2018-06-21
L’Europa è spiazzata dai nostri «no»: fioccano i summit sull’immigrazione
Oggi il blocco degli intransigenti di Visegrad si riunisce con l'Austria. Domenica, invece, prevertice in vista del Consiglio del 28. La lista dei partecipanti si allunga e Juncker va in confusione: «L'ho voluto io, anzi no».E il governo non arretra: senza blocchi ai confini Ue a rischio i soldi all'Unione. Linea dura concordata tra Giuseppe Conte, Matteo Salvini, Luigi Di Maio e il capo della polizia Franco Gabrielli. Il premier: «Mai più soli di fronte agli arrivi». Ed è pronto a disertare la riunione.L'apertura alla Francia ha peggiorato la frattura della cancelliera Angela Merkel con la Csu, da sempre contraria a condividere i rischi con i Paesi del Sud. Convocato comitato di emergenza della coalizione.Lo speciale contiene tre articoliÈ bastato alzare la voce per mandare in tilt l'Europa. È bastato tenere il punto sulla nave Aquarius per mettere il moloch di Bruxelles di fronte alle sue responsabilità. È bastato mostrare un minimo di fermezza per costringere i burosauri dell'Unione Europa a darsi una mossa, anzi due. Ieri, infatti, sono stati convocati ben due vertici informali con all'ordine del giorno l'immigrazione. Al primo, in programma per domenica prossima a Bruxelles, convocato dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, parteciperanno Italia, Grecia, Spagna, Malta, Germania, Francia, Bulgaria, Austria, Olanda e Belgio.Oggi, a Budapest, si riunisce invece il Gruppo Visegrad, formato da Ungheria, Polonia, Slovacchia e Repubblica Ceca, alla presenza del cancelliere austriaco Sebastian Kurz. L'Austria, dunque, che dal 1° luglio assumerà la presidenza dell'Unione, partecipa a entrambi i summit. L'obiettivo di questi vertici è definire strategie e proposte in vista del Consiglio europeo del prossimo 29 e 29 giugno, che ha come piatto principale proprio l'immigrazione. La confusione, sotto il cielo europeo, è grande, come dimostra la convulsa giornata di ieri, caratterizzata dalle polemiche e dallo scontro tra Juncker e il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk.Alle 12 in punto, la Commissione diffonde una nota ufficiale: «Il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker», recita il comunicato, «ha convocato per domenica a Bruxelles una riunione di lavoro informale sui temi della migrazione e dell'asilo durante la quale lavorerà con un gruppo di capi di stato e di governo degli stati membri interessati per trovare soluzioni europee in vista del prossimo Consiglio europeo». Gli stati «invitati» al vertice sono, in quel momento, Italia, Grecia, Spagna, Malta, Germania, Francia, Bulgaria e Austria. L'iniziativa di Juncker è irrituale, le cancellerie europee vanno in fibrillazione. Perché convocare una riunione ristretta a pochi giorni dal Consiglio europeo? Un'ora dopo, alle 13, arriva la notizia del «controvertice» del Gruppo Visegrad. La tensione è altissima. Juncker è costretto a precisare: «Quello di domenica», minimizza il presidente della Commissione, «non è un minisummit, ma una riunione informale di lavoro. Non amo l'idea di presiedere una riunione tra alcuni Stati, ma se qualcuno si rifiuta di farlo, bisogna che ci sia chi si presta a svolgere questo ruolo fondamentale». La staffilata è diretta a Tusk, al quale sarebbe arrivata una richiesta da parte della Germania (sostenuta dalla Francia) di organizzare un incontro sul tema dei cosiddetti «movimenti secondari» degli immigrati, il pomo della discordia tra la Merkel e il suo ministro dell'Interno, Horst Seehofer. Tusk si è rifiutato di acconsentire alla richiesta di Berlino e Parigi. Seehofer è per la linea dura: vuole i respingimenti alla frontiera per gli immigrati, vuole che siano rispediti nel Paese di primo ingresso. Una strategia, discussa anche nell'incontro dell'altro ieri tra Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron, che metterebbe in enorme difficoltà i Paesi del Mediterraneo, Italia, Spagna e Grecia su tutti, che si ritroverebbero stretti tra l'incudine degli sbarchi e il martello delle frontiere dei paesi vicini chiuse. «La nostra intenzione», ha detto Macron, «è fare in modo che i migranti che sono registrati nel primo paese della zona Schengen possano essere ripresi il più presto possibile nel paese in cui sono stati registrati». Lo strumento dovrebbero essere «accordi bilaterali o multilaterali». «Sul dossier migrazione», aggiunge Juncker, «siamo alla mezzanotte meno uno? È già più tardi. Ho convocato l'incontro di domenica prossima per scambiare le idee prima della grande