2022-02-28
L’Europa chiude i suoi cieli ai russi. «Per la prima volta inviamo armi»
Ursula von der Leyen durante la conferenza stampa sulle sanzioni alla Russia (Ansa)
L’Ue conferma il bando dallo Swift per gli istituti di credito ed evoca il congelamento degli asset esteri della Banca centrale. Sanzioni a Lukashenko, stop ai siti vicini al Cremlino: «L’Ucraina entri nell’Unione».Anche i Paesi europei, e non solo gli Usa, la Gran Bretagna e le altre potenze occidentali, procedono a passo accelerato nella definizione delle misure sanzionatorie contro la Russia. Da questo punto di vista, se la speranza di Mosca era quella di disarticolare il fronte Nato, per ora si è trattato di un calcolo errato. Ieri, nel Consiglio Affari esteri dell’Ue, è stata perfezionata l’intesa sullo stop (che, Paese per Paese, Italia inclusa, era comunque già scattato nelle ore precedenti) da imporre alle compagnie russe rispetto allo spazio aereo europeo. Sembra certo che il prossimo passo sarà quello del blocco pure dello spazio marittimo. Ha sintetizzato Ursula von der Leyen: «Stiamo chiudendo lo spazio aereo per i velivoli posseduti, registrati o controllati dalla Russia. Non potranno atterrare, decollare o attraversare lo spazio aereo europeo, inclusi i jet privati degli oligarchi». Poi, su un altro piano, la messa al bando degli strumenti di comunicazione del Cremlino, da Russia Today a Sputnik: «Stiamo mettendo a punto strumenti per bloccare la loro tossica e dannosa disinformazione in Europa», ha detto la von der Leyen. E, per quanto si tratti di mezzi responsabili di una propaganda odiosa, il precedente di un intervento sulla comunicazione è comunque assai delicato: la differenza tra il mondo libero e un regime sta proprio nel free speech. E peraltro anche propaganda nemica andrebbe sempre studiata, conosciuta, e criticata pubblicamente. E infine, le misure contro «l’altro aggressore di questa guerra, il regime di Aleksandr Lukashenko, con un ulteriore pacchetto di sanzioni», ha aggiunto la presidente della Commissione. Prosegue anche la fornitura di armi a Kiev per il contrasto all’invasione delle truppe di Mosca. Finora sono stati 17 gli Stati membri dell’Unione che ne hanno inviate alle forze regolari ucraine: ora, «per la prima volta», c’è ufficialmente l’ombrello Ue sul finanziamento all’acquisto di armi e sulla loro consegna a un Paese belligerante. E in serata, von der Leyen ha ribadito: «L’Ucraina è una di noi e la vogliamo nell’Ue». Dopo di che, c’è il capitolo delle sanzioni finanziarie in via di adozione da Usa, Uk, Canada, Ue. Il primo intervento è quello relativo al sistema Swift, il meccanismo di messaggistica per la verifica dei pagamenti interbancari. Dopo le iniziali resistenze, anche Germania, Francia e Italia (oltre a Ungheria e Cipro) si sono allineate al bando che scatterà verso le principali banche russe. In questi casi, tuttavia, il cuore della questione sta nei dettagli, cioè nel modo in cui la decisione verrà effettivamente attuata: sembra accertato che le transazioni relative al settore energetico verrebbero tenute fuori dal bando, ma il tema è capire quanto generalizzato sarebbe lo stop alle altre transazioni finanziarie con la Russia. Così come non è assolutamente immaginabile a priori se in futuro - più o meno dolosamente da parte russa - si possa comunque evocare la questione Swift come concausa o pretesto per interruzioni nelle forniture di gas, con tutte le conseguenze del caso. Certo, quale che sia il giudizio sul regime di Vladimir Putin, occorre sempre ricordare che questo genere di sanzioni - per la loro stessa natura - tendono ad avere effetti non solo su chi ne è destinatario, ma pure su chi le fa scattare. Tuttavia, al di là di Swift e di queste incognite, la vera opzione «nucleare» sarebbe un’altra: quella (esplicitamente prospettata dalla Casa Bianca, da Downing Street e dall’Ue) di sanzionare direttamente la Banca centrale russa. Si stima che l’istituto centrale russo possa contare su un valore immenso, quasi 650 miliardi di dollari, in riserve straniere (tra New York, Londra e Francoforte, principalmente). Nella nota congiunta dei leader occidentali, si legge l’intenzione di imporre «misure restrittive che impediscano alla Banca centrale russa di dispiegare le sue riserve internazionali per attenuare l’effetto delle sanzioni». Se quegli asset fossero congelati, con ciò impedendo alla Banca centrale