2020-02-19
Le tre mosse del Papa non risolvono la crisi
La mutata mappa del potere curiale, con i trasferimenti del cardinale Angelo Becciu, di padre Georg Gänswein e di Domenico Giani. In ritardo riforme, processi sugli abusi e legge contro il riciclaggio. Tra conflitti dottrinali e fragilità economiche il Vaticano sembra aver perso la sua visione.Per facilità, certo. Per facilità si trasforma la curia in un campo da calcio, dividendo cardinali e monsignori in due squadre. I rossi di Bergoglio e i neri di Ratzinger. I progressisti felpati gesuiti di Francesco e le orde dogmatico-conservatrici di Benedetto XVI in un derby apocalittico da fine della fede, della Chiesa e quindi del mondo. […] Il dopo Bertone ancora non è iniziato. A sette anni dall'inizio del pontificato, Pietro Parolin fatica nel vedere riconosciuta la sua leadership in un posto che fu di giganti della diplomazia come Agostino Casaroli e uomini di potere asciutto e discreto, come Angelo Sodano. I due hanno regnato in curia per oltre un quarto di secolo, Parolin in autunno copre l'intero periodo retto da Bertone senza che vi sia percezione che questo sia accaduto. La mappa del potere curiale negli ultimi sei mesi ha subito una profonda mutazione, con strappi, defenestrazioni, messe in mora di chi costituiva ormai un'asimmetria rispetto al monarca assoluto, a Francesco. E così Domenico Giani ha lasciato la Gendarmeria, il cardinale Angelo Becciu seppur non indagato è stato colpito duramente dall'urto dell'inchiesta sulla compravendita dei palazzi a Londra, e ora anche monsignor Georg Gänswein, dopo l'ultimo scivolone del libro Dal profondo dei nostri cuori del cardinale Robert Sarah, ecco che fa o gli fanno fare l'atteso passo indietro. Tre personaggi importanti che hanno superato il crinale del successo, che costituivano entità di rilievo nel pontificato di Benedetto XVI e che ora vedono ridimensionato il ruolo. Becciu alla Congregazione delle cause dei santi deve rinunciare progressivamente alle influenze in Segreteria di Stato e nei rapporti politici con Italia (Quirinale, governo, opposizioni), Giani vede ancora molti amici in gendarmeria ma conoscerà meglio i segreti della sua Arezzo, Gänswein non è più quella indispensabile cinghia di trasmissione tra il Pontefice e il Papa emerito di un tempo. Con un inciso: queste fuoriuscite non danno rilievo a Parolin ma aumentano quello di Bergoglio, costretto a vivere i primi sei anni di pontificato tra trappole, imboscate e mimetismi. Ora il cambio nelle gerarchie è dunque a buon punto, quello delle leggi invece tentenna con i primi irrigidimenti dell'ex procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, oggi al vertice del tribunale del Vaticano, reduce da un paio di incontri molto franchi con il Pontefice. Del resto il Vaticano è un Paese troppo giovane in tante discipline giuridiche: basti pensare che è stato l'ultimo in Europa a introdurre il reato di riciclaggio […]. Il cardinale che ruba è un fratello che compie peccato, per il quale nutrire misericordia. Gli ammanchi di un ente provocano un danno di certo inferiore a quello sulla reputazione se la notizia trapelasse. Le critiche sull'indirizzo teologico vanno raccolte senza traumi per evitare i venti scismatici di antica memoria, come quelli mossi dai lefebvriani con Benedetto XVI. E così la discussione se aprire o meno ai preti sposati rimane materia di confronto sinodale senza strappi definitivi con la corposa realtà dogmatica che si fa sentire tra gli Stati Uniti e il Vecchio continente. Come la lotta alla pedofilia, vuole sì norme stringenti introdotte già dai primi giorni di pontificato ma rallenta nella loro adozione dibattimentale. […] Dall'altra parte, la crisi economica, il rischio di default paventato in diversi documenti dai consiglieri di Bergoglio, a iniziare dal cardinale Reinhard Marx, farebbero premere sull'acceleratore delle riforme se non fosse che oggi come oggi la maggior libertà e trasparenza nei palazzi vaticani, una certa laicità priva di mistero nei giochi di poteri tra i rappresentanti della fede, ha portato anche ad aumento di visibilità degli scontri, con tutte le conseguenze immaginabili. […]Anche perché sulla reversibilità della crisi della fede (che determina e si accompagna a quella delle vocazioni, del numero di cattolici, delle offerte e quindi della sostenibilità economica della struttura) non tutti sono d'accordo. […] E allora: la fede rimane un bene primario della collettività italiana o nel passaggio dalla società provinciale a quella internauta si sta frantumando come paventava proprio Benedetto XVI? E, ancora, credere che comunque a un certo punto interverrà lo Spirito santo è la giusta attesa oppure è una rinuncia irresponsabile? Se Francesco è il monarca assoluto, il tempo è davvero tiranno. Le nubi che si addensano in questi giorni sul Cupolone sono sì scure ma è l'orizzonte a preoccupare […].
Il Gran Premio d'Italia di Formula 1 a Monza il 3 settembre 1950 (Getty Images)
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Pier Silvio Berlusconi (Ansa)