riunione della prossima settimana. Non è per dettare una linea di condotta, perché si tratta di un processo inclusivo, che tuttavia merita preparazione. Se tutti i Paesi avessero seguito nella saggezza le proposte della Commissione sulla revisione del regolamento di Dublino, ora non ci ritroveremmo di fronte ai problemi attuali».Sull'Europa incombe la fine di Schengen, la reintroduzione delle frontiere tra gli stati. In pratica, la dissoluzione del concetto stesso di Unione Europea, sotto i colpi dell'invasione degli immigrati e degli egoismi di ciascuna nazione. Juncker va in confusione: due ore dopo aver dichiarato di aver convocato il vertice informale di domenica prossima, si smentisce da solo. «Non ho convocato io la riunione», dice Juncker al termine di un incontro con il primo ministro francese Eduard Philippe a Bruxelles, «che si terrà domenica prossima, ma mi tengo pronto a rispondere al desiderio di alcuni di invitare non gli Stati coinvolti, ma quelli interessati. Ho appena sentito il primo ministro belga che vorrebbe partecipare a questa riunione: evidentemente, è il benvenuto». La lista si allunga: oltre al Belgio, al vertice di domenica, si apprende nel tardo pomeriggio, parteciperà anche l'Olanda, ma altre adesioni a questo punto sono prevedibili. Intanto dall'Ungheria arriva una notizia destinata a far discutere: il Parlamento di Budapest ha votato sì alla modifica della Costituzione che prevede una stretta sulle richieste d'asilo e inserisce il divieto di accogliere i migranti economici. Gli attivisti delle Ong «che assistono l'immigrazione illegale» rischiano ora un anno di carcere.Carlo Tarallo<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/leuropa-e-spiazzata-dai-nostri-no-fioccano-i-summit-sullimmigrazione-2579815723.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="senza-blocchi-ai-confini-ue-a-rischio-i-soldi-allunione" data-post-id="2579815723" data-published-at="1757680346" data-use-pagination="False"> Senza blocchi ai confini Ue a rischio i soldi all’Unione L'Italia giocherà in attacco la partita sull'immigrazione. In vista del vertice informale di domenica prossima a Bruxelles, e del successivo Consiglio europeo del 28-29 giugno, il nostro governo punta i piedi e non intende subire decisioni altrui sul tema dei flussi. In particolare, l'Italia non accetterà compromessi autolesionistici sui «movimenti secondari», ovvero quelli degli immigrati già all'interno dell'Unione, se prima l'Europa non si impegnerà a sostenere il nostro sforzo per fronteggiare quelli «primari», vale a dire gli sbarchi, che affliggono le nazioni europei del Mediterraneo. Ieri il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha incontrato a palazzo Chigi il presidente del consiglio europeo, Donald Tusk. «Oggi», ha scritto Conte su Twitter, al termine del vertice, «ho avuto con il presidente Tusk un incontro molto utile. Gli ho anticipato che al pre vertice di Bruxelles non sono disponibile a discutere dei secondary movements senza prima aver affrontato l'emergenza dei primary movements che l'Italia si ritrova ad affrontare da sola». Una posizione dura che potrebbe sfociare anche nella diserzione del pre vertice in caso di posizioni preconfezionate contro l'Italia, posizione confermata a Porta a Porta da Matteo Salvini: «Se l'accordo è già scritto non vada a Bruxelles». Per movimenti secondari (secondary movementes) di immigrati si intende la circolazione di chi sbarca sulle coste europee tra le diverse nazioni dell'Unione. Il regolamento di Dublino prevede che se un richiedente asilo, la cui pratica non sia stata ancora espletata, lasci la nazione di primo approdo per recarsi un altro stato europeo, quest'ultimo possa rispedirlo nel Paese dove era sbarcato. Una questione che per l'Italia è vitale: «Il nostro obiettivo», ha spiegato ieri il ministro dell'Interno, Salvini, al termine dell'incontro con il vicecancelliere austriaco, Heinz Christian Strache, ed il ministro dell'Interno di Vienna, Herbert Kickl, «è proteggere le frontiere esterne, non è dividere il problema tra Paesi europei ma risolvere il problema a monte. Se qualcuno in Ue pensa che l'Italia debba continuare ad essere punto di approdo e campo profughi», ha attaccato Salvini, «ha sbagliato a capire». Il timore del governo italiano è che le rassicurazioni ricevute dagli alleati europei sulla volontà di predisporre un rafforzamento di Frontex e di istituire hotspot nei Paesi di origine degli immigrati, per bloccare le partenze e non limitarsi a gestire gli arrivi, siano sincere ma abbiano bisogno di tempi