2018-07-18
«Libertà di coscienza messa in pericolo al processo De Mari»
Mauro Ronco, l'avvocato della dottoressa, oggi davanti ai giudici, ci spiega perché è innocente: «Non c'è diffamazione né discriminazione».L'udienza si tiene oggi a Torino. Sotto accusa c'è la dottoressa e collaboratrice della Verità Silvana De Mari, colpevole di aver sostenuto che i rapporti omosessuali e la penetrazione anale ripetuta possono portare spiacevoli conseguenze. A denunciarla è stata l'associazione Torino Pride, a cui si è accodata il sindaco di Torino, Chiara Appendino. L'accusa è di diffamazione, ma in realtà sul tavolo c'è ben altro: «A rischio in questo processo ci sono la libertà di coscienza e di espressione», spiega l'avvocato Mauro Ronco, che difende la scrittrice. Come è possibile finire a processo per diffamazione parlando, da medico, delle conseguenze note di pratiche sessuali?«Non dovrebbe essere possibile. Perché la diffamazione è un'offesa verso una persona o un gruppo determinato di persone, che in questo caso non c'è». Quindi perché la De Mari è alla sbarra?«La tesi è che quello Lgbt sia un gruppo determinato di persone, con una consolidazione sociale così significativa da costituire un autonomo soggetto sociale meritevole di una autonoma tutela di carattere penale».Guardando all'influenza che i gay hanno sulla politica sembrerebbe proprio così.«Però giuridicamente non lo è. Il tentativo è proprio far riconoscere un soggetto sociale autonomo che non esiste».E senza soggetto sociale non può esistere diffamazione?«Esatto. Si tratta di una forzatura».A che conseguenze può portare questo riconoscimento?«Al passaggio dal delitto di diffamazione a quello di omofobia che in Italia non esiste». Un cavallo di Troia per fare approvare la legge sull'omofobia insomma?«C'è questo rischio. L'obiettivo delle associazioni quando si voleva approvare la legge era che venisse punita comunque l'opinione contraria alla pratica omosessuale. La normativa non è stata approvata e adesso ci riprovano attraverso la strada della diffamazione».E l'Appendino in tutto questo cosa c'entra?«Il sindaco di Torino si è presentata all'udienza sostenendo di essere persona offesa in rappresentanza della città. Il giudice ha respinto la richiesta di poter partecipare a quell'udienza, però le ha dato la possibilità di presentarsi come persona danneggiata».Quindi oggi ci sarà?«Probabilmente si presenterà come parte civile».E lei si opporrà?«Ovviamente sì. La città non può essere parte civile per danno morale per le pratiche denunciate». Non sarebbe dovere di un sindaco rappresentare tutti, anche chi la pensa come la De Mari?«Appendino si pone nella prospettiva di combattere la discriminazione ma se, come penso, verranno legittimate le critiche espresse dalla dottoressa, allora sì configurerebbe una potenziale discriminazione verso coloro che le sostengono. Il problema di fondo, però, è che non siamo di fronte a una discriminazione».Le parole della De Mari non erano discriminatorie?«Per nulla. Ferma la vostra libertà di fare quello che ritenete, ha sempre sostenuto la dottoressa, non potete sottrarvi alle critiche di chi crede che il vostro comportamento non sia conforme alla legge naturale, che ha come obiettivo almeno potenziale la procreazione».Un pensiero originale?«Che dalle leggi di natura si ricavino leggi di carattere etico, morale e sociale è fondamento dell'intero pensiero occidentale. Molti non la pensano così, ma in una società pluralista devono essere consentite anche tesi come quelle della dottoressa».Si tratta di una persecuzione? «Siamo di fronte a un tentativo di impedire la libertà di espressione e di coscienza».Su cosa si basa la difesa?«Sul fatto che non c'è stata diffamazione, né discriminazione e sulla verità scientifica. Quella che illustra le conseguenze infettivologiche e di carattere traumatico, legate alla sessualità maschile».Le questioni mediche sono un'evidenza, lo scontro, però, si gioca su un altro piano…«Quello che la dottoressa critica è la pretesa di fare della pratica omosessuale una pratica completamente parificata all'incontro sessuale tra uomo e donna. Cioè, in fondo, la pretesa del mondo, cosiddetto gay, di creare una cultura alternativa».Il pm non aveva chiesto l'archiviazione?«Sì, usando il buon senso. Il reato di omofobia infatti non esiste. Introdurlo, come sostenne anche il Parlamento, viola il principio della libertà di espressione».
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