2022-08-09
Lega, azzurri e Fdi non devono fare l’errore di credersi già vincitori
Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi (Ansa)
La rottura fra Pd e Carlo Calenda favorisce il centrodestra, che però non può sottovalutare tre insidie. Primo, il voto anti sistema. Secondo, gli sbagli nei sondaggi. Terzo, il fatto che il proporzionale aiuta chi corre in solitudine.Proposta di Matteo Salvini: flat tax al 15% pure ai dipendenti. Armando Siri: «Previste 3 fasi. Nelle prime due serviranno 12 miliardi: 7 sono già disponibili per la riforma dell’Irpef, 5 arriveranno assorbendo l’assegno unico».Lo speciale contiene due articoli.Rigore è quando arbitro fischia, e vittoria è quando Mattarella dà incarico: suggeriamo ai leader del centrodestra, già impegnati a litigare sulle future poltrone di governo, di ripetere almeno dieci volte al giorno la celebre frase di Vujadin Boskov, per evitare brutte sorprese. Come tutti sappiamo, Giorgia Meloni già si sente premier, Matteo Salvini ministro dell’Interno e Antonio Tajani ministro degli Esteri: i sondaggi sono inequivocabili, il centrodestra è in vantaggio stratosferico sugli avversari, peraltro divisi e quindi destinati a subire un cappotto nei collegi uninominali, ma alle elezioni manca un mese e mezzo, una eternità, e le insidie sul percorso di Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e alleati di centro verso la vittoria è ancora pieno di insidie. Ne ricordiamo alcune, pur sapendo di correre il rischio di passare per grilli parlanti. Innanzitutto, fidarsi dei sondaggi è bene, non fidarsi è meglio: basta leggere quelli di cinque anni fa per verificare come, ad esempio, il M5s veniva segnalato, fino a due settimane dal voto, quando scattò il divieto di pubblicazione, intorno al 27%: i pentastellati alle elezioni presero quasi 6 punti in più, a scapito del centrosinistra, che subì l’effetto opposto. La corsa in solitaria del M5s (salvo clamorosi apparentamenti con il Pd dell’ultimo minuto) consentirà a Giuseppe Conte di condurre una campagna elettorale a ciuffo sguainato. Pensiamo solo a quanto insisterà il M5s sulla difesa del reddito di cittadinanza, sussidio che il centrodestra e Italia viva vogliono abolire e il Pd modificare, parola che terrorizza comunque i percettori, che in Italia sono poco più di 1 milione, con più di 2,5 milioni di persone coinvolte e un importo medio di poco inferiore ai 600 euro al mese. Comunque la pensiate sul Rdc, state certi che questi elettori saranno in fila al seggio, il 25 settembre, alle 7 del mattino, pronti a votare per il M5s, che aveva promesso di introdurre il reddito (promessa mantenuta) e ora promette di difenderlo. Il proporzionale potrebbe premiare anche il polo di centro, occupato da Carlo Calenda e Matteo Renzi, che potranno attirare elettori sia da destra sia da sinistra, utilizzando il classico armamentario dei cosiddetti moderati: attenti ai fascisti, attenti ai comunisti. Fuffa propagandistica? Certo: ma la propaganda è una scienza esatta, una tecnica raffinata, e qualche effetto lo produce sempre. Veniamo poi a un fenomeno che sui social è molto più visibile che sui media mainstream: quello delle cosiddette liste «antisistema», come ad esempio Italia sovrana e popolare di Francesco Toscano, Italexit di Gianluigi Paragone, Vita di Sara Cunial. Questi movimenti hanno un seguito corposo sui social, e il loro esito elettorale è difficilmente quantificabile. Nei giorni scorsi, ad esempio, i banchetti per la raccolta delle firme di Italia sovrana e popolare sono stati presi d’assalto da migliaia di persone: il partito, che annovera tra i suoi leader anche Marco Rizzo, può contare su uno zoccolo duro di no green pass, persone che hanno vissuto le restrizioni della pandemia, e soprattutto l’obbligo vaccinale e quello del certificato verde come un insopportabile castigo inflitto ai cittadini sia dal governo giallorosso sia da quello guidato da Mario Draghi, e che non hanno alcuna intenzione di fidarsi delle promesse elettorali dei partiti che hanno sostenuto queste misure, tra i quali ci sono pure Lega e Forza Italia (che erano al governo con Draghi) e da Fdi per quello che riguarda il certificato verde. La Meloni ha poi precisato che lei era favorevole solo al green pass europeo, ma i video in cui si schiera a favore del certificato girano sui social all’impazzata. C’è poi il tema della guerra in Ucraina, sul quale sostanzialmente i grandi partiti (con l’eccezione, per certi versi, di Lega e M5s, che hanno però sempre e comunque votato a favore delle decisioni del governo Draghi) sono tutti appiattiti acriticamente sulle posizioni di Usa e Nato. Gli italiani scettici, quando non fermamente contrari, all’invio di armi a Kiev e più in generale alla prosecuzione della guerra per le sue pesantissime conseguenze economiche sono milioni. Non a caso la candidatura del giornalista Giorgio Bianchi, noto per le sue posizioni anti Nato, con Italia sovrana e popolare, ha suscitato entusiasmo sui social: bisognerà verificare se questo consenso virtuale si tradurrà in un voto vero e proprio. Parliamo di forze politiche certamente da non sopravvalutare e oltretutto divise tra loro, per le quali l’obiettivo del 3%, soglia minima per entrare in Parlamento, è considerato difficilissimo da raggiungere, ma nessuno è in grado di prevedere quale sarà il loro risultato. Dunque, il centrodestra deve assolutamente impegnarsi a proporre agli elettori un programma chiaro e non dare assolutamente nulla per scontato: per contendersi i ministeri ci sarà tempo, dopo le elezioni. Non dire gatto se non ce l’hai nel sacco, chioserebbe Giovanni Trapattoni, uno che di vittorie se ne intende. