2025-10-02
L’élite palestinese scrive una lettera alla Casa Bianca e molla i terroristi
Prime dissociazioni dalla morsa degli islamisti: «Qui non li sopporta più nessuno».Qualche giorno prima che si ufficializzasse il piano americano per porre fine al conflitto a Gaza, l’élite della Striscia si era già mossa per chiedere l’intervento del presidente americano, Donald Trump, inviandogli una lettera. Ma soprattutto ha preso le distanze da Hamas, sottolineando come la popolazione sia ai ferri corti con l’organizzazione terroristica. Facendo un passo indietro, la lettera mandata al tycoon, datata il 27 settembre 2025, è stata firmata da 17 esponenti di rilievo di Gaza, tra cui il presidente della Camera di commercio della Striscia, Ayed Abu Ramadan, e il sindaco di Gaza City, Yahya Al Sarraj, ma anche accademici, economisti e attivisti. Nella missiva, in cui non viene menzionato esplicitamente Israele e neppure Hamas, viene spiegato al presidente americano che oggi «nessuna voce ha più peso della sua». E quindi i firmatari della lettera sono certi che «con un appello decisivo per un cessate il fuoco, per la protezione dei civili e per l’afflusso di aiuti umanitari» Trump «potrebbe cambiare il corso di questo conflitto e lasciare un’eredità che duri per generazioni», diventando così «il leader che ha difeso l’umanità quando più contava». La lettera sarebbe arrivata nelle mani del presidente americano mentre Washington stava finalizzando i 20 Punti. L’altro elemento di rottura, rispetto al passato, è che quattro firmatari della lettera hanno accettato di parlare con il Times of Israel e, dissociandosi esplicitamente da Hamas, hanno rivelato che il potere del gruppo terroristico attecchisce sempre meno sulla popolazione. Si tratta di «una serie di conversazioni un tempo impensabili tra palestinesi residenti a Gaza e un organo di stampa israeliano» ha ammesso lo stesso quotidiano.In particolare, il presidente del consiglio di amministrazione del Gaza College, Marwan Tarazi, ha dichiarato che «tutti per strada ora sono contro Hamas». Basta «chiedere a chiunque a Gaza» ha aggiunto. Ha poi proseguito: «Non è nostra tradizione fare quello che è successo il 7 ottobre. Dobbiamo vivere in pace con Israele, con gli ebrei».E nel tentativo di svincolare il suo ruolo da quello dell’organizzazione terroristica, il sindaco di Gaza City, Yahya Al Sarraj, ha voluto puntualizzare che «il comune è un’autorità locale indipendente dal punto di vista amministrativo e finanziario, e non è subordinato ad alcuna entità o fazione politica», nonostante solitamente sia invece richiesta la subordinazione al sistema governativo di Hamas. Tra l’altro, nella conversazione su Whatsapp con il Times of Israel, ha raccontato di essere «politicamente indipendente». Ma oltre a ribadire su più fronti il distacco da Hamas, i firmatari interpellati dal giornale israeliano hanno anche espresso la loro posizione sul futuro di Gaza: non ci deve essere alcuno spazio per Hamas. «La cosa più importante ora è che finisca la guerra, e la seconda è che Hamas sia fuori» ha detto Tarazi. Chi ha scritto la lettera ha voluto rendere noto di non avere alcuna affiliazione politica, ma non escluderebbe un ruolo per l’Anp. Per Abu Ramadan, ovvero colui che prima del 7 ottobre rappresentava i commercianti gazawi sia nella Striscia che all’estero, l’Anp sarebbe tra le entità più idonee per traghettare Gaza verso la pace con Israele: «L’Autorità palestinese ha certamente un ruolo in questa visione, immediatamente o dopo un anno o due: tutto è aperto alla discussione». Ha anche spiegato al Times of Israel che è consapevole che «l’unico che può fermare la guerra è Trump» visto che «la sua influenza su Israele è significativa».
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