L’acquisto di dosi del farmaco di terza generazione contro il vaiolo delle scimmie, prodotto dalla danese Bavarian Nordic, avviene mentre i casi scendono. Ignoti i dettagli di contratto e prezzo. E non si sa se sia in grado di schermare dal contagio.
L’acquisto di dosi del farmaco di terza generazione contro il vaiolo delle scimmie, prodotto dalla danese Bavarian Nordic, avviene mentre i casi scendono. Ignoti i dettagli di contratto e prezzo. E non si sa se sia in grado di schermare dal contagio.Il popolo ha freddo e fame, l’Europa gli darà i vaccini. L’Hera, l’Autorità Ue per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie, ha annunciato ieri di essersi assicurata altre 170.920 dosi del vaccino di terza generazione contro il vaiolo, prodotto dalla danese Bavarian Nordic. Le fiale per il monkeypox, che saranno consegnate a fine anno, si aggiungono a quelle acquistate direttamente dalla Commissione, attualmente in distribuzione agli Stati membri, per un totale di 334.540 punturine disponibili. A Bruxelles, dunque, continua a tirare aria di improrogabile urgenza. E la soluzione è sempre la solita: riempire gli hub, inseguire la gente con la siringa. Per adesso, vaccinando solo le categorie a rischio, in primis gli uomini omosessuali. Poi, chissà: la casa farmaceutica scandinava, che prima era in perdita, ha rivisto al rialzo i risultati finanziari attesi nel 2022, stimando guadagni per oltre 400 milioni di euro. Essa, perciò, dovrebbe poter migliorare la propria capacità produttiva. E siccome è l’offerta a creare la domanda, vuoi che, presto o tardi, la profilassi non sarà raccomandata a tutti? Vaccino più, vaccino meno: hai fatto trenta dosi, fanne trentuno. Il fatto è che la temibile epidemia di vaiolo delle scimmie, che in tutto il globo ha ucciso 18 persone, adesso sta rallentando. Martedì, il bollettino dell’Oms parlava di un calo del 25,5% dei casi nel mondo. In Italia, secondo l’ultima rilevazione del ministero, le nuove infezioni sono state 27. Non sembrano cifre e tendenze allarmanti. Tant’è che Stella Kyriakides, commissario Ue alla Salute, ha sentito il bisogno di giustificare il tempismo dell’ennesimo acquisto. Del quale, manco a dirvelo, sono ignoti i dettagli: non pervenuto il contratto, mai comunicato il prezzo delle dosi, comprate a spese dei contribuenti. D’altro canto, ha detto la Kyriakides, «benché abbiamo osservato che il numero di casi di monkeypox nell’Ue è diminuito nelle ultime settimane, la minaccia non è passata e non possiamo abbassare la guardia». Gli efori delle emergenze perenni parlano come dischi rotti: non è finita, non rilassiamoci, manteniamo alta l’attenzione. Ma il messaggio più surreale è stato quello del direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus: «Quando il trend dei contagi è in calo», ha ammonito, «può essere il momento più pericoloso, se apre al compiacimento». È logico: non vorrete mica compiacervi allorché le infezioni diminuiscono? Se sono tante, dovete stare all’erta; se sono poche, non potete comunque distrarvi. «L’Organizzazione mondiale della sanità», ha proseguito il suo numero uno, «continua a raccomandare che tutti i Paesi insistano con una combinazione di misure». Ovvero, «i test, la ricerca e le vaccinazioni mirate». E non dimentichiamoci la castità, che i colleghi di Adhanom, qualche tempo fa, suggerivano persino agli inoculati, per la stessa ragione che abbiamo imparato a conoscere con il Covid: il vaccino, molto probabilmente, non scherma dal contagio. Già verso la metà di agosto, gli esperti Oms avevano registrato episodi di breakthrough infections, circostanza che li aveva spinti a mettere le mani avanti: il vaccino contro il monkeypox, chiosavano, «non è un proiettile d’argento». Ora cominciano ad arrivare significative conferme sperimentali. Un preprint uscito a inizio settembre, vergato da un team di scienziati olandesi, rivela che «un ciclo primario di immunizzazione» con il prodotto della Bavarian Nordic «genera livelli relativamente bassi di anticorpi neutralizzanti» per il vaiolo delle scimmie. A ciò si aggiunge la totale incertezza - analoga a quella che circondava i vaccini anti Covid, inclusi quelli aggiornati - sul «correlato di protezione»: non è chiaro quanti anticorpi siano necessari per rendere completamente inoffensivo il virus. Tanto più che, per evitare sprechi, l’Ema aveva approvato la procedura di somministrazione intradermica. Risparmiare dosi, tuttavia, rischia di comprimere ulteriormente il livello di anticorpi suscitati dall’iniezione. Il punto è che il vaccino di terza generazione, pensato invero per il vaiolo umano, non è stato testato nemmeno per quella malattia, per fortuna eradicata; figuriamoci sul monkeypox, patogeno simile, ma non identico, a quello che ha flagellato per millenni l’umanità. Qualche garanzia in più, secondo uno studio pubblicato dal Journal of medical virology, la offrirebbe la vecchia antivaiolosa, che fu praticata in Italia fino al 1981: gli over 40 entrati in contatto con il virus delle scimmie si sono contagiati, ma in forma lieve o asintomatica. Una storia che abbiamo già sentito da qualche parte…La sequenza del copione è sempre identica e porta regolarmente dal panico al vaccino, magari senza passare per i trial clinici. Sperimentare a vivo costa meno - anzi, fa guadagnare le aziende - e permette di raccogliere molti più dati. Allora, saremo tutti adulti e vaccinati? Nell’era delle pandemie, come l’ha chiamata Ursula von der Leyen, i cittadini li vaccinano eccome - con le buone o con le cattive. Però è difficile che li trattino da adulti.
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