2020-02-21
L’ex Br Etro ha perso il sussidio di Stato: «Ora andrò in galera e vi costerò di più»
Raimondo Etro in una foto d'archivio (Ansa)
La revoca del reddito grillino è dovuta soltanto a un suo errore burocratico. Federica Saraceni lo conserva. E querela il «collega».«Visto che mi hanno tolto il reddito di cittadinanza, con le ultime querele che mi sono arrivate me ne torno in galera e, da 780 euro che spendeva per me lo Stato, costerò quanto un detenuto». A conti fatti sono circa 180 euro al giorno. E questo Raimondo Etro, 63 anni, brigatista condannato a 20 anni e 6 mesi per aver partecipato al sequestro di Aldo Moro e per l'omicidio del giudice Riccardo Palma, e ora ex detentore di reddito di cittadinanza, lo sa bene. A gennaio gli è stata accreditata l'ultima mensilità. E alla Verità dice: «Non avevo comunicato una variazione di residenza e, per una questione burocratica, mi sono ritrovato dalla Guardia di finanza». Quella che Etro definisce «una questione burocratica», prevede la reclusione da uno a tre anni. «Mio figlio e mia nipote», spiega Etro, «per necessità burocratiche, hanno chiesto la residenza qui a casa mia ma, dato che loro in realtà non risiedono qui, io non ho comunicato alcuna variazione. Tra l'altro mi sarebbe convenuto, perché mio figlio è disoccupato e, con loro a carico, avrei finito per prendere anche più dei 780 euro mensili. A quel punto, però, sarebbe stata una truffa, perché loro non hanno vissuto da me». La norma è chiara: «Nei casi in cui si ometta la comunicazione all'ente erogatore delle variazioni di reddito o patrimonio, nonché di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio (...) è prevista la decadenza con efficacia retroattiva e la restituzione di quanto indebitamente percepito». Etro quindi dovrà anche restituire quanto aveva incassato. E non prova neanche a difendersi: «Sono stato interrogato dalla Guardia di finanza e mi sono dichiarato colpevole. Chiederò pure di essere giudicato subito, con la speranza che mi condannino immediatamente, perché in questo momento, senza reddito di cittadinanza, non ce la faccio neanche a sopravvivere». Agente pubblicitario, fotografo, commerciante di riviste e film hard core, ora non se la passa per nulla bene. Ma, in compenso, ha molto tempo da dedicare ai suoi tre profili Facebook. Il brigatista 2.0 la rivoluzione la fa con la tastiera del suo pc. Ce l'ha con tutti, di destra e di sinistra, compresi i suoi ex compagni Br, come Barbara Balzerani. Si definisce antifascista, anticomunista e anticlericale. Per lui Giorgia Meloni, che l'ha querelato, è «la nana coatta sgraziata fascista». Renzi? «Una latrina». Giachetti è un «pagliaccio». Formigoni e Vendola? «Meglio quando raccontano barzellette sporche, ma stiano lontani dalla politica». Ce l'ha con i gay e anche con gli omofobi. Sull'accoglienza, poi, è «completamente d'accordo con Papa Imbroglio: tutti in Vaticano». Il surriscaldamento del pianeta? «Sai che c'è, Greta? Ma vaff... a te, a tutti quelli che ti sfruttano e a quelli che credono agli asini che volano». Ma non è un leone da tastiera. Anche vis à vis non le risparmia. E infatti continua ad accumulare denunce: «Il reddito di cittadinanza, oltre all'inchiesta per non aver comunicato la variazione di residenza, mi è costato una querela per diffamazione da parte del padre dell'ex brigatista Federica Saraceni e una querela da parte della consigliera comunale di Fratelli d'Italia Rachele Mussolini». Ne avrà per un po' con la giustizia. Anche se il papà della Saraceni, toga di Magistratura democratica in pensione, alla Verità dice che la querela è pronto a ritirarla: «Ma solo se Etro riuscirà a dimostrare che le sue affermazioni corrispondono al vero, oppure se smentirà ciò che ha detto». Sul motivo del contendere i due hanno versioni differenti. Per Etro, «dissi durante Non è l'Arena di Giletti che Saraceni era stata in carcere solo per due anni, scontando poi i domiciliari perché il padre era magistrato». Saraceni, invece, ricorda: «Durante quella trasmissione, quest'uomo per il quale provo pena, disse che mia figlia aveva ottenuto il reddito di cittadinanza grazie alla mia raccomandazione». È finita a carte bollate. «Anche perché», precisa Saraceni, «senza una mia denuncia voi giornalisti avreste potuto strumentalizzare quelle parole di Etro, attaccandomi perché non le avevo smentite». Inutile, però, chiedere a Saraceni se sua figlia il reddito di cittadinanza lo percepisca ancora. Con piglio da magistrato chiude il discorso: «Non la sento da un po' e, comunque, non parliamo di queste cose». La stessa domanda era stata girata all'Inps. Ma né Pasquale Tridico, che all'epoca delle polemiche suscitate dallo scoop della Verità commentò sostenendo che «era ripugnante» che «una persona che ha attaccato lo Stato, ottiene dallo Stato», e neppure l'ufficio stampa dell'Inps (sollecitato più volte) hanno risposto. Insomma, sul reddito di cittadinanza a Federica Saraceni non ci sono conferme né smentite. Con molta probabilità continua a incassarlo: 623 euro al mese. La notizia provocò un putiferio, indignando i parenti delle vittime del terrorismo e scatenando dure reazioni da Lega e Pd. Per quanto inopportuna, però, la concessione del beneficio pare sia stata ritenuta legittima perché la condanna risale a oltre dieci anni prima rispetto alla richiesta di sussidio e perché la ex br condannata a 21 anni con sentenza passata in giudicato (di recente la Cassazione le ha concesso la libertà condizionale), essendo in quel momento ai domiciliari, non era a carico dello Stato. Un bug nella legge, che nega il sussidio a chi è in custodia cautelare e lo concede a chi è stato condannato in via definitiva.