2018-11-07
«Lettere anonime e un altro ricatto per costringermi alle dimissioni»
Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, ha denunciato l'ex dg e l'ex segretaria per estorsione e diffamazione: «False accuse di irregolarità legate al Fondo est, dove lavora il marito della donna che parla di molestie».C'è un altro presunto ricatto dietro alla denuncia per estorsione e diffamazione del presidente di Confcommercio Carlo Sangalli contro cinque colleghi o ex colleghi. Nella storia che sta agitando i piani alti dell'associazione dei commercianti non ci sono solo le presunte molestie nei confronti della ex segretaria Giovanna Venturini, avance di cui abbiamo parlato ieri. C'è molto di più. E riguarda i giochi di potere che coinvolgono la Confcommercio, il suo vecchio direttore generale Francesco Rivolta, e i tre vicepresidenti Renato Borghi, Maria Luisa Coppa e Paolo Uggè. A ottobre Sangalli ha deciso di sporgere querela perché a inizio settembre Rivolta, secondo la difesa del presidente amante della Venturini, avrebbe cambiato l'argomento con cui fare pressing su Sangalli per indurlo alle dimissioni. Si legge nella denuncia che il dg «è passato dalle molestie ad altro tema di scandalo».Rivolta avrebbe ricevuto in forma anonima una ricostruzione che gettava ombre sul presidente per la gestione della copertura assicurativa del Fondo est, ente bilaterale di assistenza sanitaria integrativa partecipato da Confcommercio, in cui lavora Mauro Tabanelli. Chi è costui? È il marito della Venturini. Sangalli, di fronte a questo nuovo dossier, ha preferito glissare e «delegarne la trattazione» ad altri. Per lui la misura era colma: «Anche grazie a questa nuova iniziativa, ancora in embrione, in sostituzione o in aggiunta alla trama “Venturini" mi sono determinato, per la prima volta nella mia vita, all'età di 81 anni, a querelare» sottolinea Sangalli. In una lettera del 6 settembre Rivolta avverte il suo presidente di aver ricevuto un plico anonimo di una decina di pagine e di non esserne il solo destinatario. Infatti le carte scottanti sarebbero state inviate pure ai sindacati. La questione riguarda la stipula dei contratti tra Confcommercio e Generali e in particolare «il presunto ruolo di mediazione mai esercitato» e non previsto dagli accordi, ma retribuito, all'agenzia di tal A. P.. Il quale si schermerebbe dietro a una fiduciaria e, scrive Rivolta, «questo sarebbe ancora più grave perché indicherebbe un'opacità gestionale a monte» che coinvolgerebbe anche «chi è stato da te designato a esercitare controlli in nome e per conto della Federazione». Il dg informa anche Sangalli che la spinosa questione sarà «oggetto di un ulteriore confronto con le parti sociali, finalizzato a ottenere da noi puntuali risposte».Insomma, il vero obiettivo di tutta questa trama, come risulta dagli atti, non sarebbe stato quello di far incassare 216.000 euro alla Venturini, beneficiaria nel gennaio del 2018 di una donazione da parte di Sangalli in cambio del suo silenzio sulle asserite molestie che la donna avrebbe subito quando era segretaria del presidente, o forse su una loro relazione. No, il vero target sarebbero state le dimissioni di Sangalli. Costretto a febbraio, come abbiamo raccontato, a firmare delle dimissioni in bianco, custodite dallo stesso Rivolta. Documenti che i legali di Sangalli hanno provato, senza soddisfazione, a recuperare la scorsa estate. Evidentemente erano considerati troppo preziosi. Dalle pagine della denuncia del presidente appare che dopo la donazione le pretese salirono a dismisura e che il ruolo di Rivolta, suo presunto amico e autoproclamato mediatore con la famiglia Tabanelli-Venturini, è diventato sempre più equivoco.Quando Sangalli, grazie a un detective privato, scopre che il dg e la segretaria sono amanti rinuncia a dare le dimissioni. Ma Rivolta, il 21 febbraio, gli scrive un sms, dopo aver incontrato Tabanelli: «Credimi, ho fatto di tutto per cercare le vie possibili per tutelare la tua onorabilità e l'immagine della nostra organizzazione. Ma a questo punto la questione non è più nelle mie mani e non me ne voglio più occupare. La situazione ci sta sfuggendo di mano. (…) Questa mattina sono stato insultato, accusato di coprire fatti gravi che io avrei dovuto denunciare, che la famiglia (della Venturini, la sua presunta amante, ndr) mi ha creduto quando ho mostrato la lettera di dimissioni, che è stata tutta una presa in giro e che mai e poi mai consentiranno che tu stia sotto lo stesso tetto dove lavorano la moglie e il figlio. Carluccio in scienza e coscienza ho fatto tutto quanto era nelle mie possibilità. Ho cercato di trovare le possibili vie di uscita. Se tu hai deciso diversamente rispetto le tue decisioni, ti sarò comunque