2025-09-04
Papa Leone si sfila dal Giubileo arcobaleno
Da domani, il pellegrinaggio Lgbt a Roma con messa («profetica», dice lui) di monsignor Savino. Prevost, però, non riceverà i fedeli omosex, anche se il loro ideologo, il gesuita Martin, giura: «Prevost è come Francesco». Mentre Zuppi lo tira per la stola sui migranti.«Un evento non ufficiale». In Vaticano liquidano così il Giubileo Lgbt, promosso dall’associazione «La tenda di Gionata» e da altre organizzazioni catto-gay. I fedeli arcobaleno si riuniranno a Roma domani e sabato, mentre domenica saranno in piazza San Pietro. Ma il Papa non li riceverà. Si dice che Oltretevere ci sia imbarazzo per un’iniziativa che ha il retrogusto dello stile pastorale di Francesco: «Todos, todos, todos», esclamò tre volte il pontefice argentino durante la Giornata mondiale della gioventù di Lisbona, nel 2023, per sottolineare che la Chiesa deve rimanere accogliente e inclusiva. E chi potrebbe metterlo in dubbio? È la carità la sua ragion d’essere. La carità nella verità, però. È questo secondo dettaglio che, evidentemente, Leone XIV non vuole più lasciar evaporare. Anche se fonti della Santa Sede, citate dall’Ansa, hanno assicurato che la mancata partecipazione di Robert Francis Prevost all’evento Lgbt non significa che intenda dissociarsene: semplicemente, hanno spiegato, lui tiene udienze giubilari a settimane alterne. E dopodomani sarà il «sabato no». Peraltro, il 7 settembre si svolgerà una cerimonia ben più rilevante del pellegrinaggio omosex: la canonizzazione di due santi giovani per i giovani, Pier Giorgio Frassati e Carlo Acutis. Lì, il Papa non può certo mancare.La messa di sabato per il gruppo arcobaleno, presso la Chiesa del Gesù, sarà officiata dal vescovo di Cassano allo Jonio, nonché vicepresidente della Conferenza episcopale italiana, monsignor Francesco Savino. Il quale ha definito la celebrazione liturgica addirittura un «atto profetico», forse per rimarcarne la differenza con le solite messe, con i soliti fedeli privi di etichette e militanze di genere. Il presule ha indossato i panni del «buon samaritano», colui che si lascia «ferire dalla sofferenza e dalla solitudine dell’altro», piuttosto che osservare «una religione puramente rituale». Ma in soccorso dei cattolici Lgbt era corso già l’inossidabile padre James Martin, il gesuita americano noto per la sua crociata in favore dei gay e per essersi prontamente messo a impartire benedizioni alle coppie omosessuali, subito dopo la liberalizzazione dei gesti da «10-15 secondi» da parte del prefetto della Dottrina della fede, il bergogliano di ferro, cardinale Víctor Manuel Fernández. Il sacerdote è stato ricevuto dal Papa lunedì - pochi giorni dopo l’udienza concessa a Matteo Salvini - e ha garantito al suo pubblico che il Santo Padre si è fatto latore dello «stesso messaggio che ho sentito da papa Francesco sui cattolici Lgbtq, che è un messaggio di apertura e accoglienza. Ho trovato papa Leone sereno, gioioso e incoraggiante», ha scritto su X Martin. «Per me è stato un incontro profondamente consolante».Anche il principale di monsignor Savino, Matteo Zuppi, numero uno della Cei, già nel novero dei «candidati» al soglio che erano entrati in conclave da Papi e ne sono usciti da cardinali, ci ha tenuto a rassicurare l’ala progressista, che peraltro lui giura non esistere poiché nella Chiesa «siamo fratelli e sorelle, uniti nello spirito». In un’intervista ad Aldo Cazzullo del Corriere, don Matteo ha insistito: nella Sistina «ha prevalso la continuità con papa Francesco. […] Leone difenderà l’accoglienza, difenderà gli stranieri, perché è nel Vangelo». Sì, ma fino a che punto il Vangelo si può stiracchiare? Un conto è aiutare i poveri e salvare i moribondi, un conto è sposare (e finanziare) le battaglie politiche della ciurma di Luca Casarini.E allora, che pontefice vuole essere Prevost? È «come Francesco» o come Benedetto XVI? È innovatore o rivoluzionario? Porterà avanti quei «processi» riformisti nei quali tanto confidava Jorge Mario Bergoglio, oppure arginerà la deriva dottrinale?Su un aspetto, monsignor Zuppi ha ragione: imporre una chiave di lettura politica al magistero è fuorviante. Leone - Leone, eh, non Prevost: le idee personali dell’uomo sono un altro paio di maniche, rispetto alla missione che la Provvidenza lo ha chiamato a compiere - non è né progressista né conservatore. Nonostante le evidenti sterzate rispetto al predecessore sudamericano, non ha impresso una radicale svolta a destra. Il suo obiettivo è comporre le divergenze. Riunire laddove ci si era divisi. «Fasciare le piaghe» di una Chiesa lacerata, se volessimo usare le parole che il vescovo Savino ha dedicato ai cattolici arcobaleno. Perciò il Papa incontra Salvini e pure padre Martin; perciò assegna incarichi, ancorché simbolici, a tradizionalisti tipo i cardinali Robert Sarah e Christoph Schönborn, ma anche al porporato maltese pro migranti, Prosper Grech; perciò si offre da mediatore nei conflitti, ricucendo con gli ebrei nonostante i giudizi severi nei confronti del governo Netanyahu e riportando la Santa Sede a una linea più occidentalista sulla questione ucraina. Non è cerchiobottismo; è universalismo cattolico. Cattolico, in greco antico, significa universale.Evidentemente, tanto basta per seminare il panico tra chi sperava che, dal conclave a schiacciante maggioranza di elettori nominati da Francesco, venisse fuori il vicario di Obama più che il vicario di Cristo. Di qui, la gara a tirare per la stola il pontefice yankee, ad appropriarsene, o a tranquillizzare i riformisti: Leone è uno di noi. Martin, Zuppi, pure l’altro gesuita, padre Antonio Spadaro, che è cresciuto sotto l’egida di Bergoglio e ha scritto un libro il cui scopo è esattamente dimostrare la perfetta continuità tra il Papa venuto dalla fine del mondo e quello venuto da Chicago. Perché nella Chiesa i partiti non esistono, ma è sempre meglio stare con quello vincente.