2018-03-25
L’era della vita a noleggio. Diventiamo più poveri in cambio di false libertà
Ovunque vengono celebrate le virtù della sharing economy e i millennial preferiscono l'affitto alla proprietà. Così si condannano a un futuro nero.Un'epoca di infinite possibilità sta fiorendo dinnanzi al nostro sguardo ammirato. Stiamo vivendo, scrive Repubblica, «la rivoluzione millennial dei consumi che bandisce la proprietà e fa nascere servizi nuovi che fino a ieri non avremmo immaginato». Benvenuti nell'era in cui tutto è a portata di mano e alla portata di ogni tasca, accessibile grazie a un clic e a un costo prossimo allo zero. Benvenuti nell'era della vita a noleggio. Le nuove generazioni cresciute con innesti digitali affittano tutto. Se hanno bisogno di spostarsi in città chiamano un taxi (o, meglio, Uber) con l'applicazione apposita oppure utilizzano i servizi di car sharing. A comprare una macchina non ci pensano nemmeno e infatti, spiega ancora Repubblica, «il 61% degli utenti italiani di car sharing ne sta evitando o posticipando l'acquisto».Per questi ragazzi, tutto è gratis, o poco ci manca. Vuoi ascoltare una canzone? Ma chi te lo fa fare di comprare un cd o un vinile: basta un giro su Spotify e il brano da acquistare è pronto per le tue orecchie a pochi centesimi. Lascia pure il quotidiano in edicola, tanto l'articolo che ti interessa lo acquisti comodamente sulla piattaforma online e lo leggi sul tablet, dove magari hai già scaricato la versione ebook dell'ultimo bestseller, decisamente meno costosa e meno ingombrante di quella cartacea. Visitare una libreria, del resto, è una perdita di tempo. E poi dove lo piazzi il nuovo tomo di Stephen King da 800 pagine, visto che casa tua è minuscola? Già, perché ovviamente il trend riguarda anche e soprattutto le case. I millennial noleggiano persino le cyclette su cui macinare calorie la mattina, figuratevi se si fanno balenare in testa l'idea di comprare un'abitazione. Il ragionamento lo ha sintetizzato molto bene Fernando Encinar, fondatore di Idealista, la grande piattaforma online per gli affitti, in un'intervista concessa a Linkiesta: «Siamo di fronte a grandi cambiamenti. In Italia, storicamente la mentalità ha sempre condizionato i giovani all'acquisto di una casa. Oggi, invece, i millennial sono meno interessati al concetto di possesso. Hanno un modo di vivere completamente diverso dal passato. Ed è un bene». Certo, è un bene per lui che si arricchisce. Per gli altri un po' meno. «Ho sempre pensato», continuava Encilar, «che fosse una follia per un giovane di 25, 26 anni, comprare una casa. La casa ti lega alla città, ti vincola. A quell'età bisogna essere liberi di poter decidere quale sarà il proprio futuro. E probabilmente non sarà nella città in cui sei nato. L'acquisto di una casa per me rappresenta una fase da vivere intorno ai 35-38 anni. Quando la tua vita è più stabile, con partner, lavoro, con la tua mentalità».niente legami né cateneEccolo qui, il mantra: devi essere libero, non avere legami, essere pronto ad affrontare il futuro senza che qualche macigno ti incateni al suolo. Entusiasmante, non trovate? Comprare una casa significa mettere radici, e non va affatto bene, perché l'uomo di domani deve essere, appunto, uno sradicato, disponibile allo spostamento rapido, leggero come l'aria, con l'anima dentro il bagaglio a mano. La casa, volendo, te la puoi comprare verso i 38 anni. A quel punto puoi cominciare a riflettere su un progetto di famiglia. Solo che ormai si è fatto un po' tardi, magari i figli è meglio lasciarli perdere, e in fondo chi te lo fa fare di incastrarti nella vita di coppia, quando stai così bene da solo, sdraiato sul letto a compulsare le serie tv online (anche quella è una forma di noleggio) dopo 12 ore di lavoro. Libertà, libertà, gridano tutti i teorici della rivoluzione digitale. I millennial, dice a Repubblica Enrico Valdani, docente di marketing alla Bocconi, «sono, soprattutto, affamati di nuove esperienze, di varietà. Il possesso limita le esperienze, pone vincoli. Aggirabili se si ricorre a modalità diverse di rapportarsi agli oggetti, come il noleggio. In quella che è sempre più l'età dell'accesso». Meraviglioso, non