accanto, ma ho la netta percezione che questa storia finirà male». Un vero veggente. Sangalli, con in mano le foto dei baci tra Rivolta e la Venturini, sa bene che non si può fidare del suo dg e resiste sulla poltrona di presidente. Ma il direttore, nonostante avesse dichiarato di non volersi più occupare della cosa, non si ferma e il 2 marzo gli scrive di aver ricevuto una lettera da Tabanelli e che è preoccupato perché «ora si ritengono liberi di agire come credono». Questo il contenuto della presunta lettera, datata 1° marzo: «Egregio dottor Rivolta, a quanto mi risulta non si è ancora dato seguito a quanto lei ci aveva assicurato sarebbe avvenuto in questi giorni e che noi tutti speriamo si realizzi senza indugi. La invito a far quanto in suo potere per garantire il rispetto degli impegni assunti con lei da parte di chi ne ha il dovere. In assenza ognuno di noi si riterrà libero di agire secondo coscienza come meglio ritiene».Il pressing è asfissiante. Rivolta alle 15.16 riscrive a Sangalli: «Carluccio un'ora di telefonata allucinante. Alla fine abbiamo convenuto alla fine gli faccio sapere come intendiamo procedere. Però lui (Tabanelli, ndr) vuole una dichiarazione pubblica». Alle 23.31 Sangalli riceve un altro messaggino da Rivolta: «Carluccio ho passato la serata al telefono fra il marito e la sorella. Entro mercoledì vogliono sapere quando rendi pubbliche le dimissioni e quando abbandoni il palazzo di piazza Belli (sede di Confcommercio, ndr). In caso contrario renderanno pubblico l'atto di donazione come prova dei fatti». Rivolta detta a Sangalli anche la possibile exit strategy: «Io penso che sarebbe opportuno che la prossima settimana venissero informati i vicepresidenti (se vuoi lo posso fare io) e che dopo la tua elezione a Milano e il tuo auspicabile impegno in Unioncamere (…) ti dimetti dalla presidenza di Confcommercio. (…) Il vicepresidente anziano o il vicario dovrebbe convocare l'assemblea elettiva entro 90 giorni dalle tue dimissioni». Rivolta si definisce «sfinito» e «impaurito» e dice che potrebbe convincere la famiglia della Venturini a informare i vicepresidenti qualche giorno più tardi per «non fare figure del piffero presentandoci senza presidente» a un importante evento istituzionale. Non è tanto sfinito, però, da rinunciare all'abituale cenetta romantica con la signora Venturini in Tabanelli in una saletta appartata di un noto locale di Trastevere. Per la difesa di Sangalli il piano di Rivolta è chiaro: «Rimuovere quel presidente scomodo che aveva osato censurare pubblicamente il suo (del dg, ndr) comportamento e che da solo, nei fatti, poteva realmente ostacolare la sua ascesa e la sua ambizione». Ad aprile arriva il messaggio che i legali di Sangalli ritengono «tra i più sintomatici della trama di Rivolta». Nel sms il dg rivela che «Tabanelli vuole venire in assemblea di Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi, ndr). La vuol fare fuori direttamente con te» e riferisce di una telefonata che il vicepresidente Borghi avrebbe ricevuto dal clan della Venturini. «So che Tabanelli gli ha parlato», chiosa Rivolta. È qui che entrano in gioco i tre vicepresidenti. Borghi, che Sangalli reputava «tra le persone più leali» incontrate nella sua vita», si sarebbe svelato da lì a poco «a capo dei congiurati e comunque sodale del direttore».Il 12 aprile Rivolta inoltra a Sangalli un sms dello stesso Borghi in cui si legge: «Io purtroppo so tutto, fin nei dettagli della questione Venturini». Il 7 giugno i tre vicepresidenti «senza la minima prova che dimostrasse la gravità degli addebiti» consegnarono a Sangalli, alla fine del suo intervento all'importante assemblea generale di Confcommercio, una lettera in cui gli chiedevano in modo perentorio immediate «dimissioni con il contestuale rilascio dei poteri». Sangalli reagì immediatamente e inveì contro due dei firmatari (Borghi e Uggè) che lo accusavano «senza alcuna prova o evidenza». Sette giorni dopo Rivolta, che da febbraio avrebbe dovuto smettere di interessarsi della faccenda, torna alla carica e informa il presidente di essere a conoscenza della lettera inviatagli dai tre vice. I quali, però, «non attivarono mai le iniziative minacciate (di trasmettere agli organi di vigilanza la loro “ineludibile richiesta", ndr) in caso di mancata adesione alla richiesta di immediate dimissioni» anche se «continuavano a diffamare» Sangalli «richiedendo ad altri dirigenti confederali (…) di condividere le richieste di dimissioni» e diffondendo i loro racconti.Dopo l'estate il nuovo presunto ricatto e la denuncia di Sangalli. Il quale scrive, a proposito della donazione: «Professo il diritto di affermare che chi paga in quelle condizioni, in cui mi sono trovato, non è colpevole, anzi tutt'altro».