
Partecipò alla strage di via Fani, oggi prende 780 euro: «Spiace alle vittime? Fatti loro». E pensare che la parola «lavoro» un tempo era frequentissima nella polverosa grammatica dell'eversione marxista. Oggi chiedere a un ex terrorista di pronunciarla - e magari di metterla in pratica alzandosi presto la mattina e sudando le proverbiali sette camicie - è quasi una bestemmia. Un'eresia. Scene di lotta di classe (con reddito di cittadinanza) in onda, lunedì, durante La Zanzara di Giuseppe Cruciani su Radio 24. Ospite d'onore Raimondo Etro, un passato nella formazione combattente fondata da Renato Curcio e un presente da irascibile e sboccato sessantaduenne con accredito mensile da 780 euro gentilmente offerto dall'Inps, come rivelato dal nostro giornale. «Non capisco quale sia il problema, l'ho già detto a suo tempo», ha ringhiato Etro al telefono durante il collegamento, «per me possono incazzarsi (i parenti delle vittime, ndr) quanto vogliono, se uno ha diritto... ha diritto...». La rivoluzione universale delle masse che diventa salvaguardia personale di un privilegio singolo. La metamorfosi dell'ideologia di sinistra.«Tu forse non hai presente che cosa significa essere un ex carcerato che ha chiuso i rapporti con i suoi ex compagni», ha opposto Etro all'incalzare delle domande sulla sua coerenza di combattente con la card gialla. «Io non ho potuto avere alcun beneficio dai miei ex compagni, perché con loro ho chiuso... chi mi dà lavoro?». Come se poi gli ex compagni avessero potuto (o dovuto) aiutarlo, e peraltro: in che modo? Etro, che prese parte all'organizzazione del sequestro di Aldo Moro, sfociato poi nella strage di Via Fani, assomiglia un po' ad Hiroo Onoda, il soldato giapponese che, trent'anni dopo la fine della guerra, nella giungla delle Filippine rifiutava di credere che il conflitto fosse terminato. Solo che lui è ancora intrappolato negli anni Settanta. «Allora, vi dico questa cosa: rinuncio al reddito di cittadinanza e mi metto a fare le rapine, così siete più contenti». Dunque, lavorare proprio no. O l'assistenza da parte dello Stato oppure la guerra allo Stato. Tertium non datur. Nessuna possibilità di industriarsi, come centinaia di migliaia di uomini e donne fanno, in Italia, ogni giorno, per trovare una alternativa decorosa e soprattutto legale alla disoccupazione. La strada di Etro comunque conduce in banca: non più per controllare l'accredito mensile, ma per puntare la pistola contro il cassiere.«Lavorare nel privato?», si lamenta. «Chi te lo dà un lavoro?», ripete. Come se quelli sbagliati fossero gli imprenditori che non vedono l'ora di mettere sotto contratto un ex galeotto che ha cercato di sovvertire le istituzioni democratiche con una P38 in pugno. Dunque, l'unica soluzione percorribile è quella dell'assistenzialismo. «Perché dovrei rinunciare?», chiede insolentito al conduttore che gli rinfaccia di voler vivere sulle spalle degli italiani. «No, non mi sento a disagio». Nessun rimorso nemmeno per la rabbia dei parenti di chi ha perso la vita negli anni di piombo. Uomini e donne che tutto avrebbero immaginato tranne di contribuire, pagando le tasse, al pagamento dello stipendio agli ex terroristi. «È una vergogna?», si chiede Etro. «È un problema loro», ribadisce. «Non ho mai avuto rapporti con i familiari delle vittime». Brigate rosse, di vergogna.
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Fu il primo azzurro a conquistare uno Slam, al Roland Garros del 1959. Poi nel 1976, da capitano non giocatore, guidò il team con Bertolucci e Panatta che ci regalò la Davis. Il babbo era in prigionia a Tunisi, ma aveva un campo: da bimbo scoprì così il gioco.
La leggenda dei gesti bianchi. Il patriarca del tennis. Il primo italiano a vincere uno slam, il Roland Garros di Parigi nel 1959, bissato l’anno dopo. Se n’è andato con il suo carisma, la sua ironia e la sua autostima Nicola Pietrangeli: aveva 92 anni. Da capitano non giocatore guidò la spedizione in Cile di Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Tonino Zugarelli che nel 1976 ci regalò la prima storica Coppa Davis. Oltre a Parigi, vinse due volte gli Internazionali di Roma e tre volte il torneo di Montecarlo. In totale, conquistò 67 titoli, issandosi al terzo posto della classifica mondiale (all’epoca i calcoli erano piuttosto artigianali). Nessuno potrà togliergli il record di partecipazioni (164, tra singolo e doppio) e vittorie (120) in Coppa Davis perché oggi si disputano molti meno match.
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Il presidente Gianni Tessari: «Abbiamo creato una nuova Doc per valorizzare meglio il territorio. Avremo due etichette, una per i vini rifermentati in autoclave e l’altra per quelli prodotti con metodo classico».
Si è tenuto la settimana scorsa all’Hotel Crowne Plaza di Verona Durello & Friends, la manifestazione, giunta alla sua 23esima edizione, organizzata dal Consorzio di Tutela Vini Lessini Durello, nato giusto 25 anni fa, nel novembre del 2000, per valorizzare le denominazioni da esso gestite insieme con altri vini amici. L’area di pertinenza del Consorzio è di circa 600 ettari, vitati a uva Durella, distribuiti sulla fascia pedemontana dei suggestivi monti della Lessinia, tra Verona e Vicenza, in Veneto; attualmente, le aziende associate al Consorzio di tutela sono 34.
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)
Un mio profilo è stato cancellato quando ho pubblicato dati sanitari sulle pratiche omoerotiche. Un altro è stato bloccato in pandemia e poi eliminato su richiesta dei pro Pal. Ne ho aperto un terzo: parlerò dei miei libri. E, tramite loro, dell’attualità.
Se qualcosa è gratis, il prodotto siamo noi. Facebook è gratis, come Greta è pro Lgbt, pro vax, anzi anti no vax, e pro Pal. Se sgarri, ti abbatte. Il mio primo profilo Facebook con centinaia di migliaia di follower è stato cancellato qualche anno fa, da un giorno all’altro: avevo riportato le statistiche sanitarie delle persone a comportamento omoerotico, erroneamente chiamate omosessuali (la sessualità è una funzione biologica possibile solo tra un maschio e una femmina). In particolare avevo riportato le statistiche sanitarie dei maschi cosiddetti «passivi».