c'è che dire. Affittare le cose è più semplice, meno impegnativo. Non si stabiliscono legami e, cosa più importante, si può soddisfare immediatamente il desiderio. Viviamo, oggi, in una società che impone il passaggio all'atto, il trasferimento di ogni desiderio nella soddisfazione immediata. L'imperativo è: godi subito, adesso. Per quale motivo, dunque, aspettare di aver risparmiato i soldi sufficienti ad acquistare un oggetto quando posso noleggiarlo e liberarmene nel momento in cui mi sono stancato di utilizzarlo? Non avrò mai il denaro necessario a comprare una barca, ma posso affittare uno yacht per un pomeriggio e provare l'ebbrezza del lusso. C'è anche questo aspetto, infatti: si può sperimentare una vita di grandi agi a tempo determinato. Il vestito firmato e splendente lo puoi avere immediatamente, a patto di utilizzarlo solo per una serata e restituirlo il giorno seguente. «Una volta lo status symbol era il grosso acquisto, il valore intrinseco di un oggetto», dice la sociologa Ivana Pais. «Oggi invece è la capacità di cambiarne tanti, di mostrarsi sempre dotati del modello più nuovo». Il culto della novità, dopo tutto, è alla base della rivoluzione digitale. «Se si vuole perseguire questo approccio tramite il possesso», prosegue la Pais, «serve una capacità di spesa notevolissima. Con lo sharing, invece, lo può fare chiunque». È il nuovo comandamento: nel futuro, chiunque avrà i suoi quindici minuti di ricchezza. A che prezzo, però? Beh, le conseguenze di tutto questo sono molteplici. Di fatto, si elimina la proprietà privata. Tutto è in licenza (come gli smartphone, i programmi, le console per videogiochi e via dicendo). Tutto è in prestito. In questo modo, non si possiede nulla, e ci si lega alle grandi aziende produttrici. In realtà, si perde una parte di libertà, ma accorgersene è difficile. Si diventa controllabili, manipolabili. Poi, appunto, c'è la questione della ricchezza. Perché si noleggiano le cose? Perché, semplicemente, non si hanno abbastanza soldi per comprarle. Certo, non è obbligatorio avere un conto in banca tale da garantirsi l'acquisto di una barca a vela. Ma forse potersi permettere un telefonino, meglio, un appartamento o un'auto dovrebbe essere possibile. E invece i denari scarseggiano. Così si va avanti ad affittare e si comprano soltanto i beni a basso costo. I prezzi, in fondo, continuano a calare. C'è un problema, però: se i prezzi sono bassi significa che anche gli stipendi lo sono. Miracoli della deflazione... Questo è il grande inganno dell'età del noleggio: siamo tutti più poveri, ma abbiamo l'illusione di essere benestanti, perché qualche multinazionale ci concede la possibilità di godere - almeno in parte - dei prodotti che bramiamo. È bello noleggiare una Limousine a chiamata. Un po' meno bello è essere quello che viene noleggiato per portare la cena a domicilio in bici per pochi euro l'ora. Una truffa simile si nasconde dietro la tanto celebrata «sharing economy». Secondo alcuni illustri pensatori progressisti, a partire da Jeremy Rifkin, ci stiamo dirigendo verso una «società a costo marginale zero».«Milioni di persone stanno già trasferendo parti o segmenti della loro vita economica dai mercati capitalistici al Commons collaborativo globale», scrive Rifkin. «I prosumers (produttori consumatori, ndr) non si limitano a produrre e condividere informazioni, contenuti d'intrattenimento, energia verde, oggetti fabbricati con stampanti 3D in Commons collaborativi a costo marginale quasi zero. Condividono tra loro anche automobili, case e persino vestiti, attraverso siti di social media, strutture per facilitare i noleggi, club di ridistribuzione e cooperative, ancora una volta a costo marginale quasi zero». Secondo il saggista americano, «in una società a costo marginale zero la produttività estrema riduce - una volta assorbiti i costi fissi - il costo delle informazioni, dell'energia, delle risorse materiali, del lavoro e della logistica necessari per produrre, distribuire e riciclare beni e servizi». Fantastico. In pratica, è un modo figo per dire che si ritorna al baratto. O al comunismo. Allora noleggiate, noleggiate pure. Quelli in affitto, però, siete voi.