte lasci i servizi. Ci sono questioni prioritarie, come vaccini e scuole, ma i fatti di Washington testimoniano che la sicurezza nazionale è tema centrale. Non possiamo non notare che il premier nel commentare quei fatti non ha citato Trump». Nelle ore successive il vice presidente del comitato, Adolfo Urso, lasciando intendere la necessità di una convocazione, aveva subito dichiarato: «Gli italiani si chiedono come mai la delega ai servizi segreti sia diventata, in questa verifica, più importante del Recovery fund, più importante della compagine ministeriale, più importante persino della sorte della legislatura». Tradotto in poche parole: che cosa sa Renzi che gli altri non sanno? Ecco, la prossima settimana la domanda sarà girata direttamente al senatore semplice di Scandicci. L'audizione di Renzi sarà dunque dedicata a un altro tema già ampiamente trattato dal Comitato, le visite segrete a Roma del procuratore americano alla ricerca di prove per il cosiddetto Russiagate. La tesi di Donald Trump è che nel 2016 Barack Obama contattò i leader di Paesi alleati, tra cui l'allora premier Renzi, sollecitandone l'aiuto per affossare la sua corsa alle presidenziali Usa. Vedremo che cosa risponderà l'ex sindaco di Firenze, il quale dovrà anche fare attenzione a chiarire, durante l'audizione, se l'assalto non sia stato mosso da intenti politici con l'obiettivo di favorire la nomina di un suo uomo. Senza contare che le sue parole potrebbe anche influire su un difficile equilibrio. A stretto giro di posta, a meno che non cada il governo, dovrà essere scelto il sottosegretario con le deleghe all'intelligence. Tra i nomi dei papabili emersi, sono stati fatti anche quelli della ministra dell'Interno, Luciana Lamorgese, di Roberto Chieppa e soprattutto del capo di gabinetto del premier, Alessandro Goracci. Inutile dire, però, che le trattative in corso per allargare il sostegno all'esecutivo lasciano aperte anche altre ipotesi. Mentre sul piatto bollente delle deleghe restano ormai da tempo il nodo dei vice direttori delle agenzie da nominare, quello della Fondazione per la cybersicurezza, voluta da Conte ma frenata dal Pd, e i possibili interventi sulla legge sui Servizi. Quest'ultima frutto di un blitz a fine luglio del 2020. Conte fece inserire notte tempo nel decreto Emergenza un articolo con l'obiettivo di modificare il meccanismo dei rinnovi dei vertici della agenzie così come previsto dalla legge statutaria del 2007. Parlamento e Copasir sono intervenuti più volte per ripristinare la situazione precedente e comunque trovare una soluzione condivisa. Non tra maggioranza o minoranza, ma tra premier e partiti. Una anomalia che portò ad audizioni e pure a un gentlemen's agreement poi disatteso da Conte. È chiaro che adesso i nodi arriveranno al pettine.
La stazione di San Zenone al Lambro, dove il 30 agosto scorso un maliano ha stuprato una 18enne (Ansa)
Il ministro degli Interni tedesco Alexander Dobrindt con il cancelliere Friedrich Merz (Ansa)
Massimo Cacciari (Getty Images)