Quando non sanno più come cavarsela, boicottano, per via dell’antica regola per cui li si nota di più se non vanno. La parte di quello che si tira indietro tocca a Zerocalcare (a cui si è accodato l'assessore romano Massimiliano Smeriglio): «Ciao, purtroppo non sarò alla fiera romana Più libri più liberi», ha scritto. «Purtroppo ognuno c’ha i suoi paletti, questo è il mio. Quando l’ho deciso, quindici anni fa, mi pareva semplicissimo da applicare. Oggi è una specie di campo minato. Penso che questo ci costringa a rifletterne insieme, di più, e in modo più efficace. Gente a cui voglio bene ha fatto scelte diverse, sono sicuro che sapranno far sentire le loro voci e faccio il tifo per loro».
Anche lo scorso anno era andata così: il fumettista rinunciò alla kermesse perché tra gli invitati c’era il filosofo Leonardo Caffo, coinvolto in una vicenda di maltrattamenti domestici per cui è stato condannato (in primo grado, in attesa di ulteriori passaggi: lui ha sempre definito ingiusta la condanna). Altri seguirono e ne scaturì una faida tutta interna alla sinistra. Quest’anno se non altro per i compagni della cultura la faccenda è più lineare, nel senso che non debbono salire sul piedistallo e prendere le distanze da qualcuno proveniente dal loro mondo: stavolta si tratta di fare gli antifascisti, e di protestare contro l’inclusione dell’editore Passaggio al bosco nella manifestazione libraria. La casa editrice è di destra estrema, dicono, dunque non può partecipare. Motivo per cui si sono tutti messi in fila a firmare l’appello rivolto all’Associazione italiana editori, chiedendo la rimozione del marchio sgradito.
Per fortuna, almeno finora, l’Aie ha tenuto botta, ma in contemporanea si è scatenato il consueto psicodramma progressista. Ciascuno degli antifascisti di professione sta cercando di farsi notare sparandola grossa e alzando il più possibile l’asticella. Insomma è partita la gara a chi è più puro. Paolo Berizzi, fascistologo di Repubblica, si è scatenato contro Passaggio al bosco e ha rilanciato segnalando un altro marchio da censurare, ovvero Idrovolante edizioni. A questo punto, tanto verrebbe cambiare il nome della manifestazione in Più libri, più censura. O Meno libri più liberi, come gli amici sinistrorsi preferiscono. Berizzi tuttavia è superato a sinistra dai portavoce di Red Star Press, casa editrice dichiaratamente comunista, come si evince dal nome. I ragazzi della stella rossa non diserteranno la fiera come Zerocalcare, rimarranno al loro posto e rilanciano: i fascisti a loro fanno schifo, dicono, ma non è che i democratici siano poi tanto meglio. «Fa davvero specie che l’ex deputato dem Emanuele Fiano, presidente di Sinistra per Israele, si stupisca di presenze come quella di Passaggio al bosco a Più libri più liberi», scrivono sui social. «Assumendo come reale lo stupore di Fiano, sarà bene far notare al politico del Pd come, nel corso del genocidio in Palestina, le posizioni più estremisticamente a favore di Israele - i sionisti non abbiano fatto altro che trovare nella destra e nell’estrema destra i propri alleati più fedeli. II risultato, oltre all’impunito massacro di decine di migliaia di palestinesi, è stato anche un ulteriore spostamento a destra dell’asse politico dell’intero Occidente, dove i governi si sono ostinatamente rivelati sordi alle oceaniche manifestazioni che hanno continuato a rivendicare giustizia e libertà per la Palestina, preoccupandosi solo dei modi per silenziare le voci dissonanti, aggredendo le persone comuni, il nemico interno».
Capito? I fasci sono brutti, ma anche i sionisti della sinistra riformista fanno un po’ ribrezzo. Queste prese di posizione non stupiscono: quando parte la corsa all’epurazione c’è sempre qualcuno che si sente più puro degli altri e pensa di poter determinare chi debba parlare e chi no. Anche ai sinceri democratici tocca stare attenti, perché in assenza di destra sono loro i primi a passare per fascisti. Fiano ne sa qualcosa, visto come hanno cercato di zittirlo nelle aule universitarie, e in teoria chi subisce censura dovrebbe essere il primo a reclamare la libertà di parola per tutti. Ormai però sappiamo da tempo immemore che per i progressisti tale libertà vale a corrente alternata. I giornali liberal che strepitano contro Passaggio al bosco sono, per dire, gli stessi che prendono le difese dell’imam piemontese Mohamed Shahin, beccato a dichiarare in piazza che il 7 ottobre non c’è stata violenza né qualche tipo di violazione. Del predicatore invasato si vogliono tutelare pensiero e espressione, e a sinistra si giustificano pure (anche se con qualche distinguo) le intemerate di Francesca Albanese. C’è persino chi, come Annalisa Cuzzocrea di Repubblica, straparla in merito all’aggressione dei centri sociali alla Stampa e sostiene che gli antagonisti abbiano attaccato il giornale sbagliato. In buona sostanza nel variegato universo progressista ciascuno, in base alle sue convinzioni, si riserva il diritto di mettere il bavaglio a questo o a quell’altro. La possibilità di confrontarsi con l’altro e ascoltarne le ragioni, magari solo per confutarle, non è minimamente presa in considerazione. Si chiede la censura, si fa di tutto per oscurare, e se non ci si riesce, ci si leva di torno per non mescolarsi con gli sgradevoli inferiori: sia mai che si rischi di farsi sfiorare da qualche idea che possa riempire il vuoto mentale pneumatico.