lunghissimi per diventare realtà. Ieri della questione hanno discusso Conte, Salvini, Luigi Di Maio e il capo della polizia, Franco Gabrielli. Riunione alla quale è seguito un Consiglio dei ministri. L'Italia è pronta a mettere il veto sulla dichiarazione finale del Consiglio europeo se le conclusioni risultassero indigeste. «L'aria in Europa sta cambiando», ha avvertito Salvini, «e siamo ottimisti. Siamo anche estremamente fiduciosi nella presidenza austriaca e confidiamo nel buonsenso dei colleghi europei, anche perché non vorremmo arrivare a ridiscutere il finanziamento italiano all'Unione europea. Secondo il progetto della relocation la Spagna avrebbe dovuto accogliere 3.265 richiedenti asilo dall'Italia, ma finora ne ha presi soltanto 235, quindi», ha aggiunto Salvini, «può accogliere anche i prossimi quattro barconi». Determinatissimo a proseguire sul percorso della fermezza intrapreso con la vicenda Aquarius, Salvini è in piena sintonia con il governo di Vienna: «Serve un'alleanza di volenterosi», ha detto il vicepremier austriaco, Strache, «per proteggere l'Europa da chi vuole entrare e vogliamo promuovere questa strategia in collaborazione con l'Italia». Le parole di Conte e quelle di Salvini sono in perfetta sintonia e non lasciano intravedere quelle crepe che, abilmente, i governi di altri Paesi europei (a partire dalla Francia) cercano di aprire tra Lega e M5s. «Siamo il secondo paese», ha sottolineato, non a caso, Salvini, «per contributi all'Europa, secondi per migranti accolti, vogliamo essere ascoltati, non è possibile che dettino legge francesi e tedeschi, mentre l'Italia paga e accoglie e questo vale anche per pesca, turismo, banche. Il premier Conte ha tutto il mio sostegno e quello del popolo italiano». Significativa l'esternazione del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: «L'Unione Europea», ha ammonito ieri Mattarella, «deve saper intervenire nel suo insieme, non delegando solamente ai paesi di primo ingresso l'onere di affrontare le emergenze. Da tempo l'Italia contribuisce al dovere di solidarietà assistenza e accoglienza nei confronti di quanti, costretti a fuggire dalle proprie terre, inseguono la speranza di un futuro migliore per sé e per i propri figli». In serata, l'Ansa ha anticipato alcune delle misure previste dalla bozza di dichiarazione finale del vertice di domenica, tra le quali il potenziamento dell'agenzia Ue Frontex, che viene trasformata in «una vera e propria polizia di frontiera», e quella del sostegno all'asilo Easo, che diventa «Autorità per l'asilo per condurre le valutazioni sulle richieste d'asilo, anche per imprimere un'accelerazione sui rimpatri. C'è anche il ritorno ai «ricollocamenti» in attesa della riforma di Dublino. Carlo Tarallo <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/leuropa-e-spiazzata-dai-nostri-no-fioccano-i-summit-sullimmigrazione-2579815723.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="lintesa-con-macron-sul-bilancio-e-benzina-sul-fuoco-per-la-merkel" data-post-id="2579815723" data-published-at="1757680346" data-use-pagination="False"> L’intesa con Macron sul bilancio è benzina sul fuoco per la Merkel Angela Merkel sta passando le settimane più difficili della sua carriera politica e, ironia della sorte, i colpi che minacciano di abbatterla provengono dai suoi alleati della Csu. Dopo la diatriba con il ministro dell'Interno Horst Seehofer sui respingimenti dei migranti già registrati in altri Paesi Ue, misura cui la cancelliera idealmente si oppone, poiché ritiene che innescherebbe un effetto domino sulla sostenibilità dell'area Schengen e, infine, sulla tenuta dell'Unione europea stessa, i cristiano-democratici bavaresi ieri hanno dichiarato guerra pure sul fronte delle politiche economiche. Il bersaglio delle loro accuse, stavolta, è l'accordo raggiunto durante il vertice franco-tedesco di martedì al castello di Meseberg: lì, la Merkel ha sottoscritto la proposta francese di riformare l'eurozona istituendo un bilancio comune, mentre Emmanuel Macron si è impegnato a riammettere in Francia gli immigrati che avevano attraversato il confine con la Germania (una concessione, questa, fatta per aiutare la collega sul fronte interno). È stato Markus Söder, primo ministro della Baviera e figura di spicco del partito, a contestare il compromesso raggiunto dalla cancelliera, la quale starebbe cercando letteralmente di comprare il sostegno degli Stati europei nella gestione dei migranti, offrendo una contropartita finanziaria. È esattamente lo scoglio sul quale si sono infranti finora tutti i