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lega-azzurri-fdi-non-errore-2657830845.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="flat-tax-al-15-pure-ai-dipendenti" data-post-id="2657830845" data-published-at="1660006974" data-use-pagination="False"> «Flat tax al 15% pure ai dipendenti» Flat tax al 15% per tutti. È questa la promessa della Lega per abbattere le tasse degli italiani e risolvere anche il problema dell’evasione fiscale. La tassa piatta è un sistema che prevede un’imposizione uguale per tutti indipendentemente dal reddito. Il sistema attuale prevede invece una tassazione progressiva. L’Irpef oggi si paga al 23% fino a 15.000 euro di reddito; al 25% dai 15.001 fino a 28.000 euro; al 35% da 28.000 fino a 50.000 euro; al 43% da 50.000 in su. Con la proposta della Lega si passerebbe gradualmente a un 15% per tutti. Non mancano in questi giorni di campagna elettorale le critiche a questa misura. Il disegno di legge è stato depositato però già nel 2018 e prevede tre fasi. La prima consiste nell’ampliamento della flat tax alle partite Iva fino ai redditi pari 100.000 euro annui (oggi è prevista per chi guadagna fino a 65.000 euro). La seconda fase invece consiste nell’applicazione della norma anche ai redditi dipendenti applicando il quoziente familiare per le famiglie monoreddito fino ai 55.000 euro e quelle bireddito fino ai 70.000. Insomma, si considererà la famiglia come un nucleo fiscale al posto del singolo contribuente andando in soccorso ai nuclei numerosi con meno reddito. L’idea è quella di mettere in pratica questa riforma in modo graduale nell’arco di cinque anni. Armando Siri, sottosegretario ai Trasporti, senatore del Carroccio e ideatore della riforma fiscale, spiega quali coperture verranno utilizzate per introdurre la flat tax per tutti: «La riforma costerà intorno ai 12 miliardi, di cui 7 verranno presi dai fondi già stanziati per la riforma dell’Irpef voluta da Mario Draghi, mentre gli altri 5 arriveranno dall’assegno unico familiare che verrà assorbito dalla flat tax. Questa riforma amplia la possibilità di generare reddito. Non è possibile che le persone in Italia abbiano paura di guadagnare di più, di produrre di più perché sanno che le tasse aumenteranno. Dovrebbe essere il contrario: lo Stato dovrebbe premiare che fa arricchire il Paese, chi lavora e chi crea occupazione». Una terza fase vedrà l’estensione della flat tax a tutti senza distinzione di reddito. Quest’ultima fase verrà introdotta solo per ultima, dopo aver visto che effetti avrà la seconda. La Lega si attende che in questo modo molte più persone pagheranno le tasse e così si potrà risolvere anche il problema dell’evasione fiscale. «Non abbiamo ancora una stima di quanto potrà costare la terza fase», commenta Siri, «bisognerà capire come andrà la seconda, ma ci attendiamo di poter recuperare le coperture dalla mancata evasione. In ogni caso dovrebbe trattarsi di una cifra che oscilla intorno ai 15 miliardi». Insomma, nulla a che vedere con le stime di 60 miliardi di cui scrivono alcuni giornali. La seconda fase riguarderà 25 milioni di famiglie e 32 milioni di contribuenti. All’imposta non si applicherà alcuna detrazione né alcun credito di imposta previsto dalla legge. I contribuenti facenti parte della famiglia fiscale presenteranno un’unica dichiarazione dei redditi. Questo dovrebbe contribuire anche a snellire la burocrazia fiscale attualmente vigente. Tra chi osteggia questa proposta c’è la convinzione che, se non dovessero bastare le coperture, si dovrebbe intervenire sulla spesa sociale tagliandola. Fra i critici si parla poi di un possibile aumento delle disuguaglianze. Silvio Berlusconi propone una misura simile: flat tax per tutti, ma al 23%. Giorgia Meloni invece propone una flat tax incrementale, valida sull’aumento dei redditi dichiarati. Ad esempio, se nell’anno X il contribuente ha dichiarato 50.000 euro e nell’anno successivo ne dichiara 55.000, su quei 5.000 euro in più verrà applicata la flat tax al 15% o al 23%.
Lo ha dichiarato il presidente del Consiglio europeo in occasione del suo incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)
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