russa l’operatività in valuta estera, gli effetti sarebbero devastanti per Mosca: rublo in caduta (senza spazio di manovra sul cambio), paralisi a cascata del sistema bancario, innesco di una classica bank run, e inevitabili tensioni politiche che potrebbero aprire qualche faglia nell’assetto di potere di Putin, che - si ricorderà - ancora una settimana fa, prima dell’invasione, aveva mostrato un video in cui letteralmente trattava come scolaretti i membri del Consiglio di sicurezza russo, quasi umiliando il capo dei servizi. Nessuno può immaginare, in un sistema di potere russo opaco e imperscrutabile, se Putin sarebbe in grado di mantenere lo stesso granitico controllo degli apparati perfino nel caso in cui dovesse subire la sorte di diventare un «paria» internazionale pure dal punto di vista finanziario.La cosa determinerebbe etutti da comprendere: un inevitabile e sempre più rapido scivolamento di Mosca nell’orbita di Pechino (ma in funzione assai subordinata, più da «cliente» che da partner dei cinesi), e anche la nascita e il rafforzamento di sistemi di comunicazione bancaria alternativi a quelli occidentali. Saremmo in presenza di una potente accelerazione di un fenomeno molto dibattuto ma finora lento: il decoupling, il disaccoppiamento tra il sistema economico occidentale e quello cinese (a quel punto, divenuto sino-russo). Esso non sarebbe più solo produttivo e industriale, ma anche finanziario, con «ecosistemi» sempre più distinti e competitivi. E, fermo restando il fatto che si tratta di scenari futuribili e ancora opachi, non è necessariamente detto che tutti i mali vengano per nuocere.
(Guardia di Finanza)
In particolare, i Baschi verdi del Gruppo Pronto Impiego, hanno analizzato i flussi delle importazioni attraverso gli spedizionieri presenti in città, al fine di individuare i principali importatori di prodotti da fumo e la successiva distribuzione ai canali di vendita, che, dal 2020, è prerogativa esclusiva dei tabaccai per i quali è previsto il versamento all’erario di un’imposta di consumo.
Dall’esame delle importazioni della merce nel capoluogo siciliano, i finanzieri hanno scoperto come, oltre ai canali ufficiali che vedevano quali clienti le rivendite di tabacchi regolarmente autorizzate da licenza rilasciata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, ci fosse un vero e proprio mercato parallelo gestito da società riconducibili a soggetti extracomunitari.
Infatti, è emerso come un unico grande importatore di tali prodotti, con sede a Partinico, rifornisse numerosi negozi di oggettistica e articoli per la casa privi di licenza di vendita. I finanzieri, quindi, seguendo le consegne effettuate dall’importatore, hanno scoperto ben 11 esercizi commerciali che vendevano abitualmente sigarette elettroniche, cartine e filtri senza alcuna licenza e in totale evasione di imposta sui consumi.
Durante l’accesso presso la sede e i magazzini sia dell’importatore che di tutti i negozi individuati in pieno centro a Palermo, i militari hanno individuato la presenza di poche scatole esposte per la vendita, in alcuni casi anche occultate sotto i banconi, mentre il grosso dei prodotti veniva conservato, opportunamente nascosto, in magazzini secondari nelle vicinanze dei negozi.
Pertanto, oltre al sequestro della merce, i titolari dei 12 esercizi commerciali sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria e le attività sono state segnalate all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, per le sanzioni accessorie previste, tra le quali la chiusura dell’esercizio commerciale.
La vendita attraverso canali non controllati e non autorizzati da regolare licenza espone peraltro a possibili pericoli per la salute gli utilizzatori finali, quasi esclusivamente minorenni, che comprano i prodotti a prezzi più bassi ma senza avere alcuna garanzia sulla qualità degli stessi.
L’operazione segna un importante colpo a questa nuova forma di contrabbando che, al passo con i tempi, pare abbia sostituito le vecchie “bionde” con i nuovi prodotti da fumo.
Le ipotesi investigative delineate sono state formulate nel rispetto del principio della presunzione d’innocenza delle persone sottoposte a indagini e la responsabilità degli indagati dovrà essere definitivamente accertata nel corso del procedimento e solo ove intervenga sentenza irrevocabile di condanna.
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