2024-03-07
L’Europa resta a corto di munizioni. E Pechino si tiene la polvere da sparo
Un ex ufficiale avverte: arsenali vuoti, sette anni per evadere gli ordini, «siamo nella m...». La Cina blocca un materiale essenziale per fabbricare i proiettili. Praga invece raccoglie i soldi per inviarne 800.000 al fronte.I famosi 70 anni di pace sono finiti. Adesso l’Europa stanzia un miliardo e mezzo per un piano di investimenti nella Difesa (ma precisa che ne servirebbero 100); trasforma la Commissione in una stazione appaltante; invita gli Stati a finanziare a debito i programmi di riarmo; e promette che, nella prossima legislatura, introdurrà anche degli Eurobond. È una prospettiva di lungo periodo. Ma per un beffardo ribaltamento del vecchio detto di John Maynard Keynes, nel breve periodo rischiamo di essere tutti morti.I nostri arsenali, infatti, sono vuoti. Se veramente - Dio ce ne scampi - entrassimo in guerra con la Russia, dovremmo usare le fionde.Dal fronte continuano ad arrivarci richieste insistenti, fattesi ancor più pressanti per via del disimpegno americano. Per resistere all’avanzata dei russi, Dmytro Kuleba, ministro della Difesa del Paese invaso, vuole 2,5 milioni di proiettili da artiglieria. Con l’Act in support of ammunition production ci eravamo impegnati a produrne un milione l’anno, ma finora gliene abbiamo mandati solo 400.000. La Repubblica Ceca ha lanciato un’iniziativa per procurarne almeno 800.000, acquistandoli anche da aziende extra Ue. Ieri, Bloomberg ha annunciato che la colletta per l’acquisto è completa e le forniture saranno spedite entro poche settimane.Il guaio non è tanto che non abbiamo munizioni per Kiev; è che non ne abbiamo per noi. Intervistato dalla testata bavarese Merkur, un ex alto ufficiale belga, Marc Thys, è stato esplicito: «Siamo nella merda». Ci manca il potenziale produttivo. Inoltre, per evadere alcuni ordini, «ci vogliono fino a sette anni». Compri oggi, ricevi nel 2031. Persino per i calibri più ordinari, come il 5.56x45 millimetri, che è lo standard Nato per i fucili d’assalto, occorrono fino a 12 mesi. E le difficoltà che affrontiamo non sono un mistero: «I nostri avversari, che siano a Mosca o a Pechino», ha continuato Thys, ne sono a conoscenza. Anzi: contribuiscono ad aggravarle.L’ha confermato il commissario europeo al Mercato interno, Thierry Breton, parlando della penuria di polvere da sparo. Per fabbricarla, ha spiegato il politico francese, «occorre una specifica tipologia di cotone, che per lo più arriva dalla Cina». È il cosiddetto cotone fulminante, o nitrocellulosa. «Guarda un po’», ha segnalato Breton, «le consegne dalla Cina si sono fermate qualche mese fa». Un collo di bottiglia che di sicuro non dispiace al Cremlino.Paghiamo decenni di delocalizzazione: abbiamo messo intere filiere strategiche nelle mani di concorrenti geopolitici e oggi siamo alla loro mercé. In Europa, gli impianti per lavorare i propellenti sono pochissimi. Tra essi, ci sono la Eurenco, che si sta sforzando di riportare in Francia alcune fabbriche; e la Nitrochemie, controllata dalla tedesca Rheinmetall. Come se non bastasse, ha rilevato Reuters, la corsa agli armamenti, irta di ostacoli, sta causando un’impennata dei prezzi. E minaccia di acuire le fratture interne al blocco occidentale. In Gran Bretagna, ad esempio, ha destato scalpore la notizia che l’Unione bloccherebbe l’export Oltremanica, in caso di conflitto con la Russia. La quale non camminerà sul velluto, però, riconvertendo la sua economia, ha foraggiato, anche con l’aiuto del Dragone e della Corea del Nord, gli immani sforzi bellici: sforna fino a 130 missili a lungo raggio al mese, fino a 350 droni kamikaze e, per ogni proiettile ucraino, ne spara cinque o sei. Le debolezze strutturali dovrebbero indurci alla prudenza. Non è codardia, come blatera Emmanuel Macron, tentando di provocare gli alleati e di far apparire plausibile l’invio di truppe al fronte. Semmai, si tratta di mostrare un po’ di senso di strategia. Può apparire un paradosso, considerato che molti hanno paragonato Vladimir Putin ad Adolf Hitler, insistendo sulle insidie di un eventuale appeasement con lo zar. Ma la verità è che uno scenario alla Monaco 1938, o un patto col diavolo, tipo quello Molotov-Ribbentrop, farebbe comodo anzitutto a noi. L’accomodamento con cui fu risolta la crisi dei Sudeti, all’epoca, consentì al Führer di completare il potenziamento di aeronautica e marina; l’accordo di non aggressione con Berlino diede a Stalin il tempo di riorganizzare un esercito allo sbando. Ecco: il tempo è prezioso, alla luce della nostra cronica scarsità di uomini e mezzi.L’incidente di ieri a Odessa, con le bombe degli aggressori piovute a un passo da Volodymyr Zelensky e dal premier greco, dimostra che la miccia di un confronto Nato-Russia può accendersi all’improvviso. Aleggia lo spettro del ricorso a ordigni atomici. Mosca ci intimidisce: sarebbe lecito colpire le basi del Nord Europa che li ospitano. D’altronde, se nessuno le usasse, quelle armi perderebbero la loro funzione di deterrenza. Verrebbe comprovato che è possibile uno scontro convenzionale tra potenze nucleari. Ciò darebbe la stura a una guerra totale. Un abisso dentro il quale non vogliamo guardare.
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