2022-08-09
Letta e Calenda, le supercazzole sono finite
Enrico Letta e Carlo Calenda (Ansa)
Il segretario del Pd contempla il fallimento dei suoi acrobatici tentativi di tenere insieme ciò che non può stare insieme. Il leader di Azione, bombardato di accuse per le giravolte continue, finge di essere Emmanuel Macron.Matteo Renzi pare stesse già lavorando a ricucire con Carlo. Ma ci sono i primi screzi con Iv.Lo speciale contiene due articoli.Demolition man ha preso la scena e non la lascia più. Come quei tenori che cantano «Partooo» e sono sempre lì, Carlo Calenda occupa con le sue libbre (di pensiero) la campagna elettorale del centrosinistra, manda ai matti il Pd, definisce «comunisti, perché quello sono» i suoi ex alleati e lancia la sfida centrista, sperando entro Ferragosto di imbarcare Matteo Renzi sulla nave dei folli. Ventiquattr’ore dopo il ribaltone, il leader di Azione non manca un tweet, un collegamento Tv, un intervento radio; se potesse spiegherebbe la teoria dei rigassificatori alle signore ingioiellate mentre fanno aquagym a Forte dei Marmi. Al Nazareno la sua foto appesa al muro è crivellata di freccette e i colonnelli non sanno se maledire prima lui o Enrico Letta. «Il segretario è riuscito in due miracoli, dare credito a un ricottaro come Calenda e resuscitare Renzi», sibilano i piddini davanti alle macerie del campo largo, già anticipando le gastriti da congresso in caso di batosta nelle urne. Tutta colpa del Pericle dei Parioli che non manca di rigirare il coltello nella piaga. «Il Pd ha fatto prima un patto con noi e poi ha fatto un patto, con contenuti contrari, con chi ha votato 55 volte contro la fiducia a Draghi, con chi dice di no al termovalorizzatore, al rigassificatore, a tutto. Con chi in fondo è comunista, perché poi alla fine della fiera è questo».Il papà di Azione è scatenato, si prende del «drammaticamente fascista» dal Verdissimo Angelo Bonelli ma non retrocede di un millimetro. «Ecchelallà, son diventato fascista, contavo i minuti. Enrico, funzionava bene questa alleanza, clavicembalo ben temperato. Letta sapeva perfettamente che avrei rotto, e lo sapeva +Europa. Hanno pensato di tenerci dentro dicendo: sennò dovete raccogliere le firme. Pensavano che avremmo chinato la testa. Invece raccolgo le firme, perché questa cosa qua è inguardabile. Ho detto a Letta: se formalizzi questo la gente non ci capirà più niente, sembrerà un’accozzaglia di persone come erano Bertinotti, Turigliatto, Pecoraro Scanio. Se avessi accettato, la destra avrebbe vinto a tavolino e Azione sarebbe morta». È il giorno della faida, Calenda ne ha per tutti, innanzitutto per Emma Bonino. «Le sue sono critiche in malafede. Sapeva tutto e, non solo, ha sempre negoziato dalla parte del Pd. Il perché lo dovrà spiegare ai suoi elettori. Come fa una persona che si definisce atlantista a stare con chi vota contro la Nato e fa tutto contro l’Europa e contro l’Agenda Draghi? Emma ha fatto una scelta che pagherà in termini di posti». Poi ci sono i conti da regolare con Goffredo Bettini, la corrente thailandese del Pd, che lo ha definito inaffidabile e spregiudicato. «Goffredo, facciamo una cosa, ne parliamo dopo che tu avrai ripetuto come un mantra thailandese: Ho sbagliato a pensare che Conte fosse il nuovo Prodi, 20 volte e siamo a posto così». L’altro, a corto di argomenti, gli manda a dire che il mantra è una pratica induista e non c’entra niente con la Thailandia. Siamo allo gnè gnè, all’Asilo Mariuccia della politica social. A metà giornata Calenda fa l’inventario degli azzannanti azzannati: Letta è sistemato, Bonino è sistemata, Bettini è sistemato. Ne mancano ancora un paio, per esempio Nicola Zingaretti che lo ha definito un traditore: «Pensate davvero di battere la destra con Fratoianni e Bonelli? Suvvia. Adesso toccherà a noi offrire una prospettiva di governo seria. Ci incontriamo sul campo uninominale di Roma». Per esempio Roberto Gualtieri, er sindaco ingrato, l’aveva pure votato. «Gualtieri difende il termovalorizzatore contro Conte, il suo ex amato alleato, mentre il suo segretario fa saltare un accordo con noi per allearsi con chi non lo vuole. È la misura del casino che regna nella sinistra italiana». Ha ragione da vendere ma scopre l’acqua calda. Il suo scossone ha scoperchiato le contraddizioni del Pd, partito non di proposte ma di potere; lo ha spostato a sinistra mostrandone la faccia postcomunista (infatti Ciccio Boccia, Peppe Provenzano e Andrea Orlando brindano); ha fotografato la debolezza del riformismo e il ruolo ancillare di Base Riformista, la corrente degli ex renziani. E con l’ultima provocazione indica agli alleati rimasti nell’Accozzaglia il pericolo finale: «Vi metto per iscritto che vi ritroverete anche con i 5 stelle un minuto dopo le elezioni».Sognando il terzo polo, Calenda deve risolvere il problema delle firme da presentare entro il 22 agosto. Anche qui regna il caos perché secondo un’interpretazione espansiva della norma, Azione potrebbe godere dell’esonero applicato per +Europa e il Centro democratico di Bruno Tabacci. Ma questo sarà il dramma di domani. Quello di oggi è ancora l’alleanza clavicembalo presa a colpi di scure. «Ho capito che non c’è alcun modo di staccare il Pd dal populismo. Gli serve per giustificare lo stare al governo sempre, con chiunque, a qualsiasi costo». E giù un’altra mazzata nell’afa. Come tanti pariolini, Demolition man non suda.