2021-10-23
I pm violano la legge sulle intercettazioni
Il Copasir denuncia il mancato invio dei contratti sottoscritti dai tribunali. Non esiste albo fornitori, né si conoscono criteri di affidamento e valutazione dei costi. Pericolo per la privacy. Rischio d'infrazione UeSolo un tribunale su 140 ottempera alle norme che impongono il controllo dei contratti sulle intercettazioni. Niente albo né verifiche sull'affidabilità di chi gestisce i dati. L'allarme lanciato dal Copasir: dubbi sulla sicurezza dei dati. E in più siamo a rischio di infrazione Ue. Nel 2016 il governo si rese conto che, a dispetto delle norme europee, nessuno controllava i contratti secretati sottoscritti dallo Stato, dagli enti e dalle partecipate pubbliche. Nessuno valutava i criteri economici sottostanti o dettagli fondanti. Per capirsi, l'immenso contratto di concessione autostradale, di cui la famiglia Benetton ha beneficiato per anni, fino ad allora manco doveva finire al vaglio della Corte dei conti. Idem per alcuni contratti della Difesa o del ministero della Giustizia. Con il governo Renzi la legge cambia e viene istituita una apposita divisione della Corte dei conti con l'accesso a carte classificate come «riservatissime». A giugno di ogni anno la divisione speciale dei giudici contabili è tenuta a inviare al Parlamento una relazione piena di omissis sul lavoro fatto. Quest'anno cambia il referente. Non più il parlamento ma il Copasir. Risultato la Corte dei conti spedisce al comitato ora presieduto da Adolfo Urso i documenti e il Copasir si mette al lavoro scoprendo che di fatto la maggior parte degli enti omette l'invio. O manda relazioni molto frammentate. Quest'anno sono stati spulciati 131 atti per lo più provenienti dal ministero della Difesa (48) e dall'amministrazione penitenziaria (40). Per il resto enormi lacune, segnala il comitato all'interno della relazione. Chi latita sono soprattutto i tribunali. «Solo sei atti registrati, di cui quattro relativi a contratti per le intercettazioni e tutti e quattro provenienti da un solo tribunale. Le altre 139 sedi sparse per l'Italia non hanno mai spedito nulla. Non si sono adeguate alla legge del 2016. Per un motivo molto semplice. I magistrati si sono rivolti alla Cassazione civile la quale ha di fatto equiparato i contratti per le intercettazioni a quelli per le pulizie. Dunque, rientrano nelle spese di giustizia complessive. Il problema - fa emergere la relazione sottoscritta da Urso - è che i singoli tribunali o amministrazioni spediscono alla sezione speciale di controllo ciò che ritengono. I contratti non inviati - quasi tutti - restano senza visto e formalmente non sono efficaci, ma la stessa Sezione ha potere solo su ciò che visiona e non ha l'autorità per far emergere ciò che non sa. Eludere le norme ha provocato una serie di inghippi. Non esiste un albo dei fornitori. Non si conoscono i criteri di affidamento né la valutazione ex ante dei costi e dei prezzi. Non si conoscono nemmeno con esattezza le strutture societarie di chi intercetta migliaia di italiani. Tant'è che la relazione ricorda due delicate inchieste emerse negli ultimi anni. Exodus e quella su Hacking team. Sentita dal Copasir il ministro Marta Cartabia ha fatto presente che esiste la famigerata sentenza della Cassazione, ma che al tempo stesso il parere dei giudici civile è in netto contrasto con le direttive Ue del 2011. È così infatti emerso il rischio concreto di una multa per procedura d'infrazione. Pure la riforma Orlando si era mossa per razionalizzare l'approccio, ma su questi temi di sicurezza delle informazioni non c'è stato alcun decreto ministeriale. Insomma, al di là del testo pubblico presente sul sito del Parlamento, l'allarme che esce dalle riunioni del Copasir paventa rischi enormi. Aziende che intercettano e che possono vendere all'estero informazioni sensibili per la persona ma anche ai fini di potenziale spionaggio industriali. Esempio non teorici, ma concreti, visto che c'è stato più di un precedente. Inoltre, molte aziende secondo il comitato parlamentare per la sicurezza non sarebbero in grado di proteggere i dati che acquisiscono. Bisogna infatti ricordare che soltanto una minuscola parte dei dati o delle voci intercettate finisce agli atti o nei brogliacci, la gran parte dei flussi è inutile per la giustizia ma può essere monetizzabile illegalmente oppure vittima di attacchi hacker. Questi ultimi aumentano di mese in mese. La pandemia ha messo il turbo ai rischi e al mercato nero dei dati. Da luglio 2020 ad agosto 2021, il Viminale ha registrato 4.938 attacchi di dominio pubblico. Cioè a server con informazioni ipersensibili e con rischi di effetto cascata. Vediamo se con l'allarme del Copasir cambierà qualcosa. Sarebbe interessante sentire il parere del Csm o delle varie correnti della magistratura per comprendere che bisogno ci fosse di eludere norme Ue e mantenere un segreto su chi intercetta gli italiani che è stringente quanto il segreto di Stato. O forse ancor di più. Un conto è essere gelosi della propria autonomia. Altra cosa è non rendere conto.