I dati esposti dalla Commissione medico scientifica indipendente evidenziano il calo della protezione, soprattutto per i fragili. Alberto Donzelli: «Ipotesi deterioramento del sistema immunitario». Lo studio svedese: lo scudo dei guariti dura oltre un anno e mezzo.
I dati esposti dalla Commissione medico scientifica indipendente evidenziano il calo della protezione, soprattutto per i fragili. Alberto Donzelli: «Ipotesi deterioramento del sistema immunitario». Lo studio svedese: lo scudo dei guariti dura oltre un anno e mezzo.Chiarezza e verità per squarciare «l’oscurità permanente sui dati della sperimentazione dei vaccini utilizzati contro il Covid 19. Durante la pandemia ogni dubbio è stato respinto, il dissenso è stato accantonato, malgrado la confusione iniziale, informazioni mai spiegate fino ad oggi, con i tanti vaccinati contagiati, la sollecitazione alla quarta dose e alla vaccinazione dei bambini. Solo un’impostazione dogmatica, un pensiero unico che non accetta e dà spazio alle critiche seppur costruttive. Vogliamo dare voce a chi vuole discutere in base a prove scientifiche e rendere il dibattito una nuova fonte di conoscenza». Nelle parole dell’onorevole Francesco Sapia di Alternativa il mood dell’incontro di ieri alla Camera dei deputati organizzato per presentare i nuovi dati sulle vaccinazioni anti Covid elaborati dalla CMSi, la Commissione medico scientifica indipendente. Dati che possono ridurre la disinformazione, aumentare la fiducia nella scienza o semplicemente indurre ad un vero confronto, visto che si parla di: capacità dei vaccini di prevenire l’infezione all’inizio buona, poi mediocre, e a medio termine negativa; protezione dalla malattia per chi è guarito di gran lunga superiore a una dose di vaccino.A sostenere che i vaccini non solo non prevengono l’infezione, salvo nei primi mesi dopo la seconda dose, ma nel tempo mostrano di favorirla in misura crescente è stato il dottor Alberto Donzelli, specialista in Igiene e Medicina preventiva e Scienza dell’alimentazione, membro della CMSi che ha spiegato nel dettaglio come la protezione vaccinale, «molto buona trascorsi i primi 14 giorni dall’inoculo, declina però a distanza di mesi dalla seconda, fino ad azzerarsi e persino invertirsi, nel senso che i soggetti completamente vaccinati diventano addirittura meno protetti dall’infezione rispetto ai non vaccinati». Questa paradossale evoluzione risulta accelerata con la variante Omicron, con i bambini e nei confronti degli asintomatici, tanto che Donzelli osserva: «Il booster o terza dose fa risalire la protezione dall’infezione ai livelli iniziali, ma per quanto? Ci sono indicazioni che il declino successivo sia di nuovo rapido». I dati pubblicati dall’Uk security agency sull’andamento verso l’inversione della protezione, formalmente negati, di fatto sono stati riconosciuti anche in Italia già nell’era di Delta da una pubblicazione dell’Iss che mostra un’efficacia negativizzata dopo 8-9 mesi in anziani e in soggetti ad alto rischio. «Tra le ipotesi per spiegare l’inversione della protezione non pare più sostenibile l’ipotesi di un allentamento delle precauzioni per falso senso di sicurezza nei vaccinati», spiega Donzelli. Resta invece in campo l’ipotesi di un «deterioramento del sistema immunitario». Insomma i booster «funzionicchiano», come pure qualche virologo ha ammesso, hanno benefici effimeri e la quarta dose lo sarà ancora di più. Così come è inutile insistere sulla «protezione ibrida», ovvero il vaccino ai guariti. «La vaccinazione va vista nella prospettiva del beneficio aggiuntivo, minimo in valore assoluto. Una ricerca su oltre 5 milioni di svedesi ha mostrato infatti che la protezione da infezione naturale si mantiene molto buona per almeno 20 mesi. Il valore aggiunto di vaccinazioni successive (follow-up di 9 mesi) si limita a un caso di infezione in meno ogni 767 individui vaccinati con due dosi (Svezia) od ogni 2.000 individui vaccinati con una dose (Israele). Quanti soggetti a rischio medio riterrebbero vantaggiosa la somministrazione di 1.500-2.000 dosi di vaccino per risparmiare un’infezione?». «Non c’è alcuna emergenza Covid tra i bambini» ha segnalato invece il dottor Eugenio Serravalle pediatra della CMSi, ribadendo che tutti gli studi scientifici sono concordi: se contagiati i bambini sono in genere asintomatici o con sintomi lievi. «È vero che da quando la variante Omicron è diventata dominate si sono registrate più infezioni nei piccoli, ma di minore gravità con notevole riduzione di accessi ai Pronto soccorso e ai ricoveri». Soprattutto non sono causa di trasmissione in famiglia e anche vaccinandoli non si raggiungerà mai l’immunità di gregge. Per Serravalle è sbagliato il clima di paura per indurre i genitori a vaccinare i figli parlando di mortalità, 40 decessi da 0 a 15 anni in due anni, né citando la MIS-C ovvero la sindrome di infiammazione multisistemica pediatrica temporalmente correlata al Covid, perché è davvero molto rara. È vero invece che tra gli adolescenti vaccinati, soprattutto maschi, ci sono stati casi di miocarditi e pericarditi, «patologie non banali che avranno effetti a lungo termine». Ha ribadito una certa prudenza sulle vaccinazioni Marco Cosentino, ordinario di Farmacologia all’Università degli Studi dell’Insubria, «L’impiego di questi vaccini anti Covid non è sostenuto da evidenze scientifiche né è stata davvero valutata la capacità del prodotto terapeutico di prevenire il contagio. Il punto debole del vaccino si vede oggi proprio dalla trasmissione del contagio con i vaccinati». A manifestare la necessità di risposte e dati più chiari sui molteplici aspetti di un virus che non è stato sconfitto e che continua a variare, sono stati molti esponenti politici presenti al seminario o in collegamento: Rosa D’Amato (Verdi), Lucio Malan (FdI), Marco Rizzo (Pci), Alberto Zolezzi (M5s), Gianluigi Paragone (Italexit), Roberta Ferrero (Lega), Laura Stabile (Forza Italia), Raffaele Trano (Alternativa).