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/letta-e-calenda-supercazzole-finite-2657830923.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-due-bulli-vogliono-copiare-macron-la-lista-unica-sispirera-a-en-marche" data-post-id="2657830923" data-published-at="1660007894" data-use-pagination="False"> I due Bulli vogliono copiare Macron. La lista unica s’ispirerà a En Marche! Irrefrenabile, ipercinetico, preoccupato ma concentrato. Così i suoi fedelissimi descrivono Matteo Renzi, che insieme a Carlo Calenda è pronto a varare la lista centrista. L’accordo non è stato ancora siglato, ma a quanto risulta alla Verità già cinque giorni fa, quindi prima che Calenda ufficializzasse la rottura con il Pd, dal quartier generale di Italia viva era partito il messaggio: «Fermatevi con le liste che avremo un alleato». Salvo clamorosi imprevisti dunque il terzo polo centrista ci sarà: il nome della lista unica Renzi-Calenda dovrebbe ispirarsi a En Marche!, il partito del presidente francese Emmanuel Macron. L’unica incognita è legata alla proverbiale irrequietezza politica di Calenda, che però non ha molta scelta: dopo aver litigato pure con Emma Bonino, Azione per potersi presentare in solitaria, dovrebbe raccogliere 56.250 firme (36.750 per la Camera e 19.500 per il Senato) tutte autenticate. Proprio la questione delle firme, secondo Calenda, sarebbe stata alla base della convinzione di Enrico Letta sul fatto che il leader di Azione non avrebbe mai rotto l’alleanza con i dem: «Più Europa», twitta Calenda, «ha assicurato che comunque non avremmo strappato per il problema delle firme. Questa è l’amara verità che è giusto che anche gli elettori di Più Europa conoscano, Ed è stato un ragionamento miope». Intanto, Carletto er pariolino perde pezzi: l’ex presidente della Provincia di Trento, Ugo Rossi, ora consigliere provinciale, comunica attraverso una lettera aperta l’addio ad Azione. «Per me i patti, una volta firmati, si rispettano», dice Rossi, a quanto riferisce l’Ansa, «anche se costano. E si rispettano perché per costruire ci vuole fiducia e qualcuno deve pur darla per primo. Tornare indietro», aggiunge Rossi, «sarà anche legittimo, e magari politicamente motivato, ma così la credibilità crolla». A rompere le uova nel paniere arriva il senatore di Azione, Matteo Richetti, che attacca Renzi: «Abbiamo da sempre rivolto un invito a Italia viva», dice Richetti a Radio 24, «anche quando stavamo costruendo un’intesa con il Pd. Serve una scelta di coraggio, di coerenza. Cosa faremo con Italia viva sarà oggetto di discussione, ma non vorrei che ci distraessimo dal compito principale di Azione, ridare fiato, coerenza e speranza al modo in cui si sta con le istituzioni dobbiamo stare su questo, Stando alle dichiarazioni di Renzi dell’ultimo anno c’è forte sovrapposizione», aggiunge Richetti, «ma di quello che dichiarava l’anno prima non condividiamo nulla: ci ha spiegato che bisognava votare con Conte e Bonafede nel Conte 2 per evitare il Papeete. Renzi ha avuto una traiettoria non sempre lineare. In queste ore, quando noi abbiamo cercato con serietà un’intesa con il Pd, il deputato di Iv Nobili è arrivato a dire: avete bisogno del bonus piscologico, una cosa brutta perché è una grande misura per le persone in sofferenza. Se poi diventi un loro potenziale alleato sei un salvatore della patria. Siamo pronti a raccogliere le firme», aggiunge baldanzoso Richetti, «e a mobilitare tutta Italia su questo». La sensazione è che l’affondo di Richetti contro Italia viva sia la prima avvisaglia delle difficoltà che avranno le due forze (per modo di dire) politiche a unirsi. Il problema è sempre lo stesso: le candidature blindate. Dato per scontato che anche in caso di intesa il terzo polo non riuscirà a conquistare neanche un uninominale, infatti, il braccio di ferro sarà per i capolista al proporzionale, unica posizione che consente di sperare in una elezione alla Camera o al Senato. In politica due più due non fa mai quattro, quindi Azione e Iv saranno costrette a dei sacrifici. Prendiamo ad esempio cosa accadrà al Sud, dove Azione schiererà in diversi collegi proporzionali il ministro uscente Mara Carfagna: i calendiani della prima ora dovranno sudare per conquistare una posizione decente nei listini bloccati, poiché molto probabilmente ci sarà una alternanza tra esponenti di Azione e di Italia viva. Le prossime ore saranno incandescenti.