tentativi di persuadere Berlino a rivedere le rigide regole della zona euro, che non solo si trova particolarmente esposta agli shock esogeni e agli attacchi speculativi a causa di una Banca centrale votata, con l'eccezione della parentesi del Quantitative Easing, esclusivamente al controllo dell'inflazione, ma soffre pure dell'indisponibilità di risorse con le quali supportare la crescita nei Paesi più deboli. Lo spettro dei trasferimenti dal centro alla periferia atterrisce l'elettorato e i quadri dirigenti della Csu, ancorati alla narrativa del Nord produttivo che non vuole pagare i bagordi dei latini fannulloni e statalisti. Söder, infatti, ha dichiarato che non bisogna usare i soldi tedeschi «per arrivare a determinate soluzioni» della crisi migratoria e che non si possono «lanciare ora ulteriori bilanci ombra, né si può tentare di moderare la stabilità monetaria». Il premier bavarese ha riferito alla Süddeutsche Zeitung che la Csu è sempre stata molto scettica sull'idea di un bilancio comune europeo, che lascia irrisolti alcuni interrogativi: «Dev'essere separato dalle decisioni del legislatore tedesco? Implica che la fondamentale stabilità dell'euro sarà messa a repentaglio? Tutto ciò dev'essere chiarito». Secondo Söder, «la stabilità monetaria e le politiche migratorie sono due cose diverse, non devono essere confuse l'una con l'altra»; e sulla prima «non si possono fare compromessi». Il partito della Merkel si sforza di fare quadrato attorno alla numero uno, ma intanto Eckhardt Rehberg, portavoce del gruppo parlamentare unitario Cdu/Csu, ha ammesso che «molte questioni non sono ancora chiare e devono essere affrontate più nel dettaglio: ad esempio, l'entità del bilancio e del contributo a esso da parte della Germania». Aspetti che l'intesa di Meseberg rinvia alle discussioni tra i ministri finanziari delle varie nazioni. È evidente che la cancelliera si trovi sotto assedio. Su di lei pesa ancora l'ultimatum di Seehofer, il quale le ha concesso tempo fino al Consiglio Ue del 28 e 29 giugno prossimi per arrivare a una soluzione condivisa con i partner europei sull'immigrazione, altrimenti il ministro degli Interni agirà unilateralmente sui rimpatri. Una simile eventualità potrebbe portare al licenziamento di Seehofer ma, contemporaneamente, alla caduta del governo di grande coalizione, in cui la Csu, che dal 1949 al Bundestag anima la Fraktionsgemeinschaft insieme alla Cdu, è il secondo schieramento per importanza. A testimoniare il livello di tensione alle stelle, per martedì è stato convocato su pressione di Csu e Spd il comitato di coalizione, per dirimere la questione immigrazione. La Merkel potrebbe aver ritenuto che era ormai ora di allentare la presa su certi tradizionali tabù del blocco conservatore, come il bilancio europeo e i trasferimenti fiscali, vista l'urgenza di assicurarsi la collaborazione dei principali Stati membri dell'Ue, ora che l'Italia ha abbandonato le vesti di cameriera di Berlino e la Francia insiste sulla riforma del sistema euro. Ma per i cristiano-democratici bavaresi, che a ottobre affrontano le elezioni nel loro Länder, dove sono incalzati dalla crescita dell'estrema destra di Alternative für Deutschland, l'arrendevolezza della Merkel è un'occasione ghiotta per attrarre i consensi degli elettori massimalisti. Quella che i media tedeschi definiscono Asylstreit, «lotta sull'asilo», ovvero la querelle sul destino dei rifugiati che Seehofer vorrebbe rispedire nei Paesi in cui si sono registrati, rischia di essere la pietra tombale sulla lunga era Merkel. Alessandro Rico
Giorgia Meloni al Forum della Guardia Costiera (Ansa)
«Il lavoro della Guardia Costiera consiste anche nel combattere le molteplici forme di illegalità in campo marittimo, a partire da quelle che si ramificano su base internazionale e si stanno caratterizzando come fenomeni globali. Uno di questi è il traffico di migranti, attività criminale tra le più redditizie al mondo che rapporti Onu certificano aver eguagliato per volume di affari il traffico di droga dopo aver superato il traffico di armi. Una intollerabile forma moderna di schiavitù che nel 2024 ha condotto alla morte oltre 9000 persone sulle rotte migratorie e il governo intende combattere. Di fronte a questo fenomeno possiamo rassegnarci o agire, e noi abbiamo scelto di agire e serve il coraggio di trovare insieme soluzioni innovative». Ha dichiarato la Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni durante l'intervento al Forum della Guardia Costiera 2025 al centro congresso la Nuvola a Roma.
Continua a leggereRiduci