La transizione energetica non è più un concetto astratto, ma una realtà che interroga aziende, governi e cittadini. Se ne è discusso al primo panel dell’evento de La Verità al Gallia di Milano, dedicato a «Opportunità, sviluppo e innovazione del settore energetico. Hub Italia», con il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, la direttrice Ingegneria e realizzazione di Progetti di Terna Maria Rosaria Guarniere e la responsabile ESG Stakeholders & Just Transition di Enel Maria Cristina Papetti.
A condurre, il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin. In apertura, Belpietro ha ricordato come la guerra in Ucraina e lo stop al gas russo deciso dall’Europa abbiano reso evidenti i costi e le difficoltà per famiglie e imprese. Su queste basi si è sviluppato il confronto con Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, società con 70 anni di storia e oggi attore nazionale nel settore energetico.
Cecconato ha sottolineato la centralità del gas come elemento abilitante della transizione. «In questo periodo storico - ha osservato - il gas resta indispensabile per garantire sicurezza energetica. L’Italia, divenuta hub europeo, ha diversificato gli approvvigionamenti guardando a Libia, Azerbaijan e trasporto via nave». Il presidente ha poi evidenziato come la domanda interna nel 2025 sia attesa in crescita del 5% e come le alternative rinnovabili, pur in espansione, presentino limiti di intermittenza. Le infrastrutture esistenti, ha spiegato, potranno in futuro ospitare idrogeno o altri gas, ma serviranno ingenti investimenti. Sul nucleare ha precisato: «Può assicurare stabilità, ma non è una soluzione immediata perché richiede tempi di programmazione lunghi».
La seconda parte del panel è stata guidata da Giuliano Zulin, che ha aperto il confronto con le testimonianze di Maria Cristina Papetti e Maria Rosaria Guarniere. Papetti ha definito la transizione «un ossimoro» dal punto di vista industriale: da un lato la domanda mondiale di energia è destinata a crescere, dall’altro la comunità internazionale ha fissato obiettivi di decarbonizzazione. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato - c’è stata un’esplosione delle rinnovabili. Enel è stata tra i pionieri e in soli tre anni abbiamo portato la quota di rinnovabili nel nostro energy mix dal 75% all’85%. È tanto, ma non basta».
Collegata da remoto, Guarniere ha descritto l’impegno di Terna per adeguare la rete elettrica italiana. «Il nostro piano di sviluppo - ha detto - prevede oltre 23 miliardi di investimenti in dieci anni per accompagnare la decarbonizzazione. Puntiamo a rafforzare la capacità di scambio con l’estero con un incremento del 40%, così da garantire maggiore sicurezza ed efficienza». Papetti è tornata poi sul tema della stabilità: «Non basta produrre energia verde, serve una distribuzione intelligente. Dobbiamo lavorare su reti smart e predittive, integrate con sistemi di accumulo e strumenti digitali come il digital twin, in grado di monitorare e anticipare l’andamento della rete».
Il panel si è chiuso con un messaggio condiviso: la transizione non può prescindere da un mix equilibrato di gas, rinnovabili e nuove tecnologie, sostenuto da investimenti su reti e infrastrutture. L’Italia ha l’opportunità di diventare un vero hub energetico europeo, a patto di affrontare con decisione le sfide della sicurezza e dell’innovazione.
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Giuseppe Cruciani (Ansa)
Il giornalista: «In tv l’intellighenzia progressista mostrifica la vittima. Bisognerebbe scendere in piazza in difesa del libero pensiero: vedremmo chi davvero vuole il dialogo».
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Cresce la tensione tra Etiopia ed Egitto. Il governo di Addis Abeba ha recentemente inaugurato la più grande diga idroelettrica dell’Africa: una mossa che ha notevolmente irritato Il Cairo.